La storia siete voi: Attila Sallustro. Il Divo, la Leggenda

La prima star del calcio italiano poteva essere solo un sudamericano trapiantato a Napoli. Era Attila Sallustro
14.11.2012 21:00 di  Leonardo Ciccarelli   vedi letture
 La storia siete voi:  Attila Sallustro. Il Divo, la Leggenda
TuttoNapoli.net
© foto di FM/TuttoNapoli.net

Napoli è stata spesso soggetta a forti rivoluzioni e a forti personaggi che in qualche modo sono entrati nella storia della città come Masaniello, Pimentel Fonseca o Matilde Serao. Degli apripista per le generazioni successive. Tale fu anche nel mondo del calcio, prima con Ascarelli che impose la sua mentalità alla comunità calcistica italiana fortemente incentrata sulle squadre del Nord e poi con Attila Sallustro.
Sallustro era un calciatore leggendario e tante storie sono legate al suo nome, era un attaccante straordinario che univa una velocità fulminea ad una capacità realizzativa fuori dal comune. Era la risposta napoletana al balilla Meazza che incantava il mondo con la sua classe sopraffina.
Veltro, così come venne soprannominato dalla stampa nazionale, nasce ad Asuncion, in Paraguay, il 15 dicembre del 1908 e comincia a giocare prestissimo a calcio per cercare di superare dei problemi fisici che lo affliggevano dalla nascita. Il talento si mostra subito e fino a che i genitori non decideranno di emigrare in Italia, metterà sotto scacco tutti i pari età sudamericani.
Giunti in Italia quando il piccolo Attila ha 12 anni il padre Gaetano sperava che il figlio seguisse le orme dei fratelli e studiasse ma la passione per il calcio è troppo forte ed entra facilmente nelle selezioni giovanili e nella prima squadra dell'Internaples. Alla sua prima stagione segna 10 gol in 13 partite, aveva solo 17 anni.
L'anno dopo Giorgio Ascarelli decise di portarlo a Napoli per costruirgli intorno una squadra che si affacciava per la prima volta alla Serie A ma com'è risaputo quell'anno fu disastroso con un solo punto in 18 partite, la stagione negativa coinvolse anche Sallustro ma questo non impedì ai napoletani di elevarlo a mito assoluto.
Gli anni successivi furono migliori grazie agli investimenti del presidente che portò a Napoli anche Vojak e Mihalich per formare uno dei tridenti più forti dell'ante-guerra, un tridente che segnò 43 gol in 31 partite. Arrivò anche la prima convocazione in nazionale ma Vittorio Pozzo era troppo innamorato di Meazza e così nel suo curriculum Sallustro ha appena 2 presenze, condite da un gol, in nazionale maggiore. I napoletani non prendevano bene questo rapporto che la nazionale aveva con Attila e così quando la nazionale era d'istanza a Roma una delegazione di tifosi si organizzava per andare a fischiare Giuseppe Meazza durante ogni sua azione. (Dei testimoni narrano di una reazione della madre di Meazza che, stancata dagli epiteti che questi le rivolgevano e riservavano al figlio, avesse reagito a suon di ombrellate ma purtroppo quella non era l'epoca dell'informazione e non abbiamo riscontri certi dell'accaduto.

Tutto questo per ricordare sempre che siamo unici, che quando un calciatore veste la maglia azzurra ha un peso e un dovere verso una città intera,  questo per ricordare che Sallustro fu il primo vero divo del calcio italiano.
Prima di Sivori e Maradona ci fu lui a sconvolgere la città dentro e fuori dal campo. Innumerevoli sono gli episodi che lo videro protagonista a partire dai regali: abiti, cravatte, persino una Balilla 521, questo è dovuto al fatto che Sallustro non percepisse stipendio. Il padre riteneva indecoroso ricevere del denaro per giocare a calcio e così in 7 dei suoi 11 anni azzurri il paraguaiano vestì la maglia azzurra per quasi 200 partite senza avere un solo centesimo.
Con quella Balilla era molto spericolato e un giorno investì un uomo che alzandosi scosso per la botta appena presa rinsavì immediatamente quando si accorse chi fosse il pirata della strada e quello che successe ebbe del clamoroso: "Scusate, è colpa mia. Voi potete fare tutto quello che volete". Queste le parole del tifoso investito da Sallustro.
La venerazione era tale che quando l'attaccante, amante dell'arte, arrivasse in ritardo ad uno spettacolo, il suddetto si fermasse al suo ingresso per permettergli di mettersi comodo e fu proprio lì che conobbe la sua bellissima moglie, Lucy D'Albert, perché durante uno spettacolo interattivo sua madre, che lo dirigeva, chiese al pubblico con quale delle ragazze avrebbe fatto di tutto per fare un figlio, Sallustro non se lo fece ripetere due volte e scelse Lucy, che per molti fu una delle principali cause del suo declino fisico e psichico perché la talentuosa ragazza si trasferì poco dopo il matrimonio in pianta stabile a Roma e così il marito chiese il trasferimento a Lauro ma l'irremovibile Comandante rifiutò la sua richiesta e la successiva offerta di 250mila lire da parte della Roma.
Andrà comunque via a fine carriera, per un anno, alla Salernitana in B prima di ritirarsi e trasferirsi finalmente a Roma. Non fu un trasferimento definitivo perché nel 1960 fece ritorno nella città che lo ha reso grande per diventare il direttore dello Stadio San Paolo fino alla sua morte, avvenuta nel 1983. Maradona arrivò qualche anno dopo e sapeva benissimo ciò che era stato il paraguaiano per Napoli e per il calcio e propose di sostituire il nome dello stadio con il nome del suo vecchio direttore ma la curia di Pozzuoli bloccò il tutto ritenendo indecoroso e irriverente sostituire un santo con un calciatore. I napoletani hanno provato a dedicargli una strada ma il figlio ha interrotto il tutto così Napoli non ha la possibilità di dimostrare la passione smodata per il Divo Sallustro sul piano legale ma chi ama non dimentica e sicuramente un uomo che ha dato tutto per la maglia, addirittura senza avere una lira in cambio, sicuramente non finirà nel cascione. Grazie Attila.