La storia siete voi: il Baronetto Gianni Improta

Classe e cervello al servizio di un calcio che non lo ha apprezzato quanto avrebbe dovuto
25.12.2012 21:00 di Leonardo Ciccarelli   vedi letture
La storia siete voi:  il Baronetto Gianni Improta

"In campo come nella vita" tuonava Nereo Rocco negli anni '60, forse vedendo giocare Gianni Improta. Classe sopraffina, dentro e fuori dal campo. Mai una parola fuori posto, mai un atteggiamento sballato, solo e sempre elegante.
Gianni Improta nasce a Posillipo nel 1948 e a questo splendido quartiere resterà sempre attaccato. Comincia qui la sua scalata al successo, da bambino, nella squadra del quartiere proprio come tantissimi prima e dopo di lui ma Gianni non è un bambino normale, Gianni col pallone fa quello che gli pare. Il Napoli se ne accorge e decide di metterlo sotto contratto, lo manda prima un anno alla Spal in Serie B a farsi le ossa e poi lo porta sotto l'ala protettrice di Beppone Chiappella, il mister del '69 che lo preferisce a calciatori del calibro di Sormani e Altafini sia per prestazioni che per affidabilità, difatti lo rende fin da subito rigorista della squadra. Qui cominciano i problemi però.
Innanzitutto come ogni calciatore dalla classe sopraffina, con poca attitudine al sacrificio e alla corsa, l'andamento in carriera è troppo altalenante, seconda cosa, dare posizioni tanto importanti nelle mani di un altro "canterano" quando si ha Capitan Juliano in squadra non è sempre facile.

Cominciano i dissapori con Totonno, dissapori squisitamente calcistici visto che lo stesso Juliano sarà testimone di nozze di Improta, ma che porteranno il Baronetto ad essere ceduto alla Sampdoria.
Prima di arrivare a tale passo il Napoli raggiunse vette altissime con posizioni di classifica che mai aveva visto prima grazie ad una squadra fortissima e ad una organizzazione di gioco invidiabile. Se solo l'Inter non avesse derubato, perché altra parola non potrebbe esprimere ciò che successe, lo scudetto al Napoli nello scontro diretto forse ora avremmo ben altro palmares.
In quella partita Improta era presente ed è l'unica che riesca a far vacillare il suo aplomb quando racconta del rigore dato a Mazzola per un fallo inesistente che aveva addirittura lasciato il Sandro Nazionale integro e sulle proprie gambe. "Non era nemmeno caduto" tuona il nostro centrocampista.
Fu la maledizione di quella generazione d'oro, quella che non riuscì a conquistare un mondiale a causa di un Pelè troppo forte, quella che non riuscì a conquistare lo scudetto a causa di problemi troppo grandi.
Improta andrà via come detto, prima alla Sampdoria, poi all'Avellino, al Catanzaro, (dove scriverà altre bellissime pagine di storia), al Lecce, chiuderà poi la carriera alla Frattese ma resterà per tutta Italia indimenticabile il suo primo trasferimento.
I problemi con Juliano erano ormai di dominio pubblico ma la sua rivalità di ruolo con Rivera, che non permetterà mai ad Improta di indossare la maglia azzurra, (scandaloso), ed il fatto che Vinicio lo avesse definito "il Corso del Napoli", fece affezionare ancor di più la città al Baronetto di Posillipo e così proprio nel quartiere che gli da i natali furono organizzate manifestazioni e scontri violenti per far indossare la maglia del Napoli ad Improta per un altro anno, per tutta la vita magari.
Oggi Gianni è un apprezzatissimo commentatore tv, interviene con parole sempre precise ed educate dimostrando di essere competente senza alzare necessariamente la voce, da Baronetto appunto. Chi ama non dimentica e quello striscione che apriva i cortei a Posillipo in quel lontano 1973 valgono ancora oggi: "Si può vendere il Vesuvio ma Improta no". Grazie di tutto Baronetto.