La storia siete voi: Totonno Juliano

Campione d'Europa, vice campione del mondo e quel sogno chiamato Diego
16.01.2013 21:00 di Leonardo Ciccarelli Twitter:    vedi letture
 La storia siete voi:  Totonno Juliano

21 Giugno 1970, stadio Azteca di Città del Messico, si sfidano Brasile ed Italia, finale dell'ultimo campionato del Mondo di calcio che porta il nome di Jules Rimet. Al minuto '74, sul 3-1 per la squadra di Zagallo e Pelè esce col numero 10 Mario Bertini, entra col numero 18 Antonio Juliano.
Noi abbiamo avuto un calciatore, un capitano, un uomo straordinario, che ha giocato una finale di Coppa del Mondo contro uno dei giocatori più forti che questo sport abbia mai avuto l'onore di concedersi, uno napoletano per giunta.
Juliano Antonio, detto Totonno, di San Giovanni a Teduccio, nasce nel 1942 e muove i primi calci nella Sangiovannese prima di passare al Napoli che a 20 anni lo promuove in prima squadra. Con la società partenopea giocherà 394 volte, molte delle quali con la fascia da capitano, e sarà l'emblema di una Napoli che non è solo casino e macerie. Juliano era un centrocampista dal piede delicato, in grado di mettere ordine e dettare i tempi di gioco come pochi a quel tempo. Era un leader nato ed è per questo che a 23 anni gli venne affidata la fascia di capitano di una squadra in netta ascesa che arrivò dietro il Milan di Rocco, dietro la Juve ma che visse la sua avventura più grande la visse nel 1976 quando in una squadra fortissima con Savoldi, Braglia, Burgnich, Bruscolotti, Montefusco, riuscì a vincere la Coppa Italia. Il primo trofeo dell'Era Ferlaino.
Totonno lascerà il Napoli a fine carriera, per un anno. Andò a Bologna dove con 2 gol in 15 presenze riuscì a salvare la squadra emiliana da grande protagonista.
La grandezza di Juliano la si evince nel rapporto che ha avuto con la nazionale, non grandissimo ma per un giocatore di una squadra storicamente bistrattata dai CT, sicuramente di rilievo.
Totonno gioca 3 mondiali e vince l'europeo del 1968 giocando la prima finale con la Jugoslavia da titolare. Poco dopo la finale il presidente Saragat gli concede l'onore di diventare Cavaliere della Repubblica italiana.
Ciò che non riesce al nostro Juliano da calciatore, gli riesce da dirigente. Pochi come lui furono così attenti, così precisi e così dediti alla professione. Non si distinse per grandi colpi da talent scout, non portò tantissimi ragazzini di alto livello, no.

La sua specialità era nel vedere il talento dove gli altri vedevano solo macerie. Due dei colpi più belli nella storia di questa società portano la sua firma: Ruud Krol e Diego Armando Maradona.
Il primo lo prese dal Vancouver, facendo viaggi distruttivi che coprivano l'asse Napoli-Londra-Vancouver più volte in una settimana. Raccontò di quando andò a casa del campione olandese: "Aveva sul tavolo una copertina del Times con una pistola in un piatto di spaghetti, lì capii che sarebbe stato difficile". Le difficoltà non erano una buona motivazione per fermarlo e così riuscì nel suo intento.
Il capolavoro porta però il nome di D10. Juliano si trasferisce a Barcellona, si trasferisce nel vero senso della parola, per un mesetto, per convincere il presidente a cedergli il riccioluto argentino. Quando la trattativa sembra ormai fallita gli dice che non gli importa, che sta per concludere con l'Atletico Madrid per prelevare Hugo Sanchez. Non è vero ma il Barcellona non può permettersi di vedere il bluff e cede il più forte giocatore di tutti i tempi ad un prezzo nettamente inferiore alla valutazione reale, 13 miliardi e mezzo.
Il Barcellona era comunque titubante e avrebbe preferito darlo a qualsiasi altra società perché il Napoli non solo offriva poco ma non aveva neanche la liquidità per pagare il club catalano. Questa era una paura fondata perché Ferlaino regolarizzò il pagamento solo in un secondo momento ma a quel punto Diego aveva deciso, voleva "Diventare l'idolo dei ragazzi poveri di Napoli perché loro sono come io ero a Buenos Aires".
Oggi Juliano è un apprezzato commentatore tv, che con la sua classe e il suo bon ton che tanto servirebbe ai calciatori di oggi distilla perle di saggezza e calcio. Abbiamo avuto un capitano Campione d'Europa. All'Italia manca da più di 40 anni. Chi ama non dimentica e noi non dimenticheremo mai Totonno.