Aurelheimer (un film non da Oscar)

Aurelio De Laurentiis in questi mesi s’è trasformato in Aurelheimer
14.03.2024 18:30 di  Arturo Minervini  Twitter:    vedi letture
Aurelheimer (un film non da Oscar)
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Quando J. Robert Oppenheimer, nel film di Nolan pigliatutto alla notte degli Oscar, si interroga sulle conseguenze delle sue azioni, viene sopraffatto da una strana sensazione di insoddisfazione, mista a paura. Qui non parliamo di bombe atomiche, per carità. Si parla però di pallone e di scelte che hanno portato, in pochi mesi, a disintegrare quello che era un progetto che aveva fatto parlare di sé in tutto il mondo.

Aurelio De Laurentiis in questi mesi s’è trasformato in Aurelheimer. Si è isolato, ancor più che in passato, ritrovandosi di fatto ad attraversare da solo un mare a lui sconosciuto, quello di uno scudetto che consegnava grandi onori, ma pure l’onere di dare continuità a quel traguardo così tanto atteso. Il presidente deteneva un potere enorme, un consenso in quel momento sconfinato, una conoscenza di tutte le dinamiche interne superiore a chiunque altro. Di quella conoscenza, di quel sapere, di quelle nozioni, avrete dovuto farne un utilizzo più consapevole, oculato, lungimirante, così come nel dovere di ogni scienziato che si approccia alla sua materia.

“Sei un grande improvvisatore ma questo non può restare nella tua testa” è una delle frasi del pluripremiato film, che sembra cucita addosso all’operato di De Laurentiis dallo scudetto in poi. Tanta improvvisazione, poca comunicazione con i suoi collaboratori, con un direttore sportivo che mai ha inciso nelle scelte dei calciatori e degli allenatori, ben tre, che si sono susseguiti in questa bizzarra e folle stagione. 

Fare squadra, pensare da squadra, condividere le conoscenze è il segreto delle grandi imprese. De Laurentiis aveva Cristiano Giuntoli e Luciano Spalletti, ma li ha spesso trattati con quella solita, insopportabile, aria di superiorità ed ha finito per restare solo. A gestire ‘una bomba’, come uno scudetto a Napoli dopo più di Trent’anni, a scarabocchiare con frasi inappropriate tutta l’estate azzurra, a restare immobile dinanzi a situazioni che meritavano invece di essere regolate, come i rinnovo di Kvara e la questione Osimhen tenuta aperta per sei mesi. 

Era un Napoli che sembrava non avere confini e rivali, non Italia. È diventato un Napoli che ha voluto imboccare una nuova era, ma ha preso la direzione errata. E chi, se non colui che ha preso tutte le decisioni, è responsabile di uno dei più grandi, e repentini, insuccessi sportivi degli ultimi vent’anni considerate tutte le aspettative nate lo scorso anno? Un uomo al comando, non sempre funziona. Aurelheimer ha toppato e la bomba gli è scoppiata tra le mani…