Da Zero a Dieci 2016 - Il traditore della patria, Hamsik senza giustificazioni, gli insulti folli ad ADL e la catena di Sarri

Da Zero a Dieci 2016 - Il traditore della patria, Hamsik senza giustificazioni, gli insulti folli ad ADL e la catena di Sarri
31.12.2016 17:15 di Arturo Minervini Twitter:    vedi letture
Da Zero a Dieci 2016 - Il traditore della patria, Hamsik senza giustificazioni, gli insulti folli ad ADL e la catena di Sarri
© foto di Daniele Buffa/Image Sport

(di Arturo Minervini) - Zero ai traditori della patria. Quella patria per cui cantavano, esultavano e verso cui urlavano improvviso amore sotto al cielo stellato. Quelli che Dante collocherebbe nell’Antenora, proprio come quel dannato che all’Alighieri che lo interrogava sul suo nome rispondeva di non essere interessato al fatto che il suo nome venisse ricordato. Già, sarebbe gloria vana per chi è diventato nient’altro che una macabra ombra: “Omai”, diss’io, non vo’ che più favelle, malvagio traditor; ch’a la tua onta io porterò di te vere novelle”.

Uno il rimpianto di un entusiasmante anno solare. Bisogna riavvolgere il nastro al 13 febbraio, ripensare ad un Napoli in vetta alla classifica che dopo 88’ di gioco allo Juventus Stadium sta portando a casa un meritatissimo pareggio. Dicono spesso che il diavolo soffi dalla parte dei cattivi ed il buon vecchio Lucifero ci ha messo più di un sospiro per trasformare il tiro di Zaza in un palo di frassino nel cuore azzurro. C’è però un’altra frase che rievoca quella gara: “Perchè il male trionfi è sufficiente che i buoni rinuncino all’azione”. Come sarebbe andata con un Napoli più arrembante, purtroppo, non lo sapremo mai…

Due i fronti sui quali si gioca una partita che non ha vincitori. I calendari finiscono nella differenziata, gli anni diventano numeri che cambiano ma il San Paolo resta in condizioni pietose, inumane. I tifosi accusano De Laurentiis per i prezzi alti considerato l’impianto, ADL accusa il Comune e definisce un “Cesso” il San Paolo, il Comune accusa sempre qualcuno che c’era prima come nella più classica tradizione del politichese. Un cane che si morde la coda a tre teste e con lo stomaco sempre vuoto, con i tifosi unici danneggiati dal paradosso. Alla fine di questo 2016 sono iniziati i primi lavori a Fuorigrotta, un’aspirina per un malato che ha il corpo devastato dalle piaghe. 

Tre presenze per Marko Rog e 44’ giocati in azzurro. Dato sostanzialmente irrilevanti ma l’acquisto del talento croato è un ulteriore testimonianza della crescita del progetto azzurro. Mezza Europa dopo gli Europei era sulle tracce del classe ’95, ma il Napoli ci era arrivato semplicemente prima ed è riuscito a chiudere l’affare. La storia recente, invece, potrebbe raccontare di tanti affari sfumati proprio quando sembravano già conclusi. Merito di una rete di osservatori che si annida in ogni campo d’Europa alla ricerca di potenziali azzurri. Non potendo arrivare al fatturato delle big europee, l’unico modo per provare ad infastidirle è scovare nell’oceano del pallone le perle del domani. Marko è ancora chiuso nella sua ostrica, ma è solo questione di tempo.

Quattro agli agenti che anche in quest’annata hanno spesso minato la serenità dell’ambiente e compromesso, per intervalli di tempo più o meno lunghi, le prestazioni di alcuni azzurri. Protagonisti forzati di una storia dove non avrebbero ruolo, necessità discutibile di un mondo che è sempre più business e meno passione. A molti piace così, altri continuano a pensarla in modo differente. Non sempre la ragione sta dalla parte del denaro…

Cinque a chi lo aveva accolto con scetticismo. “Si ma il campionato olandese…”. “Eh ma le difese italiane…”. Arek Milik, più sprezzante del Principe George di Cambridge in un outlet, ha impacchettato questi luoghi comuni rispedendoli ai mittenti a suon di rete. Grandissima intelligenza tattica, poderoso nel gioco aereo ed una tecnica che viene fin troppo sottovalutata (il pallonetto al Bologna dimostra l’esatto contrario) per il classe 94’ che ha solo mostrato un briciolo del suo sconfinato potenziale. Universo da esplorare nel 2017 in arrivo il buon Milik, preparate le olive nel Martini perché se questo era l’aperitivo non osiamo immaginare il resto.

Sei gare di Champions League disputate e gli ottavi di finale in tasca con alle porte l’affascinante sfida Real. Nei giudizi sulla seconda parte del 2016 spesso si omette di sottolineare le energie destinate all’impegno europeo ed al grande significato che questo passaggio del turno ha sul piano tecnico e commerciale. La scalata del Napoli al vertice è costante, graduale, come un impasto che lievita naturalmente modellato da uno scultore sapiente come Aurelio De Laurentiis (con tutti i suoi mille difetti!). C’è il sapore del pane appena sfornato nel progetto azzurro, capace di rinnovarsi e rilanciarsi per il futuro senza mai perdere di vista il presente. Date uno sguardo alla rosa, agli anni dei calciatori, ai contratti rinnovati e capirete la bontà del lavoro svolto. La tentazione di vedere sempre più verde il prato del vicino ha un nome semplice ed una patologia riconosciuta: daltonismo. 

Sette è il numero di Callejon, emblema della fatica che si fonde con il talento. Per lo spagnolo 47 presenze in azzurro nel 2016 ed un’ amara considerazione: non saremmo mai capaci di esaltarlo e lodarlo per quanto merita. Esperienza così unica quella di Josè, commistione di essenze che si scambiano costantemente le loro esperienze: il lavoratore e l’artista, il terzino e l’esterno d’attacco con la stessa casacca e senza una goccia di sudore. Una scultura destinata all’eterno dell’ingratitudine, quando ce ne dimentichiamo se non figura nel tabellino dei marcatori. Nell’"Elogio della Fuga” Laborit scrive: ”L'Uomo è un essere di desiderio. Il lavoro può solo soddisfare i suoi bisogni. Sono rari i privilegiati che riescono a soddisfare i bisogni dando retta al desiderio. Costoro non lavorano mai”. Forse è questo il segreto di Josè.

Otto alla cascata emotiva che Mertens ha riversato nei cuori dei tifosi nella seconda parte di stagione. Da gennaio a maggio appena 4, poi il Big Bang: 15 reti tra campionato e Champions dall’inizio della nuova stagione. Una galassia che si è espansa, andando ad occupare vuoti lasciati da altri. È un principio sacro nell’universo, è quell’equilibrio inspiegabile che rende possibile la vita e spesso ti lascia a bocca aperta. Questo il più grande dono del belga, la sua capacità di trarre l’emozione dalla fredda pietra (diciamo dal cuoio di un pallone), di andare oltre la semplice sostanza ricercando di abbinarla anche all’estetica.  "L'amore è il significato ultimo di tutto quello che ci circonda. Non è solo una sensazione, è la verità, è la gioia che è la fonte di tutta la creazione". Rendiamo grazia al creatore di emozioni, affreschista di immagini senza tempo. Andando a rivedere la rete segnata al Torino i vostri orologi saranno sempre fermi…

Nove senza nome. Le dita adesso litigano con il cuore, i tasti prendono il sopravvento e si confondo con i ricordi belli (ghiacciati) e brutti (ancora roventi). In un bilancio dell’anno solare non si può omettere quel sogno vissuto con quel ragazzo nato a Brest il 10 dicembre 1987. Ci ha fregati tutti, in quella notte di pioggia del 14 maggio. Gocce che si fondevano alle lacrime per un’impresa che mai nella storia era stata compiuta. Come mettere piede su un pianeta sconosciuto, inesplorato, ficcare nel terreno la bandierina che ricordi al mondo di essere stati i primi ad arrivarci. Contro il Frosinone la storia tra quel ragazzo con la maglia numero 9 e Napoli raggiunge il suo apice emotivo prima di finire come Jim Carrey e Kate Winslet: “E se tu rimanessi stavolta? Se ne sono andati via tutti, non c'è più nessun ricordo. Almeno torna indietro e inventati un addio, facciamo finta che ci sia stato”. Allora addio Gonzalo. Se mi lasci ti cancello.

Nove con un nome che arde come la parola Napoli tatuata sulla pelle. Orfana di quello senza nome, Partenope si è accasciata tra le braccia del figlio che c’è sempre stato e che, proprio per questo, hai finito per trascurare. Succede in tutte le famiglie e nelle storie d’amore: chi ama di più è destinato a soffrire. Hamsik ha sempre amato alla follia questa maglia e spesso si è beccato le critiche più feroci, è divenuto pasto facile dei qualunquisti pronti a riemergere ad ogni gara andata male. Potremmo stare qui a snocciolare i numeri incredibile di Marek, ma a che servirebbe? La grandezza non va giustificata, si impone quando è reiterata negli anni. Il 2016 di Marek è la mano di Giotto che disegna su un foglio un cerchio perfetto davanti agli occhi del Papa per dimostrare la sua grandezza. È la dimostrazione che la perfezione in senso assoluto non esiste, ma che una meravigliosa imperfezione può diventare la storia d’amore più bella da raccontare quando si fondono desiderio, territorio e volontà.

Dieci a M per Maestro. Come V, la vendetta consumata da Sarri è meravigliosamente democratica, fatta per il popolo che riscopre il gusto del bello. È un percorso itinerante attraverso la magnificenza di un’idea che diventa concreta, che si nutre con i suoi principi e si arricchisce attraverso l’esperienza. "Come fiamma più cresce più contesa dal vento, ogni virtù che 'l cielo esalta tanto più splende quant'è più offesa". Il dipinto dell’ingiuria michelangiolesca rappresenta a pieno la storia di Maurizio il provinciale, sboccato, mal vestito. Tutti, però, hanno alzato le mani dinanzi all’evidenza di un Napoli che esprime un gioco che sale sul podio europeo e che delizia anche chi lega il proprio cuore ad altri colori. Per questo motivo è patrimonio universale, da proteggere e custodire nell’archivio delle cose più pregiate. Una catena legata al cuore che ti rende inspiegabilmente più leggero, potere del bello che diventa azione su un terreno da gioco. Grazie.