Da Zero a Dieci: il gesto verso la curva di Higuain, l’insulto alla storia azzurra, la grande bugia della stampa e l’irruzione al bar di Mario

03.04.2017 10:20 di  Arturo Minervini  Twitter:    vedi letture
Da Zero a Dieci: il gesto verso la curva di Higuain, l’insulto alla storia azzurra, la grande bugia della stampa e l’irruzione al bar di Mario
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Zero palloni toccati in area di rigore. È un esploratore che resta chiuso in un stanza due metri per due, un rinnegare la propria natura ed il proprio passato che ha quel sapore di metafora nella notte che non è abbastanza buia per nascondere la colpa di un addio consumato con le stigmate del traditore. È un Pipita ingabbiato, che ancora una volta si specchia nella sua anima da Don Abbondio incapace di darsi quel coraggio che non ha. Schiacciato da ricordi e pressione, viene ricondotto ogni qual volta che tocca palla (per sua fortuna raramente) a fare i conti con la propria coscienza di fuggitivo senza lode, che manda un bacio verso la curva quasi di nascosto. Sporcare i ricordi con un inchiostro indelebile al tempo è stato il più grande disastro della carriera del Pipita. E sarà anche suo eterno rimpianto…

Uno a questa scelta cromatica che è andata ben oltre la scaramanzia. È uno stucchevole intestardirsi, ennesimo atto di sfida al passato che è tra i patrimoni inviolabili del cuore di Partenope. I nostri bambini per le strade baciano e baceranno maglie azzurre, sporcheranno maglie azzurra chinandosi a lottare con una marmitta che cerca di inghiottire lo strumento del loro piacere chiamato Super Santos. Cedere alla Juve, la sublimazione del non colore, le nostre tonalità è atto quasi imperdonabile, irriverente ed irrispettoso. Adesso basta: ridateci il colore che ridesta il nostro spirito come una carezza alle ferite del tempo.

Due categorie di uomini a confronto. Napoli-Juve è anche indagine sociologica tra Sarri ed Allegri, ricostruzione alla De Crescenzo della natura umana. Maurizio è come i napoletani, uomo d’amore di quelli che preferiscono restare abbracciati l’uno con l’altro. Allegri, come chiunque traghetti verso il bianconero diventa improvvisamente uomo di libertà, con le certezze e la fede incrollabile. Il tecnico bianconero a fine gara è evidentemente stizzito, ma ci ricorda che a maggio quando vincerà l’ennesimo scudetto nessuno si ricorderà di questa gara. Eppure si sbaglia: nessuno dimenticherà una neopromossa travestita da Juve difendersi al San Paolo per 86’. 

Tre punti. Il Napoli li avrebbe meritati sul campo, dove ha dimostrato di saper andare anche oltre i suoi limiti. La partenza con la zavorra del gol di Khedira sembrava essere peso troppo gravoso da trascinare, invece è diventato punto di partenza di una bella arrampicata. È mancato l’ultimo passo per la vetta, ma in ogni caso lo sguardo verso l’orizzonte ha mostrato un Napoli che è sempre uno spettacolo per gli occhi. L’1-1 è risultato più bugiardo di una sposa che irrompe a casa tua la domenica pomeriggio e sfogliando l’album del matrimonio afferma “È quasi finito…”.

Quattro punti dalla Roma, quattro di vantaggio sulla Lazio. Il bivio della stagione azzurro ha tinte capitoline ed un futuro ancora da scrivere. La prossima sfida sul campo dei biancocelesti avrà il sapore della scelta quasi definitiva. “La maturità non è l’età delle svolte? Non fare più quello in cui non si crede”. Ora devi svoltare Napoli.

Cinque a questa stampa che ha voluto apparecchiare una tavola per un pasto mai consumato. Schieramenti di forze che nemmeno in Vietnam, presunta paura per quello che doveva essere è che non è stato. Napoli ha trattato la Juve quasi con indifferenza, come quando ti arriva un messaggio su whatsapp e per non visualizzarlo stacchi la batteria e lanci il cellulare in fondo all’oceano verso la Fosse delle Marianne. Come dicono in Finlandia Kittesen…” (completate voi la frase).

Sei minuti e Rafael è già battuto. Sembrerebbe l’inizio di una serata da incubo, invece il replay della rete di Khedira resterà l’unico segno tangibili della presenza del brasiliano tra i pali del Napoli. C’eravamo tanto preoccupati per l’assenza di Reina, ma la verità è che tra i pali ci sarebbe potuto andare anche Starace, la sostanza non sarebbe cambiata. Nei restanti 84’ il portiere brasiliano è stato raggiunto dalle telecamere dell’Isola dei Famosi, con Bettarini che provavate a fargli fare le prove stupide e la Marcuzzi che gli chiedeva “Chi vuoi nominare”. Più solo di un collezionista di francobolli ad un raduno di piccioni viaggiatori.

Sette alle sgroppate di Hysaj sulla fascia destra. Per una notte, l’albanese più armonioso d’Italia non è il Kledi di Maria De Filippi ma il laterale azzurro che si esibisce in finte e dribbling come mai visto prima. Mario Mandzukic parla così agli amici dopo una finta di Elseid: “Caffè e cornetto al bar in Piazzale Tecchio erano davvero buoni”. Bar Mario, anzi Mario al bar.

Otto assist in campionato per Mertens. La visione celestiale disegnata da Dries sul terreno del San Paolo è un tappeto già srotolato verso la gloria, un meraviglioso incipit ad un grande poema. C’è la scaltrezza dello scugnizzo e l’abilità del grande artigiano, scultura istantanea dai tratti meravigliosi. Quando tutto sembra senza sbocchi, come l’uscita Arenella in orario di punta, il belga diventa navigatore pronto a trovare la strada più breve per fuggire dall’inferno. Nano in mezzo ai giganti, meravigliosa eccezione in un ruolo che vorrebbe gente forte e possente. “La legge è sempre stata creata solo perché si potessero fare delle eccezioni; l’eccezione è la cosa principale”. 

Nove ad un trama che non poteva essere più educativa. Hamsik con la porta davanti, manda a lato. Ancora, qualche minuto dopo, c’è Buffon nel mirino ed il pallone calciato malissimo. I primi mugugni dei soliti noti, poi la redenzione che è esplosione nel petto. Pochi istanti per pensare, una palla che rotola con i giri giusti ed una scelta da compiere: controllare o scagliare verso la porta la propria rabbia? Il finale della storia in quella mano che batte forte contro il cuore, come fosse un pendolo di un orologio che segna sempre il fuso orario di Napoli, come il batacchio di una campana che scuote l’animo e ti ridesta dal torpore e cancella i cattivi pensieri. Amare è una lezione così grande, Hamsik è un professore così credibile sull’argomento. Due cuori che si fondono ad alta temperatura, diventando una sola e solida realtà. “O Capitano! Mio Capitano! Il nostro viaggio tremendo è terminato, la nave ha superato ogni ostacolo, l'ambìto premio è conquistato, vicino è il porto, odo le campane, tutto il popolo esulta, occhi seguono l'invitto scafo, la nave arcigna e intrepida”. Traghettatore del cuore, infinite volte. 

Dieci ad un Napoli con l’animo del pugile inferocito. La Juve piazza un pugno al suono della campanella del primo round, poi si rintana nelle corde come un peso piuma. Il Napoli danza leggero, non è un peso massimo per struttura fisica, eppure è spesso imprendibile ed imprevebile. Accusa il primo colpo, ma non barcolla mai. Inizia a volare come una farfalla su un fiore che diventa preda per il pasto, annusa il nettare bianconero senza mai dare sosta al suo piano di irruzione. Il colpo del ko non arriva, perché si infrange su un gelido legno che prende la difesa di una vecchia signora col fiato corto. “Una cosa bella è bella anche con le luci spente e se non c’è nessuno a guardarla, e questo è tutto quello che ho capito della bellezza”. Così questo Napoli, meraviglioso anche quando non vince.