Da Zero a Dieci: il numero 9 a Cavani, la punizione per i traditori, il vero acquisto da fare e Dries che umilia Abate

28.08.2016 11:37 di Arturo Minervini Twitter:    vedi letture
Da Zero a Dieci: il numero 9 a Cavani, la punizione per i traditori, il vero acquisto da fare e Dries che umilia Abate
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© foto di Daniele Buffa/Image Sport

Zero alla supponenza di chi davvero credeva il Napoli si fosse dissolto come un ghiacciolo abbandonato nel centro di Vibo Valentia a Ferragosto. Zero a quelli che hanno sottovalutato la struttura di una squadra che passa davanti al ricordo di colui che fece il grande tradimento senza ragionare di lui, ormai immerso ad eterno nel ghiaccio come vorrebbe Dante. Zero a chi non si rende conto che c’è qualcosa che persiste alle pugnalate alle spalle: il sudore di una squadra che ha accresciuto sul campo le sue certezze lo scorso anno. Certezze che non possono essere minate da chi aspira ad un ruolo nel prossimo episodio della serie di Stallone “The expendable” (I Mercenari).

Uno il caffè sospeso che Ignazio Abate potrà raccogliere in ogni bar di Napoli da qui a fine carriera. Con tutta la pressione del mondo sulle spalle, il Napoli ringrazia il laterale per la rete che divora dopo 8’ che avrebbe complicato la gara ed appesantito l’animo azzurro. Oltre agli schemi, la tattica, la preparazione, ricordiamoci che ogni volta in cui si fa rotolare un pallone sull’erba c’è da considerare il fattore C. Per delucidazioni sull’elemento chiedere alla massima esperta in materia: Belen.

Due velocità, come nemmeno in una mountain bike venduta da Mastrota dopo Beautiful su canale 5. Questo il Napoli che passa da Valdifiori a Jorginho: via il freno a mano che manda fuori giri il motore e spazio all’essenzialità dell’italo-brasiliano. Non è il protagonista del piatto (anche se il lancio al 46’ per Mertens varrebbe da solo il prezzo del biglietto) ma si lega perfettamente con tutti gli altri ingredienti. È quello che che permette alla creazione dello chef Sarri di proporre un piatto dal sapore sempre deciso. Jorginho si abbina alla perfezione, come la Peroni ghiacciata al Tarallo sul lungomare. Alchimie ataviche, quasi inspiegabili, ma sempre magiche.

Tre miracoli di Gigio Donnarumma - che fenomeno questo ragazzo del 99’ - gli negano il gol, ma è l’unica cosa che manca nella prestazione di Dries, che mette lo zampino come un diavolo contro il diavolo nella prima e nella terza marcatura. L’autostima non è mai stato un problema per il belga, che regala giocate che farebbero drizzare i capelli in testa anche a Pierluigi Collina. É un fiume in piena il belga, acqua gelida in cui scorrono genio ed istinto, follia e sfrontatezza. Quella che ti permette di “smutandare” Abate al limite dell’area di rigore come fosse un bambino al parco. Livello di umiliazione per il povero Ignazio: il tipo che grida ambo a Tombola dopo l’estrazione del primo numero.

Quattro gol in due gare. Siamo sicuri che è questo dato a togliere il sonno a Sarri in questa notte di fine agosto, più di una zanzara che ha deciso di fare un gran premio di formula uno usando come circuito l’ellittica che sta davanti alle tue orecchie. Un ronzio fastidioso, che va a minare alcune delle certezze costruite con fatica lo scorso anno. La risposta è nello stato di forma non eccellente di alcuni singoli, Ghoulam su tutti. Si parla tanto di attaccanti, ma nessuno si rende conto che un laterale serve come il pane? Se qualcuno dovesse vedere Damian in giro, magari lanci l’hashtag che vado a controllare di persona.

Cinque minuti di luce spenta. Sembrava di rivedere una gara già giocatasi lo scorso anno, sempre allo stesso turno, contro la Sampdoria. Migliorarsi, però, significa scegliere ad un bivio la strada che non avevi preso in passato, quella che può fare tutta la differenza del mondo. Come Frost nella sua poesia, il Napoli questa volta sceglie la strada meno battuta del sacrificio. Stringe i denti e va oltre le evidenti (e volute per la preparazione impostata da Sarri) difficoltà fisiche. C’è una forza che non si misura con i muscoli ed è quella legata alla forza di volontà, la base genetica di ogni squadra vincente.

Sei di incoraggiamento agli azzurri che non sono al top della condizione. Strano vedere Hysaj bruciato da Niang, meno raro vedere le sbavature di Ghoulam, dispiace per l’approccio alla gara di Insigne. La coralità deve essere il segreto di questo nuovo Napoli senza accentratori. Se ognuno iniziasse a portare un secchio d’acqua, anche svuotare un lago sembrerebbe impresa meno impossibile da realizzare. 

Sette a Mosè Zielinski. Il ragazzo venuto dalla Polonia entra in campo e decide in un lampo di spaccare in due la partita, dividendola a metà come fosse davanti alle acque del Mar Rosso. Più efficace di una spada di Hattori Hanzo in un panetto di burro, fa capire in pochi minuti cosa si intende per predestinato. Senza trattore in tangenziale, ma con un fuoristrada 4x4 che gli consentirebbe di attraversare a piena velocità anche le dune del deserto. Non si offenda Allan, anzi lo viva come uno stimolo a a far meglio, ma Piotr ben presto metterà seriamente in discussione il suo ruolo di titolare. 

Otto alla doppietta di Callejon. Lo scorso anno appena 7 le reti in campionato per Josè che troppe volte aveva peccato di lucidità davanti alla porta. Che queste due marcature, facili nell’esecuzione ma conseguenza del moto perpetuo, siano un ritorno al passato, ai primi anni chiusi in doppia cifra alla casella reti. Sia chiaro: noi lo vorremmo in campo anche a zero reti, per l’incredibile lavoro che svolge nelle due fasi e per la sua capacità di dare ampiezza e respiro alla manovra. Ali di farfalla che battono alla velocità di quelle di un colibrì. Mistero della natura.

Nove è un punto in sospeso ed una maglia ancora non assegnata. Napoli in questi giorni sta sognando il grande ritorno, lasciandosi quasi cullare da una follia più che da una notizia. Fa parte del masochismo di chi ha dovuto spesso affidare alle visioni oniriche i momenti di gradimento, sconfortato da una storia che ci ha tolto troppo, dopo tutto quello che gli abbiamo dato. Cavani resta una chimera da rincorrere, di notte fuori ad un Hotel o nei ricordi di chi vorrebbe vederlo aggredire l’area di rigore come un velociraptor lanciato nella prateria. Solo immaginarlo nello scacchiere di un Napoli molto più forte di quello in cui aveva giocato fa tremare le mani anche a chi scrive. Che spettacolo sarebbe vederlo indossare la maglia numero 9...

Dieci all’uomo invisibile. Ci ha messo quasi un mese per vincere i pregiudizi che sono difficili da spezzare più degli atomi. Ha atteso in silenzio la prima da titolare, davanti al suo nuovo pubblico, per mettere in chiaro le cose. Già bollato come polacco che non segna in Italia/può giocare solo in Olanda/pezzotto di Lewandowski/sei alto allora non sei bravo con i piedi e tutte le altre sciocchezze sputate come veleno contro di lui. Per Milik alla fine arriva una notte da favola, con il gol di rapinatore d’area e lo stacco imperioso da posterizzare e mettere nella cameretta. Sembrava arrampicarsi sulle pareti dell’Himalaya mentre sprigionava al suolo tutta la sua voglia di cucire quelle bocche, di rivendicare un posto nel cuore dei tifosi ancora feriti. Sulla schiena ha due volte il 9 e non pare essere un caso: è un 9 di quelli fisici, ma è un 9 anche di grande tecnica (uno stop al volo nel primo tempo ci ha lasciati a bocca aperti). Eccolo Arcadio, il bomber dalle due anime che si infila sotto la pelle dei napoletani. Dal cielo cadevano frecce dall’alto che si infilavano nel petto dei tifosi presenti. Non era Robin Hood. Era Cupido. Questo è già amore.