Da Zero a Dieci: il nuovo acquisto in arrivo, il crollo mentale di Sarri, i fischi dei traditori ed il messaggio alla società di El Kaddouri

16.10.2016 11:22 di  Arturo Minervini  Twitter:    vedi letture
Da Zero a Dieci: il nuovo acquisto in arrivo, il crollo mentale di Sarri, i fischi dei traditori ed il messaggio alla società di El Kaddouri
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(di Arturo Minervini) - Zero ai fischi a Gabbiadini. Perché non servono, perché sono inutili, perché sono il concentrato di isteria che avvelena questa piazza. Si dice sempre che uno spettatore a fine spettacolo abbia il diritto di fischiare se non ha gradito la rappresentazione. Vero. Ma può valere per il teatro. Il giorno dopo l’attore sarà uno sconosciuto, avrà altro pubblico da convincere. Nel calcio no. Manolo resta qui, lo ritroveremo nella prossima gara, fa parte della stessaa cosa in cui credono quelli che lo fischiano. E adesso è l’unico che può dare un minimo di sostanza a quell’attacco. Bisognerebbe prenderlo per mano, guidarlo nella foresta della sue paure e portarlo verso la luce. Come Orfeo che scende negli inferi per riprendersi la sua Euridice e poi non tiene fede al patto con Ade. Non giratevi a guardare Manolo, non soffermatevi sulle sue imperfezioni. Al momento c’è lui e va aiutato. Per il bene del Napoli.

Uno l’episodio che ha messo la gara in salita la gara, come fosse il Pordoi per Cipollini. L’errore di Koulibaly è così lampante/arrogante/insensato che non merita neanche analisi approfondita. Da quell’errore si può intuire però lo stato d’animo di una squadra che non è serena, non è la solita. Il primo tempo è stato buono, ma è stato un Napoli diverso. Istintivo ed arrabbiato. Sensazioni così forti che spesso si rivelano poco affidabili ed alla lunga tu pugnalavano alle spalle. Il metodo è stato il punto di forza di questa squadra. Allontanarsene è come tradire la propria natura.

Due sconfitte consecutive sono un colpo all’autostima, come una donna che ti dice “tu si che sei un vero amico”. É lì che Sarri dovrà lavorare maggiormente, nella testa. E siamo convinti che un lavoro il tecnico debba farlo anche su se stesso, sulle sue convinzioni, sulle sue dichiarazioni. Vincere è un lavoro complesso, bisogna traghettare la mente da un posto all’altro, senza perdersi nell’orizzonte alla ricerca della terraferma ma considerando ogni metro d’acqua percorso come un passo verso il traguardo. Rivogliamo quel Sarri. Che non si lascia distrarre ed abbattere. Che crede ai miracoli. E che prova anche a realizzarne. 

Tre reti subite. Sono dodici, compresa la Champions, in dieci gare. Verrebbe facile pensare: “Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo?”. Si parla tanto dell’attacco, ma è la fase difensiva che sta tradendo gli azzurri in questa fase. L’assenza di Albiol, tanto bistrattato, spiega più che mai quanto le abitudini siano importanti in una squadra di calcio. Con Maksimovic sono state incassate sei reti in tre gare. Con lo spagnolo sei reti in sette gare. Nessuno vuole bocciare Maksimovic (la cifra pagata pare più esagerata del décolleté Emily Ratajkowski), ma c’è una lezione che rinnova la sua valenza: l’importanza delle cose cose si palesa con la loro assenza. Torna presto Raul.

Quattro alla gestione dei cambi. Tutti scriteriati, fuori tempo e contesto. Richiamare Gabbiadini dopo 55’ “è la più grossa stronzata mai sentita da quanno l'omo inventò er cavallo!” Direbbe il sempre profetico Pomata di Febbre da Cavallo. Tutelare le proprie risorse dovrebbe essere priorità per un leader. In questo momento Gabbiadini è il bene più prezioso, considerando quanto successo a Milik. Trattarlo così è come scrivere su un manoscritto raro. È una semplice esaltazione del proprio ego che resta fine a se stessa. E questo Napoli è bene comune, non è di nessuno. Nemmeno di Maurizio Sarri.

Cinque al pomeriggio di Jorginho. In gabbia, come una banconota da cinquanta euro nel portafoglio di un genovese. Catene mai allentate, respiro affannato. Lapalissiane le sue difficoltà che fa quasi tenerezza per il senso di abbandono che trasmette e per la perseveranza con la quale Sarri lo tiene in campo. Una pausa di riflessione serve a tutti ogni tanto. Non c'è niente di male, non è un segnale di resa, ma di grande consapevolezza. 

Sei all’onesta di Spalletti alla vigilia e nella conferenza post gara. Esalta il Napoli prima dell’incontro, sottolinea come serva anche fortuna e voglia di sacrificio per battere. Non si lascia andare a nessuna dichiarazione da megalomane, perché analizza la gara e non si lascia influenzare dal risultato. In un calcio drogato dagli eccessi, servirebbero più Spalletti. 

Sette i punti di distacco dalla Juve. E l’ossessione di questa stagione, ripensando alla scorsa. La Juve cosa fa, Gonzalo segna o non segna, la sfida di Torino. Un pensiero che alla fine finisce per logorarti, consumarti a poco a poco, lentamente come chi è schiavo dell’abitudine in una meravigliosa poesia di Martha Medeiros. La Juve non esiste. Di questo dovrebbe convincersi la squadra. Una beffa del diavolo perpetrata al contrario. “Dopodiché, penso che non ne sentirete mai più parlare”.

Otto partite giocate in campionato ed un grande insegnamento già da portarsi nel forziere chiamato esperienza: la Champions League è un’altra cosa. Sembra banale, ma non lo è. Lo scorso anno per il Napoli l’impegno europeo era una sorta di passatempo, almeno la fase a gironi. Quest’anno il pensiero delle grandi sfide europee aleggia sempre nella testa, influenza in qualche modo le scelte e toglie granelli, o forse qualcosa di più, di energia e concentrazione. Ecco perché servirebbe sfruttare la ROSA che per Sarri, invece, continua ad essere solo il modo più semplice per imparare la prima declinazione in latino.

Nove alla grinta di Mertens che stabilisce un record: si fa ammonire mentre effettua il riscaldamento. Che meraviglia. Una poesia per le orecchie di chi da anni chiede a questo Napoli più determinazione. Cattiveria agonistica che mantiene anche una volta entrato in campo, lanciandosi su ogni pallone, tuffandosi di testa su un pallone a mezza altezza, caricando come un toro l’area di rigore anche avendo la statura di un agnellino. Conta crederci. I limiti si spostano ogni volta. Dries ci prova in ogni gara. A differenza di qualcuno con la maglia numero 24 che proprio fatichiamo a riconoscere. Sarà forse per il colore dei capelli.

Dieci all’annuncio del nuovo acquisto fatto da Sarri. Non può essere altrimenti. La richiesta è stata esplicita: “Il mercato lo fa il direttore sportivo che individua profili validi, poi la società sceglie se fare l’investimento. Non ho notizie, quindi non hanno trovato profili validi”. Scorporandola, la frase significa: a me servirebbe, altrimenti non aspetterei notizie su profili validi. Pensate davvero sia casuale l’inserimento di El Kaddouri? Sembrava invece un messaggio chiuso in una bottiglia e lanciato nell’oceano degli svincolati: “In panchina non ho attaccanti di ruolo. Inserisco Omar per farvelo capire”. Firmato Maurizio Sarri. Capitolo chiuso. Anzi, capitolo Klose.