Da Zero a Dieci: la cessione di Tonelli, il primo gol di Pavoletti, le allucinazioni di Ferrero e l'appello disperato di Manolo

08.01.2017 11:12 di  Arturo Minervini  Twitter:    vedi letture
Da Zero a Dieci: la cessione di Tonelli, il primo gol di Pavoletti, le allucinazioni di Ferrero e l'appello disperato di Manolo

(di Arturo Minervini) - Zero alle allucinazioni di Massimo Ferrero, che inizia il suo fantastico trip sin prima della gara, facendo i giri di campo come fosse Babe Ruth dopo un Home-Run. Nel dopo gara il presidente doriano (pensare che questa carica apparteneva negli anni scorsi ad uomini dello spessore di Mantovani e Garrone fa lacrimare il cuore) si prende il suo quarto d’ora di celebrità in omaggio ad Andy Warhol. Parole lanciate a caso come dadi sul tappeto verde, frasi sconclusionate passando da “un pari sarebbe stato giusto” al delirante “li abbiamo asfaltati”. Come sempre, quando non abbiamo le parole, affidiamoci al vocabolario. “Grottesco”: Deforme e innaturale, paradossale e inspiegabile, tale da suscitare reazioni contrastanti (dal riso all’indignazione). Ci siamo capiti no?

Uno come il regalo di Regini a Mertens al minuto 47’. L’ex azzurro, tanto vituperato, espone nei fatti il concetto di riconoscenza, apparecchiando una tavola prelibata per il destro di Dries quasi sorpreso da cotanta bontà. Considerando l’apporto nullo avuto dal buon Vasco nel suo semestre partenopeo, quell’assist può essere considerato il punto più alto della sua avventura a Napoli. Scusate il ritardo.

Due reti concentrate come una polvere proteica negli ultimi 25’ giocati tra Fiorentina e Samp. Due reti pesantissime, rumorose, disperate note del canto di un cigno ormai ai suoi ultimi atti in scena. Manolo un pochino ce lo ricorda un Black Swan, un Cigno Nero che non è mai riuscito a trovare l’altra tonalità della sua anima in maglia azzurra. Ormai il suo addio, oltre le parole di circostanza di Sarri, appare scontato e resterà il rammarico per non essersi trovati, semplicemente per un contesto che non era ottimale per il numero 23. Andrà via Manolo, ma lo farà a testa alta onorando fino alla fine il suo impegno e, per assurdo, riuscendo a dare il meglio quando ormai non c’è più nulla da fare. Proprio come un Cigno Nero “L'unico vero ostacolo al tuo successo sei tu: liberati da te stesso. Perditi, Manolo”.

Tre punti presi dall’Inferno, quando ormai avevano già assunto la forma dell’ennesimo rimpianto. Invece il Napoli si è rimboccato le maniche, si è sporcato di fango ed ha forgiato tra i resti di un’opera che sembrava incompiuta un capolavoro. È quello che manca a questa squadra, il senso dell’imperfetto che porta comunque ad un risultato. La forza di scoprirsi vincente, anche quando guardandoti allo specchio per una notte non ti senti la più bella del reame. 

Quattro due tre uno. Non siamo impazziti, riproponiamo il modulo schierato da Sarri dopo il cambio di Jorginho. Ormai è una questione scottante, un argomento che andrebbe affrontato prima che sia troppo tardi. Spike Lee una volta disse: “Se diventassi cieco e non potessi stare dietro la macchina da presa, continuerei comunque a scrivere, a raccontare le mie storie”. Ecco, a Jorginho manca questa capacità di continuare a raccontare anche quando viene accecato. Non ne ha l’inventiva, la creatività e finisce, quando marcato ad uomo, per diventare un problema più che una soluzione.

Cinque minuti avremmo voluto vederlo, per curiosità, per dargli il benvenuto perché Napoli al calore, anche con il termometro sotto lo zero, non sa proprio rinunciare. In qualche modo Leonardo Pavoletti ha comunque già segnato il suo primo gol in azzurro, bastava guardarlo negli occhi durante il giro di campo con i compagni ed il fiato rotto dall’emozione intervallato da giganteschi sorrisi. Ha scattato selfie con i fotografi a bordo campo, ha alzato gli occhi verso la curva fantasticando sul gol che farà saltare in area quella pentola a pressione di passione. Chi ha la necessità di vedere il mare, ha la capacità di trovarsi con maggiore facilità. Benvenuto Leo. 

Sei alla lucidità di Strinic quando ormai l’ossigeno da trasportare nel sangue inizia a scarseggiare come i parcheggi in centro. Raccogliendo l’ultimo barlume di ragione, il caschetto biondo che ogni volta ci trascina negli anni ’80 come fosse Nino D’Angelo, ripercorre una gara con tante esitazioni e fa la scelta giusta. Nel marasma finale con la coda dell’occhio vede il Tonelli che esce come cervo dalla Foresta e lo serve con un cioccolatino ci ricorda come “Biochimicamente, l’amore è come mangiare grandi quantità di cioccolato”. Che goduria al palato.

Sette alla gara della Samp ed alla cura con cui Giampaolo ha preparato la sfida del San Paolo. Un bene per il nostro calcio, un’abitudine che andrebbe esportata anche in stadi differenti dove invece si sceglie di fare turnover. Nel primo caso il calcio vive, nel secondo caso il calcio muore. “Sappiamo ciò che siamo ma non quello che potremmo essere” ricordava Amleto. Noi vorremmo semplicemente che in ogni gara, ogni squadra provi ad essere al proprio meglio. Quando accadrà avremo un campionato equo. Fino ad allora, meglio tacere per evitare di fare orrende figure.

Otto risultati utili consecutivi, cinque vittorie e tre pareggi dopo il ko di Torino per tornare nelle zone alte della classifica. Quando tutto sembrava andare nel verso giusto, questa squadra ha ritrovato lo spirito del salmone per risalire la corrente e tornare a stupire. Meriti che vanno condivisi tra tecnico e rosa, perché questo è un gruppo che ha nel dna la struttura inviolabile del diamante. Basta guardare l’esultanza dopo il gol di Tonelli per capirlo. Diamanti veri, diamanti grezzi, nuovi diamanti: una gioielleria che ha sempre più materiale da esporre in vetrina ed al bancone un gemmologo come Sarri capace di valorizzare al massimo la sua merce. E, le donne lo sanno bene, un diamante è per sempre.

Nove assist di Callejon in diciannove gare. Un numero incredibile, come incredibile è il rendimento di questo moro che all’apparenza ha sempre la testa bassa e che invece ha un assoluto controllo di quello che accade attorno. Più vigile di una suocera ad un banchetto di nozze, capace sempre di analizzare i dati che arrivano a quel computer che si ritrova nel cervello e trovare possibili soluzioni a situazioni critiche. Josè resta un grande patrimonio per l’archeologia, evoluzione vivente del velociraptor per la sua capacità di lanciarsi nelle praterie e ferire in maniera silente, ma quasi sempre letale, le sue prede.

Dieci ad una storia che nemmeno la penna di De Amicis sarebbe riuscito ad immaginare più strappalacrime. L’infortunio, l’attesa, la smania per quella chiamata che non arriva mai. Seduto in panchina ad aspettare un cenno del Mister che ti dica: “Vai Lorenzo, tocca a te”. Quelle parole nella testa di Tonelli stavano per diventare un ritornello ossessionante, una luce che resta rinchiusa in un tunnel sempre buio. Devi scavare, scavare, scavare come Tim Robbins ne “Le ali della libertà” perchè “C'è qualcosa dentro di te che nessuno ti può toccare nè togliere, se tu non vuoi, si chiama speranza!”. Quella speranza Lorenzo non l’ha mai abbondata e l’ha affidata ad una sola cosa: il lavoro. Quello che viene premiato con il tempo che èuna un nodo in gola ed un urlo che esce fuori alla velocità della luce. Il bagliore del merito irradia il San Paolo quando meno te lo aspetti. La gioia per una storia a lieto fine è immediatamente contagiosa. Che dite, lo cediamo?