Da Zero a Dieci: la furia di Sarri negli spogliatoi, l’incredibile novità sulla pista d’atletica, l’attentato alle TV e lo schiaffo alle regole di Dries

19.12.2016 09:26 di  Arturo Minervini  Twitter:    vedi letture
Da Zero a Dieci: la furia di Sarri negli spogliatoi, l’incredibile novità sulla pista d’atletica, l’attentato alle TV e lo schiaffo alle regole di Dries
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(di Arturo Minervini) - Zero a questo campionato che in vetrina porta uno spettacolo noioso come Juve-Roma. Nemmeno la tombola estratta dalla nonna che non distingue un’alice da un salmone risulta più noiosa della sfida dello Stadium. Poco calcio, poche idee e tanti sbadigli nel solito copione snocciolato in un campionato che sprofonda sempre più in basso sul piano della qualità. La meravigliosa eccezione è questo Napoli, così diverso, così affascinante, così temuto proprio per la sua diversità. Andrebbe quasi tutelato, messo sotto una campana di vetro come la rosa del Piccolo Principe. “E' il tempo che hai perduto per la tua rosa che ha reso la tua rosa così importante”. Lo stesso tempo impiegato da Sarri per costruire questo fiore, con qualche spina, ma di una bellezza accecante. Come l’invidia che muove certi giudizi…

Uno come il primo rigore in campionato che Sarri aveva invocato nella conferenza della vigilia. Il fatto che arrivi dopo diciassette giornate racconta quanto si faccia fatica a fischiare un rigore per il Napoli. Quello che stupisce, ed il risultato non può far passare nel dimenticatoio la scelta di Doveri che non ammonisce nemmeno Barreca per il fallo su Mertens steso a centro area e senza avversari davanti. Ancora una volta, dopo il rigore concesso e poi revocato a Pescara, per gli azzurri vige un regolamento a parte. “Il dubbio non è piacevole, ma la certezza è ridicola. Solo gli imbecilli son sicuri di ciò che dicono”. Noi continuiamo a dubitare su alcune scelte e su alcuni direttori di gara.

Due minuti di gara e Ghoulam si veste da Nostradamus ed annuncia al mondo che non sarà un pomeriggio ordinario al San Paolo. La sua punizione che sfiora l’incrocio dei pali è evento spiazzante e che riporta al giorno del suo esordio in azzurro, quando ci aveva illuso di essere gran tiratore in quella sfida contro la Roma. Sorprendente come “Una poltrona per due” nel palinsesto della vigilia di Natale di Italia 1. Eh no, stavolta ho sbagliato similitudine. Ma ci siamo capiti…

Tre presenze da titolare, nove punti raccolti, due gol meravigliosi all’attivo e sensazioni di onnipotenza che nemmeno Bolt in una corsa sui cento piani con Galeazzi dopo sosta pranzo del buon Giampiero da “Gigino o’ Zuzzus”. Sembra essere costruito di una stoffa differente Zielinski, te ne accorgi quando inizia a mulinare le gambe ad un ritmo vorticoso che lascia agli avversari solo il sapore amaro della sua scia. Mentre stai pensando a come fermarlo, Piotr è già andato via con tutta l’insostenibile leggerezza del suo talento e con la potenza di piedi che affondando nell’erba con la cattiveria di una trivella a caccia dell'oro nero. Una forza che il terreno da gioco gli restituisce, uno scambio alla pari che sta alla base della sua unicità.

Quattro reti segnate: cosa prevede il protocollo? A tre ci si porta il pallone a casa, per un poker bisognerebbe dare un pezzo del San Paolo a Dries. Proponiamo che il buon Mertens si porti a casa l’odiosa pista d’atletica, quella tanto cara al Sindaco e che toglie al Napoli quel calore in più che sarebbe un soffio di vita sulla squadra ed un incubo per gli avversari. Nella nostra letterina a Babbo Natale chiediamo che si porti via quelle corsie e colmi la distanza tra la squadra e i propri tifosi. Per gli avversari l’Inferno raccontato da Dante, al confronto, sarebbe una SPA a cinque stelle.

Cinque al guasto sulla regia centrale che trasporta tutti i telespettatori di Napoli-Torino su un traghetto per Ischia con sottofondo musicale “Il rock dei Tamarri”. Le trame di gioco azzurre pare abbiano generato un corto circuito nelle telecamere sottoposte ad uno sforzo eccessivo dalla velocità della manovra partenopea. Il sindacato dei registi è già in rivolta: c’è troppo lavoro quando c’è da seguire questo Napoli! Un attacco al “Quinto potere” che nemmeno Sidney Lumet…

Sei al povero Torino, capitato nel posto sbagliato al momento sbagliato come Leonardo Di Caprio negli ultimi dieci film. Il buon Leo ci ha lasciato spesso le penne, i granata al San Paolo ci lasciano l’autostima, spazzata via, disintegrata, ridotta in polvere come in un episodio di Narcos. Di stupefacente, però, c’è solo un Napoli che costruisce trame immaginifiche, che farebbero arrossire anche lo sceneggiatore di Pomeriggio Cinque per la fantasia degli intrecci.

Sette alle aperture chirurgiche di Insigne. Come se avesse le mani al posto dei piedi, Lorenzo con facilità disarmante tesse nel cielo inviti che arrivano a destinazione con precisione infinitesimale. Partecipazioni ad un banchetto di nozze (queste però sono gradite, non come quelle che arrivano all’improvviso in una domenica di pomeriggio quando un colpo di citofono ti gela il sangue nelle vene), che è sempre aperto e che serve nettare degli dei per i compagni. Una fonte perenne di calcio che trova sempre la strada dalla cima della montagna per dissetare la voglia dei compagni. E allora “Quando bevi dell'acqua, non dimenticare la sorgente dalla quale scaturisce.” 

Otto ad un finale di anno solare che deve essere alba, e non il tramonto, di giorni ancora più felici. Perché è un Napoli che fa venire i brividi leggendo la carta d’identità dei suoi interpreti, con margini di miglioramento che nemmeno Emma Watson (Hermione) dopo il primo Harry Potter. Piccole speranze che sono grandi certezze, affiancate da grandi certezze che diventano sempre più solide. È un connubio perfetto di sensazioni, sapori, immagini e sorrisi. C’è il profumo buono delle grandi imprese, l’incoscienza di chi considera i limiti come convenzioni che attendono di essere superate. Una spolverata di Pavoletti non farà di certo male, non iniziamo a crearci falsi problemi del tipo: “Si ma ora Mertens gioca centravanti e bla bla bla”. Abbondare è sempre meglio che scarseggiare.  

Nove alla sfuriata di Sarri negli spogliatoi. Ha ragione Maurizio, quando dice che certi errori si eliminano abituandosi a non commetterli. È una prassi maniacale, una virtuosità del pensiero che non considera mai un secondo meno importante da quello successivo. È un inno alla perfezione, come quella che il suo Napoli manifesta sul terreno di gioco nel primo tempo. Sembra di vedere un piccolo genio che compone un cubo di Rubik, con i colori che scorrono veloci per appagare la sensazioni del cervello di vederli ordinati. È il caos che diventa ordine sotto le mani ispirate di un demiurgo che si aggira in tuta e che al contrario di Vasco Rossi riesce a dare un senso anche a quello che un senso non ce l’ha. Manca l’ultimo passo. Manca quella capacità di congelare gli attimi di distrazione fatale, quelle in cui devo abbassare il battito e riflettere. "Si dice che se respiri lentamente il tempo rallenta. Così dicono gli indiani”. Il Napoli deve imparare a fare questo. A respirare lentamente dopo aver prodotto il grande sforzo. A raffreddare un sangue che diventa bollente dopo la massima espressione calcistica. 

Dieci è un numero che appartiene alla poesia quando è riferito ad un pallone. Quella poesia che diventa ossa, carne e pelle infiltrandosi nelle cellule di Mertens e dando vita ad un’opera trascendentale, una critica alla ragion pura che non può concepire tanta bellezza tutta in una volta. Niente di umano appartiene alla prova di Dries contro il Torino, è il talento che straripa come i confini di un fiume che non si accontenta più del suo letto. È Bruce Banner che diventa verde e fa esplodere la maglia trasformandosi in qualcosa di Incredibile. È il genio che diventa cura per gli affanni dell’animo lasciando una traccia di eterno. Ci hanno insegnato che l’arcobaleno nasce dopo i temporali, Dries stravolge tutte le regole con quella parabola che parte dal suo destro ed è destinata all’infinito. Un gol come quello si è già liberato dalle catene del tempo. È ovunque e dovunque. E lo sarà per sempre.