Da Zero a Dieci: la rapina a "mani alzate", Damato fa esplodere la macchina della verità, i problemi alla dogana di Pepe e la denuncia di Sarri

22.09.2016 09:07 di  Arturo Minervini  Twitter:    vedi letture
Da Zero a Dieci: la rapina a "mani alzate", Damato fa esplodere la macchina della verità, i problemi alla dogana di Pepe e la denuncia di Sarri
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(di Arturo Minervini) - Zero le reti segnate: è la prima volta che accade in questa stagione. Mettendo da parte la traversa ed i misfatti di Damato, di cui parleremo più avanti, sarebbe poco onesto non ammettere che qualche meccanismo nell’ingranaggio azzurro. In un’armonica visione del calcio, in cui tutti contribuiscono in maniera decisiva al risultato finale, c’è da segnalare il non perfetto funzionamento di alcuni elementi. Hugo Cabret, chi meglio di lui quando si parla di ingranaggi, la spiegherebbe così: "Mi piace immaginare che il mondo sia un unico grande meccanismo. Sai, le macchine non hanno pezzi in più. Hanno esattamente il numero e il tipo di pezzi che servono. Così io penso che se il mondo è una grande macchina, io devo essere qui per qualche motivo. E anche tu!”. Se si perde il motivo, si perde anche lo scopo.

Uno come un tecnico che lancia un messaggio di abbandono. Sarri nel dopo gara lancia un chiaro messaggio alla società, invitata dal tecnico a farsi sentire per i torti subiti. É un tema ricorrente, la mancanza di una figura di riferimento che possa fungere da parafulmini nei momenti difficili e possa invece lanciarli i fulmini come Zeus in cima all’Olimpo quando si verificano episodi arbitrali come quelli di Marassi. Non è solo l’uomo che ha tanta gente intorno, ma colui che in mezzo a tanta gente si sente solo. La Juve ha Nedved, l’inter ha Zanetti, l’Eminflex ha Mastrota, i Testimoni di Geova hanno i citofoni. Noi chi abbiamo? Proprio come il buon Maurizio.  

Due rigori negati. Anche questo è un fatto, non un’opinione sulla quale discutere. É quello accaduto a Marassi, così come era già accaduto a Pescara, ed è difficile trovare spiegazioni razionali. Senza giocare a dadi e non credendo alle coincidenze vorremmo interrogare l’arbitro Damato, chiamare uno di quegli ispettori che si vedono solo nei film americani e sottoporlo alla macchina della verità. “Lei ha visto la trattenuta di Orbàn (perchè non poteva non vederla) ed ha scelto in maniera libera di non fischiare il rigore?” (primo trillo della macchina per l’evidente cazzata). “Lei ha visto il controllo di mani di Ocampos in area (perchè non poteva non vedere) ed ha scelto in maniera libera di non fischiare il rigore?”. Alla seconda risposta la scena sarebbe la stessa di quando Homer Simpson viene sottoposto dall’agente Scully di X-Files al test della verità. “Questa è una semplice macchina della verità. Io le porrò alcune domande a cui risponderà "sì" o "no" e dovrà dire solo la verità; mi ha capito?”. Homer: “Sì!”. La macchina della verità esplode.

Tre occasioni gestite male da Callejon e la cosa è clamorosa perché accade con la stessa frequenza con cui riesci ad aprire il portone di casa beccando la chiave al primo tentativo. Praticamente mai. Ed è proprio la rarità dell’evento a renderlo ancora più lampante. In due occasioni nel primo tempo, ed in una nella ripresa, il numero 7 azzurro ignora Milik meglio piazzato di lui per la conclusione personale. Il fatto racchiude due notizie, che hanno la stessa madre ma prendono direzioni differenti, come Abele e Caino. La prima è positiva, perché questo vuol dire che Josè è in grande fiducia (e ci mancherebbe) mentre la seconda si racchiude nel rischio che la troppa convinzione può indurre nella tentazione di perdere di vista l'obiettivo globale. Ed in una squadra è sempre un male.

Quattro cambi rispetto alla gara di sabato con il Bologna. Le rotazioni saranno miele fondamentale da cui attingere durante l’inverno rigido e con poche provviste, ma chiaramente per questo nuova gestione serve un minimo di tempo per rodare tutte le formazioni differenti schierate da Sarri. E non vi lamentate, voi che pensate di non saper più guidare se vi spostano lo specchietto retrovisore di un quarto di millimetro. La natura umana vive di abitudini nelle quali si culla e che vanno consolidate. Tempo al tempo, ma la strada è sicuramente quella virtuosa della longevità. 

Cinque al destro masticato di Insigne nel momento che poteva cambiare la gara. In quel momento, sul terreno di gioco di Marassi passava un gatto nero. Era la scena di Matrix in cui si spiega la nascita di un déjà vu. Ricordate Hamsik nella stessa porta lo scorso anno cosa divorò? D’altronde un dejà vu altro non è che un’imperfezione del sistema. A volte le stelle scrivono le storie in anticipo ed hai voglia di sbatterci la testa o provare a cancellare il finale con una gomma super-potente. Sono loro a decidere.

Sei gare stagionali ed il sapore della sconfitta ancora sconosciuto. Una sensazione del palato che nessun’altra squadra del nostro campionato può comprendere e già questa è una buona notizia. Perché se non vi fosse chiaro, al di là di un pareggio che lascia un po' di amaro, il bicchiere del Napoli non è mezzo pieno. É stracolmo, anzi straborda come la schiuma di una birra versata troppo velocemente in un bicchiere.

Sette ad i lampi di onnipotenza di Koulibaly. Non sembra fare troppo sul serio quando parte palla al piede della sua trequarti, il problema è che nemmeno te ne accorgi ed è già nell’area avversaria. Alcuni tifosi del Genoa si sono accorti del suo arrivo guardando le oscillazioni dell’acqua in un bicchiere, un po' come accadeva per il Tirannosauro in Jurassik Park. Nello stesso film si spiega la legge del caos, quel caos a cui Kalidou riesce sempre a dare un ordine quando la difesa sembra traballare. Per Umbero Eco siamo nani sulle spalle dei giganti. Qui abbiamo un gigante che porta sulle spalle i giganti del passato. Monumentale. E non lo dimenticate mai: abbiamo visto appena la punta dell’Iceberg di un potenziale Titanico (chi capisce il gioco di parole vince un peluche che verrà spedito a casa).

Otto minuti (più recupero) per Gabbiadini. Detto che Sarri avrebbe anche potuto pensare di tenerlo in campo con Milik, guardando Manolo sembra di guardare uno che si siede ad un banchetto nuziale organizzato dal Boss delle cerimonie senza avere appetito. Non ci saremmo aspettati un ragazzo carico, nemmeno bi-carico, ma Tricarico (come il cantante) per l’ingresso in campo dopo le polemiche degli ultimi giorni. Invece, è il grande limite del numero 23, del suo ingresso in campo resterà un unico ricordo: la lavagnetta luminosa del quarto uomo che ne certifica la presenza. Esistono due tipi di uomini. Quelli che nelle difficoltà trovano gli stimoli e quelli che nelle difficoltà cercano la fuga. A te la scelta Manolo. 

Nove a chi alla domanda precedente ha risposto, anzi urlato, mostrando una quantità di attributi sproporzionata, al punto che probabilmente in un viaggio aereo andrebbero imbarcati come bagaglio da stiva. Reina a Genova si è scrollato di dosso la ruggine e le polemiche ed ha tirato fuori una prestazione che è un prontuario sulla natura di un campione, il cui cuore non va mai sottostimato. C’è tutto nella gara di Pepe: attenzione, spregiudicatezza, follia, raziocinio e quel pizzico di fortuna che sempre accompagna il cammino degli audaci. Muhammad Ali avrebbe raccontato così dell’ego del portiere spagnolo: “Io sono il più grande, l’ho detto prima ancora di sapere che lo fossi”. Se ci credi con questa convinzione, poi le cose belle accadono.

Dieci a questo dubbio che saremo costretti a portare ancora nelle nostri notti insonni: ma in questo Napoli chi li tira i rigori? La risposta sembrava dover arrivare già a Pescara, con un rigore fischiato e poi negato, episodio che nella storia ha pochi precedenti. A Genova la rapina a “mano alzata”, quella anzi quelle di Ocampos in area, ha negato ancora una volta il piacere di soddisfare la curiosità. Dicono che l’attesa del piacere sia essa stessa piacere, in questo caso però “ogni piacere ha il suo momento culminante quando sta per finire”. Perché DEVE finire questa vergogna. Astinenza da 11 metri.