Da Zero a Dieci: la rivolta animalista contro Sarri, Callejon a rischio prova Tv, lo Stato Censura il Napoli e l'agguato in diretta TV

15.05.2017 10:23 di Arturo Minervini Twitter:    vedi letture
Da Zero a Dieci: la rivolta animalista contro Sarri, Callejon a rischio prova Tv, lo Stato Censura il Napoli e l'agguato in diretta TV
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© foto di Daniele Buffa/Image Sport

(di Arturo Minervini) - Zero minuti di recupero nella ripresa. Un attestato di superiorità quasi imbarazzante, un atto caritatevole contro un avversario maciullato come una coscia di pollo da Fred Flintstones. Tutto lo strapotere del Napoli in quell’atto caritatevole di Irrati verso il Torino, non certo l’unico dopo il rigore negato ed i fuorigioco inventati. Il Napoli ha preso lo spauracchio granata e lo ha reso piccolo, minuscolo, impalpabile. Lo ha fatto dal primo all’ultimo minuto, con una continuità spaventosa. Lo ha fatto senza mai perdersi nella vanità, sbagliando qualcosa sotto porta ma caricando sempre a testa bassa. Poesia e prosa si fondono nella stessa pagina, bellezza e materia prendono vita nella stessa immutabile opera simbolo di dominio assoluto. 

Uno il punto di distacco dalla Roma che ha il sapore di una catena, come tutto quello che è avvertito come ingiustizia. Opprimente, quasi desolante come la prestazione di una Juve che si scopre improvvisamente fragile e rattoppata all’Olimpico più di una giacca di Oliver Twist. Una fragilità improvvisa che lascia via libera ai giallorossi che risorpassano il Napoli in quella che è la più grande ingiustizia da quando Charlie Chaplin arrivò terzo ad un concorso di sosia di Charlie Chaplin. 

Due gare da giocare, 180’ di grazia piovuta dal cielo. Mettendo da parte la statistica, sapere che potremmo assistere ancora a due match di questo Napoli è una gioia infinita. Perché la bellezza non deve fare a gara con nessuno, perché il godimento che provoca vedere l’armonia sarriana è qualcosa di metafisico, che trascende la banalità dei numeri. Quello che accadrà sarà solo conseguenza di una serie di dinamiche impazzite ed imprevedibili, la certezza è solo questa strana sensazione che ci lasciano prestazioni come quella di Torino. Un trattato di pace con il calcio e con lo sport. Il tempo scorre inesorabile e perdersi un solo secondo di questo Napoli sarebbe delittuoso come mettere la rucola sulla pizza Margherita.

Tre emittenti televisive e nessuno che abbia voluto parlare con Sarri della prestazione di Torino. Troppo interessati al gossip da quattro soldi, focalizzati esclusivamente sulla polemica. Una pagina imbarazzante del giornalismo sportivo, un’offesa ad un’artista che aveva ancora le mani sporche di capolavoro. Avrebbero dovuto restare dannatamente in silenzio, aprire i microfoni a Maurizio e lasciarsi raccontare cosa lo aveva ispirato nell’ennesima fantastica creazione. Invece no. I soldi, il contratto, De Laurentiis ha detto e quel  solito “bla bla bla bla bla. È tutto sedimentato sotto il chiacchiericcio e il rumore. Il silenzio e il sentimento. L'emozione e la paura. Gli sparuti incostanti sprazzi di bellezza. E poi lo squallore disgraziato e l'uomo miserabile. Tutto sepolto dalla coperta dell'imbarazzo dello stare al mondo. Bla. Bla. Bla. Bla”. 

Quattro presenze nelle ultime quattordici in campionato per Pavoletti. Un dato che toglierebbe il sorriso anche al protagonista di uno spot di un dentifricio ma non a Leonardo. Gli scatti sui social e le parole dei compagni raccontano di un ragazzo che rema sempre nella direzione del gruppo, nonostante tutto. Il concetto di squadra viene spesso sminuito in un mondo dove si cerca di sottolineare l’individualismo, ma il sorriso di Pavoletti è in realtà un piccolo ingrediente di questo ristorante che sforna sempre pietanze che hanno il sapore buono del pane appena sfornato. Ricette semplici, come Pavoletti. 

Cinque gli assist in campionato di Allan. È vittima della frenesia dei tempi moderni che non sanno conservare, preferiscono il nuovo all’affidabile quando invece in giro ci sono ancora Fiat Panda che sfrecciano senza soluzione di continuità. Così i giudizi sul brasiliano sono stati spesso macchiati da questa voglia di novità, ma il rendimento dell’ex Udinese è sempre rimasto su livelli molto alti. Non avrà i fari a Led ma resta un usato più che garantito. 

Sei reti in stagione per Piotr. Prima uragano, poi agnellino, poi di nuovo uragano. Inevitabile pagare pegno alla prima esperienza in una big, indiscutibile il talento di questo trattore stile Rovazzi con la faccia d’angelo e la spietatezza Jack lo Squartatore. Più che un centrocampista è una lega metallica che abbraccia più materie e che gli permettono di avere più caratteristiche. Lo scheletro adamantino come quello di Wolverine sembrano renderlo invulnerabile alla fatica, due piedi che usa in egual modo lo rendono immarcabile e pregiato come il platino.

Sette non è un numero di maglia, è la matricola di una macchina costruita in un universo parallelo. Più resistente di un televisore Mivar, che se gli davi gli schiaffi sul lato prendeva anche il segnale criptato della Nasa, si rialza dopo aver subito un infortunio che sembrava metterlo fuori dai giochi. Invece, pochi minuti dopo, JC7 (questa la classificazione dell’androide più laccato della storia) è in area di rigore granata ad infilzare Hart con il diagonale che mette in discesa la gara. Guarigione miracolosa, al punto da rischiare la prova Tv. Un semplicificatore per natura, un amante della simmetria. I suoi numeri dimostrano che non c’è niente di umano in lui: 13 reti e 13 assist in campionato, 16 reti e 16 assist in stagione. Una sequenza perfetta, logica e consequenziale che riesce a dare ordine al caos, a rappresentare una certezza acquisita in un universo sottoposto a continue mutazioni. Un Gattopardo che cambia sempre tutto perché nulla cambi.

Otto reti nelle ultime nove in campionato vi dicono di Insigne e di questo processo evolutivo a cui è stato sottoposto in questo 2017. Un Magnifico rinnovato ed evoluto, raffinato e spietato con le stesse armi a disposizione ma con una cognizione differente del proprio potenziale. Segna, inventa, crea come un disegnatore di cartoni animati imprigionato nel suo mondo fantastico, delinea prospettive differenti e vede spiragli non accessibili a chi non è infuocato dal calore dell’immaginazione. Fantasia al servizio del Sarrismo, genio da accarezzare e che accarezza come nell’esultanza dopo il gol che indica più volte Mertens. Nel giorno dedicato alle madri il suo gol è un giusto tributo alla napoletanità, un qualcosa che nutri nello stomaco, che è parte integrante dell’essenza di questo popolo. La maglia azzurra è figlia di tutti quelli che almeno una volta hanno avuto una contrazione per questa squadra. 

Nove è ormai assegnato di diritto. Perché non c’è falsità in quel centravanti puro, purissimo che solo per sbaglio indossa la numero 14. Sterza, affonda, appoggia, taglia, dribbla, tira senza apparente fatica e con il tocco leggero di chi vive un’estasi calcistica e spirituale. Incontrasse Keanu Reeves, potrebbe insegnargli come piegare un cucchiaio con la sola forza della mente per quanto la convinzione nei suoi mezzi sia elevata in questo momento. È un Mertens che percepisce le informazioni della realtà e le piega al suo volere, senza lasciare libero arbitrio ad avversari che sembrano arrivare da un’era passata, involuta, arcaica. Una Fibra 100mega che fronteggia difensori che viaggiano a 64K. 

Dieci reti in due gare al Torino e scatta la protesta animalista, con attivisti pronti ad incatenarsi davanti a Castel Volturno. Arriva anche la minaccia anche dal garante delle comunicazioni, che è pronto a chiedere la censura per uno spettacolo così cruento. È un Matador senza scrupoli questo Napoli che abusa del Toro, al punto che la FIFA sta pensando di inserire, come nella boxe, il lancio della spugna. All’Olimpico qualcuno dal buon cuore avrebbe dovuto dichiarare il K.O. tecnico per l’evidente stato di confusione della squadra granata, rintontita come dopo aver preso un dritto in faccia da Mike Tyson. Con l’avversario barcollante e sanguinante il Napoli non si è fermato, non per sadismo, ma perché semplicemente nessuno può sfuggire alla propria natura. Questa squadra è costruita per fare gioco e da te stesso non ci scappi nemmeno se sei Eddy Merckx. Questa squadra è una delle cose più belle mai viste su un campo da calcio. Questa squadra è già storia. Comunque vada a finire.