Da Zero a Dieci: lo choc di Manolo, il terrore nel gruppo Whatsapp, la risposta all'odio di Cannavaro e la svolta di Insigne

29.11.2016 09:56 di  Arturo Minervini  Twitter:    vedi letture
Da Zero a Dieci: lo choc di Manolo, il terrore nel gruppo Whatsapp, la risposta all'odio di Cannavaro e la svolta di Insigne

(di Arturo Minervini) - Zero al cinismo del momento. Alla capacità della sorte di andare a colpire proprio dove fa più male, sempre. La sfortuna può spiegare tanto, ma non tutto. Certo è che se oltre tutte le valutazioni, giudizi, condanne, abiure e tutto il resto, quel tiro di Callejon avesse baciato il palo e poi accarezzato la rete il momento avrebbe assunto una piega diversa. Pe la serie: “Ho smesso di fumare. Vivrò una settimana di più e in quella settimana pioverà a dirotto”.

Uno come le partite vinte al San Paolo nelle ultime sei uscite tra campionato e Champions. Un numero sconcertante e sconfortante per una squadra che lo scorso anno tra campionato ed Europa aveva vinto 19 gare delle 23 giocate al San Paolo, pareggiandone appena 4. Un quadro fedele di quelle che sono le difficoltà, anche emotive, di una squadra che non viene certo aiutata da un tecnico che parla di immaturità con una formazione iniziale che in campo aveva 9 giocatori che appartengono alle loro Nazionali. Gli altri erano Jorginho ed Allan. Quella dell’immaturità pare essere la scusa buona per ogni evenienza, quasi come Lapo che tarda ad un appuntamento e giustifica il ritardo con un rapimento. Genio assoluto, che sovra li altri com'aquila vola.

Due minuti in campo per rimediare uno scellerato cartellino che gli costerà la squalifica per la delicata gara con l’Inter. In molte fasi della stagione Mertens è stato pescatore con braccia forti pronto a tirare la rete sulla barca raccogliendo un pasto per una squadra affamata. Ieri, però, nella rete ci è finito lui. Sintomo di una stanchezza mentale per chi ha giocato così tanto. Saremo ripetitivi ma l’infortunio di Milik ha avuto effetti a cascata devastanti, quasi come i gruppi Whatsapp che inizieranno a proliferare in queste ore “Che facciamo a Capodanno?”. 

Tre giorni per riflettere per affrontare poi al meglio la sfida di venerdì con l’Inter. Nelle difficoltà si vede l’animo di ogni singolo, che contribuisce a dare sostanza al concetto di squadra. Che il Napoli, in ogni suo elemento, sfrutti questa piccola crisi di identità per chiedersi cosa fare per ritrovarsi. Le tempeste per i marinai sono dei segnali, testa alta per capire cosa dice il vento che l’obiettivo può ancora essere raggiunto. Iniziamo a spiegare le vele. 

Quattro volte ha giocato una gara intera in 44 presenze con Sarri, tutte nello scorso anno (tre nel girone di Europa League dominato dagli azzurri). Si potrebbe indire un concorso a premi per il primo capace di dare la risposta esatta sul personaggio misterioso, ma in realtà lo avrete già capito di chi stiamo parlando. Si dice che la “La fiducia è la sola cura conosciuta per la paura”. Per Gabbiadini questa fiducia è più sconosciuta di un vecchio amico delle elementari che ti abbraccia in metropolitana e tu stai ore ad interrogarti sul suo nome prima di rifugiarti in un diplomatico “Carissimo!”.

Cinque reti subite nelle ultime quattro di campionato al San Paolo. Non a caso di queste l’unica gara vinta resta quella con l’Empoli, chiusa con la porta inviolata. L’incapacità di chiudere una gara senza subire reti sta diventando una costante spaventosa, minacciosa, allarmante. Come quando superavi i 140 km/h con la Panda del ’91 e ti appariva tutta la schiera celeste invitandoti a moderare l’andatura. Se prendi sempre gol rischi di doverne più di quanti il tuo attuale potenziale offensivo ti consente. 

Sei al ritorno dal primo minuto di Jorginho. Sei anche alla sua prestazione, per un giocatore che deve essere recuperato perché importante se si vuole riproporre quel gioco di cui era stato architetto principale. La tentazione di rinnegare il passato non deve appartenere ad una squadra che guarda al futuro.

Sette come i respiri che secondo gli antichi andrebbero presi prima di prendere una decisione. È necessario essere determinati e avere il coraggio di gettarsi al di là dello steccato. Quando il Napoli riesce a fare questo, quando si dimentica di tutto il resto, ed inizia a macinare il suo calcio diventa devastante. Carica a testa bassa e crea occasioni a raffica, poi arriva la consapevolezza che la vittoria è vicina, che servirebbe come il pane e con essa arriva la paura. Quella che ti frega sempre. Quella che ti blocca. Quella che non ti fa capire niente. Sette respiri. 

Otto al lancio di Hamsik sul gol azzurro. Illuminante come una di quelle idee notturne che sembrano geniali, anche se al mattino si rivelano poco pratiche. Al contrario Marek è sempre utile, aggredisce gara e spazi con la stessa cattiveria con cui Bridget Jones aggredisce il cibo per una delusione d’amore. Mi raccomando, alla prima prestazione opaca tiriamo di nuovo fuori la storia: “Si ma non è mai decisivo”. Memoria corta, cortissima. 

Nove al tiro di Insigne, anche se con l’aiutino da casa (in tutti i sensi visto che Paolo è di casa). Tra tanti interrogativi, la crescita nelle ultime gare di Lorenzo va presa come una ventata di positività, perché il Napoli ha disperatamente bisogno delle sue reti e delle sue giocate che possono cambiare il volto di una gara più di Nicolas Cage e John Travolta in Face Off. Del Magnifico ci piacerebbe vedere sempre il volto determinato e propositivo, senza perdersi nelle paure di chi ha l’ossessione di dover dimostrare sempre qualcosa. 


Dieci a quell’apostrofo di romanticismo che si accascia sullo stadio San Paolo a fine gara. Lì, in quell’angolino di nostalgia sotto la curva, Paolo Cannavaro ci ricorda che niente che conta per davvero finisce per davvero. Sembra di vederlo bambino, quando raccoglieva i calci tirati dai suoi idoli mentre raccoglie tutto il calore che solo Napoli riesce a sprigionare per le cose a cui tiene. Vorremo starci tutta la notte sotto quella curva, con Paolo a scaldarsi con la felpa del Napoli, l’unica che gli calza veramente a pennello. Dicono che rispetto a tutti gli altri supereroi Superman sia quello diverso dagli altri. Spider-Man, Batman hanno bisogno di indossare una maschera. La maschera di Clark Kent è quella di un giornalista imbranato. La sua vera natura è quella di Superman. Lo stesso vale per Cannavaro. Lui è del Napoli. La sua maglia è quella del Napoli. Quella del Sassuolo è solo un costume.