FOTO - Insigne, dagli insulti di Verona all’autolesionismo di Napoli. Un campanilismo a metà

24.11.2015 09:50 di Mirko Calemme Twitter:    vedi letture
FOTO - Insigne, dagli insulti di Verona all’autolesionismo di Napoli. Un campanilismo a metà
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© foto di Daniele Buffa/Image Sport

Quando Lorenzo Insigne è stato preso di mira dai tifosi (e, ahinoi, anche dai giornalisti) veronesi, il popolo partenopeo gli ha fatto - come sempre in questi casi - da scudo. Guai a toccare il Magnifico, per carità. A meno che a farlo non siano i napoletani stessi. Già, perché una costante della tifoseria, della piazza, e dell’animo napoletano è il suo autolesionismo.

Proprio ieri, a poche ore dagli insulti del Bentegodi e dalla splendida risposta del Magnifico sul campo (tutt’altro che maleducata), il suo agente Fabio Andreotti ha svelato ai microfoni di Radio Punto Zero che “quando non era ancora sotto contratto e c’erano società inglesi che lo avrebbero ricoperto di soldi, lui ha scelto di restare a Napoli, ed ha fatto la stessa scelta anche dopo l’anno di Pescara”. Un bel retroscena che testimonia una volta in più la voglia dell’attaccante di diventare una bandiera del suo club. Eppure, in tanti, hanno commentato la notizia sulla pagina Facebook di Tuttonapoli con un livore fuori luogo (visibile nella foto in basso).

“Ora ricominciamo con le str***ate”, “ma chi lo vuole, portatelo”, “ha fatto solo il suo dovere”, “ma chi ti trattiene”. Penserete ad una minoranza, magari. Forse. Eppure non è la prima volta che Insigne viene attaccato dai suoi stessi tifosi, e la sensazione è che per guadagnarsi il loro rispetto debba avere un rendimento da fenomeno assoluto. Non basta giocare bene, deve essere perfetto.

La sua colpa? Essere napoletano. Se essere profeti in patria è sempre impresa ardua, a Napoli diviene addirittura impossibile. Di esempi storici ce ne sono tanti. E non può essere un caso se un certo Raffaele Viviani ne scriveva già nel 1931, nella poesia “Campanilismo” (della quale vi proponiamo in basso una splendida interpretazione di Nino Taranto): “Nun c'è nu Parmigiano o Bolognese ca 'e suoie nun s''o difendono; e pecché si è nu Napulitano, 'a città soia, 'o ricunosce e nun ce 'o ddà a pare' ?”.

Sembra un paradosso, ma anche in una stagione così bella, con un Napoli che appare perfetto ed un Insigne inarrestabile, l’atavico autolesionismo della piazza (che spesso tracima in superbia) si palesa ad intervalli regolari e rischia di diventare un potenziale punto debole.  “E tu, Napule mia, permiette chesto?”. Sarebbe davvero un peccato (specialmente quest'anno!), perché, come asseriva Viviani, "talento ne tenimmo, avimmo ingegno: nu poco sulo ca ce sustenimmo, cunquistarrammo chillo posto degno ca, pe' mullezza nosta, nun tenimmo".