Quagliarella in lacrime a Le Iene: "Vittima di uno stalker per 5 anni, altrimenti sarei ancora a Napoli. Sono passato per traditore perchè non potevo parlare, sognavo solo di essere capitano. Se il Napoli mi chiama..."

Le sue parole a Le Iene
02.03.2017 10:50 di Redazione Tutto Napoli.net  Twitter:    vedi letture
Quagliarella in lacrime a Le Iene: "Vittima di uno stalker per 5 anni, altrimenti sarei ancora a Napoli. Sono passato per traditore perchè non potevo parlare, sognavo solo di essere capitano. Se il Napoli mi chiama..."

Fabio Quagliarella, attaccante della Sampdoria, si è raccontato a Giulio Golia de Le Iene: "Sono passato per l'infame della situazione e quando succede davanti alla propria gente fa male. Ogni volta che dovevo tornare a Napoli mi nascondevo, mi camuffavo, per evitare che qualcuno dicesse qualcosa, perché poi fa male. Alcuni amici mi chiedevano di uscire, andare in un locale, ma ho sempre rifiutato. Non tutta la gente è così, non voglio che passi una brutta immagine della mia terra. I napoletani hanno un gran cuore, se fossero tutti come noi... Però faceva male, potevi sempre beccare qualcuno che diceva la parolina. Io ho sempre evitato il litigio, anche di chi ti sta intorno e vuole reagire, non me lo meritavo di litigare con la mia gente, così come loro. Aspettavo solo il giorno di poter raccontare la verità.

Lo stalker mi ha tormentato per oltre cinque anni, ho sofferto tanto e aspettavo il momento per parlare. Non so cosa gli sia passato per la testa, lo reputavo una persona di fiducia, era un poliziotto (ufficiale della polizia postale conosciuto per un semplice problema di password, ndr). Iniziarono ad arrivare lettere anonime con foto di ragazzine nude, accuse dunque di pedofilia, di camorra, di spaccio, di calcio-scommesse. Anche a mio padre arrivavano messaggi dicendo che ora mi avrebbero ammazzato. Ogni piccolezza diventava un pericolo, era come sentirsi osservato e minacciato. C'era tanta tensione in casa, comandava lui il giochino, lo stalker (a cui affidarono proprio le indagini e ogni denuncia, ndr).

Mi diceva sempre che c'eravamo quasi, che stavano capendo, mancava poco ecc. Diceva non di parlarne con nessuno e non lo sapevano neanche i miei fratelli. Inviò delle accuse alla Dda anche per il mio migliore amico, poi le lettere che inviava a casa le inviava anche alla sede della società del Napoli. Prima della trasferta in Svezia mi chiamarono per dirmi che mi avevano venduto alla Juventus, ero titolare, ma mi dissero 'non giochi, sei stato ceduto', ma non capivo niente.

Mi hanno accusato di essere andato via per soldi, ma guadagnavo la stessa cifra. A casa i miei dormivano con l'ansia, arrivavano anche telefonate. Lì ho capito che il popolo napoletano mi amava, non ero uno dei tanti. Loro non sapevano i motivi. Mi immaginavo capitano del Napoli, di vincere qualcosa con la maglia azzurra perchè la squadra poteva diventare più forte come è ora che è uno squadrone. A quest'ora sarei ancora lì, al San Paolo, a giocare e segnare. Un gol lì vale tanto, i miei undici valgono come cento. Ma come glielo spiegavi alla gente? Sembrava un traditore che vuole giustificarsi. Ho provato a far sentire il mio amore con piccoli gesti, come non esultare col Torino (compromettendo poi il rapporto con i suoi ex tifosi, ndr) come per dire 'capitemi', sapendo che da un momento all'altro poteva venire tutto fuori. Poi per quel gesto ho dovuto rompere col Torino.  

Il sospetto arrivò da mio padre (il papà spiega di un messaggio non mostrato, ndr). Fu mio padre a scoprire tutto, lui è sveglio, ogni denuncia che io firmavo non era mai stata depositata. Come se non avessi mai denunciato niente in quegli anni. 

Tornare al Napoli? Sarebbe bello. Già soltanto se mi richiedesse. Le trattative sono altre cose, ma già se pensasse a me... Quando ripercorro la mia carriera sento qualcosa di incompiuto". 

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