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Diawara, il primo allenatore: “Altro che testa calda, è un ragazzo d’oro! Mai visto uno così a 17 anni. Pregi, difetti e paragoni…”

25.08.2016 07:45 di  Fabio Tarantino  Twitter:    vedi letture
ESCLUSIVA - Diawara, il primo allenatore: “Altro che testa calda, è un ragazzo d’oro! Mai visto uno così a 17 anni. Pregi, difetti e paragoni…”
© foto di Daniele Buffa/Image Sport

Amadou Diawara è un fenomeno. Ma è anche una testa calda: “Ma parliamo dello stesso giocatore?”. È scettico Fabrizio Tazzioli, suo allenatore al San Marino, il primo a lanciarlo nel calcio professionistico nel febbraio del 2015. È scettico perché la cronaca dei giorni nostri dipinge il neo acquisto del Napoli (sarà ufficiale dopo la seconda parte di visite mediche) come ragazzo ribelle, difficile da gestire, nonostante i 19 anni: “Vi assicuro che non è così, anzi…”.

Ed allora com’era, e dunque com’è ancora, Amadou Diawara? “Un ragazzo d’oro, umile, intelligente, sensibile. In campo aiutava gli altri e si faceva aiutare, sa mettersi a disposizione dei compagni, ha una volontà e una voglia di fare fuori dal comune. Dieci e lode per il suo comportamento. Se in campo è spavaldo, fuori è educatissimo. Ve lo assicuro”.

Peccato che non si sia presentato in ritiro col Bologna, pretendendo la cessione. “È un gioco al quale s’è dovuto adeguare, fa parte dei meccanismi del calcio moderno. Fateci caso, non è mica il primo ad avere questo atteggiamento? Conoscendolo, in questo ultimo mese e mezzo avrebbe preferito allenarsi. Amadou vive per il calcio”.

Pare, però, ci sia l’aggravante della recidiva: è vero che al San Marino si barricò in casa per 2-3 giorni? “Sì, ma era una situazione diversa. Una persona che gli era vicino, appartenente alla sua vecchia scuola calcio in Guinea, credo pretendesse dei soldi dalla nostra società ed allora gli consigliò di non uscire di casa per qualche giorno. Lui obbedì, ma tutto si risolse subito. Per fortuna: già temevo di doverlo perdere per la partita successiva…”.

A 18 anni era già così indispensabile? “Diciassette e mezzo, per l’esattezza. E poi sì, lo era. Quando arrivai a novembre, dopo il primo allenamento, pensai fosse un titolare, invece mi dissero che non poteva ancora giocare perché non era tesserato. Mi impressionò in maniera particolare, aveva qualcosa in più degli altri. In volto si vedeva fosse un ragazzino, ma fisicamente era già pronto, così come in campo. Lo feci sentire subito uno della squadra, lo allenavo quotidianamente come se dovesse giocare la domenica successiva. Intanto, in silenzio, non vedevo l’ora arrivasse il tesseramento…”.

Che è arrivato… quando? “L’ultimo giorno prima della chiusura del mercato invernale, al termine di un periodo difficile, in cui ha sofferto ed ha ricevuto l’affetto della società, dei compagni, dell’agente. La domenica successiva lo schierai subito titolare contro l’Ascoli capolista: giocò una grande partita. Lo schierai regista nel mio 4-3-1-2. In quel ruolo mi dava garanzie che nessuno, in tanti anni, ha mai saputo darmi”.

Cioè? Quali garanzie? “Aveva la capacità di farsi trovare sempre smarcato e di ricevere il pallone. È uno di quelli che aiuta i compagni, che li sostiene. Già immagino Hamsik, in assenza della giocata, dargli palla e poi riceverla di nuovo, dopo un secondo. Diawara gioca a due tocchi, ha visione di gioco, difficilmente sbaglia un passaggio. In fase di non possesso è micidiale, è un osso duro nei contrasti, non si ferma mai, è uno schermo incredibile”.

Difetti, ne aveva? “Deve migliorare nel lancio lungo. A Napoli lo ricorderete per l’assist di Bologna a Destro, ma paradossalmente è proprio lì che deve crescere. Quando ha palla, però, non la gioca mai in orizzontale. È abituato a giocarla corta ma celermente, sempre in avanti, verticalizzando”.

C’è il rischio che possa avvertire il peso del salto da Bologna a Napoli? “Lo escluderei. Al San Marino gli dissi che tra un paio d’anni, per le sue qualità, sarebbe approdato in Premier League. Era un mio semplice pensiero, Napoli è ugualmente un grande traguardo. Ora è fuori forma, ma nel giro di un paio di mesi, massimo a novembre, sarà già competitivo, pronto per soffiare il posto a qualcuno. Non ricordo un solo allenamento in cui fosse sottotono, demotivato, deconcentrato: era sempre al massimo”.

Paragoni? “Molti dicono Yaya Touré, ma per me sono tatticamente diversi: lui, Diawara, non ha le caratteristiche per entrare dentro, per inserirsi, come una mezzala. Può farlo, volendo, ma al momento ha altre qualità. In fase difensiva ricorda Desailly, quando imposta Vieira”.