Alla scoperta di Gnahoré: caratteristiche tecniche, il retroscena del ruolo e due paragoni scomodi

14.01.2016 11:00 di  Fabio Tarantino  Twitter:    vedi letture
Alla scoperta di Gnahoré: caratteristiche tecniche, il retroscena del ruolo e due paragoni scomodi
© foto di Tuttonapoli.net

L’idea c’è. Il tempo, la volontà e le risorse pure. Eddy Gnahoré, centrocampista classe ’93, è il nuovo che avanza che il diesse Giuntoli non vuole farsi sfuggire, il talento per cui vale la pena giocare d’anticipo, magari rischiando, pur di strapparlo alla concorrenza e farlo proprio, a titolo definitivo, senza l’ansia di vederlo sfumare per mancanza di coraggio. La Carrarese, proprietaria del suo cartellino, non si opporrà all’eventuale cessione. Sa bene che il treno Napoli, per il ragazzo, passa una volta nella vita e va preso al volo, senza dubbi o ripensamenti.

PARAGONI ILLUSTRI. Per Gnahoré se ne sprecano ogni giorno: ieri somigliava a Vieira, oggi a Pogba, domani forse a Yaya Touré. In realtà qualsiasi paragone rischierebbe di bruciarlo prima del previsto, perché le caratteristiche tecniche comuni ai calciatori sopra citati in realtà non sono sufficienti per esporlo ad una tale pressione mediatica. Gnahoré è una mezzala elegante che ama giocare la palla, sia nello stretto che nel lungo, e portarla per il campo, quasi danzando, potendo contare sulle lunghe leve (è alto quasi 1.90) e sulla tecnica di base di gran lunga superiore alla media in Lega Pro. Ma Gnahoré - che gioca come interno destro in un 4-3-1-2 - è anche un buon mediano di rottura, uno di quelli che sa come farsi valere in mezzo al campo senza per forza risultare “cattivo” oppure rognoso.

IL DUBBIO. La domanda sorge spontanea: “Perché, se è davvero così promettente, gioca ancora in Lega Pro?”. Curiosità lecita, legittima, coerente. La risposta è nel suo passato, in quell’infortunio nella primavera del 2012 al legamento crociato anteriore: nove mesi di stop e la rescissione del contratto col Birmingham, società che lo aveva appena prelevato dal Manchester City e con la quale, appena diciottenne, aveva già debuttato in Premier League. A credere in lui, dopo l’infortunio, fu proprio la Carrarese, che nell’estate del 2014, dopo essersi accertata delle sue condizioni fisiche, lo tesserò regalandolo all’Italia, terzo paese esplorato dopo l’Inghilterra e la Francia, la sua patria (vanta anche due presenze in Under 18 prima dell’infortunio con gli italiani Pogba, Digne e Kondogbia).

L’OCCASIONE. In due stagioni Gnahoré ha disputato 42 partite realizzando quattro gol. L’avventura italiana ha riservato picchi di felicità a momenti di naturale difficoltà, dettati da svariati motivi: condizioni fisiche dopo il lungo periodo d’inattività, adattamento al nuovo calcio, al nuovo modulo – in realtà Gnahoré nasce trequartista – e, soprattutto, alla lingua, “nemico” comune per i tanti stranieri sbarcati qui. Quest’anno, lavorando sodo, Gnahoré ha iniziato alla grande la stagione: tre reti in sei gare prima della lunga squalifica (4 turni) dopo l’espulsione contro il Savona, rimediata per “atto di violenza – riportò il comunicato – verso un avversario a gioco fermo” e reiterate frasi offensive all’arbitro.

LA STRATEGIA. Adesso l’occasione di una vita: il Napoli bussa alla sua porta e la Carrarese ha tutta l’intenzione di aprire. Giuntoli, che lo segue dai tempi del Carpi, vorrebbe acquistarlo a titolo definitivo e poi girarlo in prestito, in A o in B, per vederlo maturare e permettergli di crescere senza fretta, senza bruciare le tappe, commettendo errori e perfezionandosi ogni giorno. Di strada, nonostante il passato ingolfato d’avvenimenti, ne ha ancora da percorrere parecchia.