Da Zero a Dieci: la suocera Mazzoleni, l'ansia da prestazione laziale, la diga devastata da Marek e la verità sui rigori di Higuain

04.05.2015 09:31 di Arturo Minervini Twitter:    vedi letture
Da Zero a Dieci: la suocera Mazzoleni, l'ansia da prestazione laziale, la diga devastata da Marek e la verità sui rigori di Higuain
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© foto di ALBERTO LINGRIA/PHOTOVIEWS

Zero minuti, trascorrono appena 43'', e Mazzoleni - proprio quello di Pechino - fischia un rigore al Napoli e lascia il Milan in dieci uomini. Situazioni che ti lasciano senza parole, come se tua suocera ti firmasse un assegno in bianco o omettesse di rinfacciarti che nell'estate del 1987 avevi dimenticato di farle gli auguri per il suo compleanno. Qualcosa di inatteso, più di un testimone di Geova la domenica mattina.

Uno l'anno trascorso dai fatti di Roma. Il ricordo di Ciro Esposito è vivo più che mai, così come i ricordi di chi quella notte ha vissuto sulla pelle i graffi di una notte che sembra non aver cambiato un sistema allo sbando. Una verità che si tenta ancora una volta di stravolgere, un continuo lavaggio mediatico delle coscienze sporche dei responsabili di quanto accaduto in quella maledetta, stramaledetta, notte. Ricordare, significa prima di tutto fare qualcosa per evitare che altri Ciro vengano strappati al mondo prematuramente. 

Due alla visione parziale di Inzaghi del dopo gara. Parla di un grande spirito del suo Milan, forse si riferiva a quello Santo, l'unico che effettivamente avrebbe potuto salvare una squadra imbarazzante come poche volte nella sua storia. L'espulsione, ed il conseguente catenaccio, era in realtà l'unica speranza del suo diavolo - che in realtà ha l'animo del chierichetto - di uscire indenne dal San Paolo.

Tre le reti segnate dal Dnipro sul campo dell'Odessa. Giovedì al San Paolo il primo atto della semifinale di Europa League, ed il motivetto da ripetere come un mantra fino al limite dell'ossessione è sempre lo stesso: non sottovalutare l'avversario. Vincere non è un automatismo, è l'insieme di una serie di sforzi finalizzati al raggiungimento dell'obiettivo. Come ripeteva Carl Lewis, uno che sull'arte di vincere potrebbe girare un film - altro che Brad Pitt - "I limiti sono dentro di me. Non pongo limiti a me stesso, non sono vulnerabile a nulla". A prescindere dall'avversario.

Quattro punti di distacco dalla Lazio. I biancocelesti stanno scoprendo cosa vuol dire sentire la pressione di una vita da lepre. A fari spenti è più facile viaggiare se non si vuole essere notati, diverso è convivere con la consapevolezza che al primo errore rischi di perdere tutto quello per cui hai lottato. Una cosa è mandare fiori a Belen Rodriguez, un'altra è sapere cosa fare una volta che accetta il vostro invito a cena. Chiamasi ansia da prestazione. Per la Lazio, e per i potenziali corteggiatori della Rodriguez. 

Cinque gare con una media che fan ben sperare per il rush finale. Dimenticando, vogliamo farlo, la disfatta di Empoli, il Napoli nelle ultime cinque uscite ha vinto in quattro occasioni, segnando la bellezza di 15 reti e subendone 6, di cui nella nefasta trasferta toscana. Nessuno ha fatto meglio degli azzurri relativamente a questo lasso di gare. Nessun dato, purtroppo, riuscirà a spiegarci come è possibile che questo Napoli che ha asfaltato Fiorentina, Cagliari, Sampdoria e Milan sia lo stesso del Castellani. Un mistero, che nemmeno Mulder e Scully riusciranno mai a risolvere. Misteri veri, altro che Adam Kadmon e gli interrogativi e le teorie complottiste fatte anche sulla lanugine ombelicale.

Sei rigori calciati e tre errori per Higuain. Cosa direbbe Picasso se gli si proponesse un capolavoro altrui, chiedendogli di apporre soltanto la firma? Come reagirebbe Kubrick alla proposta di montare un film girato da altri? Quali sofferenze atroci proverebbe Giovanni Muciaccia nel fare un lavoretto senza la colla vinilica? I grandi artisti odiano le cose semplici. A Gonzalo, questi rigori, non interessano. Non c'è equità. Portiere davanti al suo destro senza difensori è come Clint Eastwood davanti a Ramon Rojo: un uomo morto. Il Pipita preferisce complicarsi le cose e le bizze di un campione non possono essere messe in discussione. Vanno accettate. E magari va semplicemente scelto un altro rigorista...

Sette minuti, più recupero, per Sebastiano Luperto. Deve essere una sensazione più forte del peperoncino del Guatemala che causa una crisi mistica ad Homer Simpson. Esordire in una stadio così, davanti ad un pubblico così, in una Napoli meravigliosa di metà primavera è qualcosa più indelebile di qualsiasi tatuaggio. Buona fortuna a questo ragazzo, classe '96, di cui tutti dicono un gran bene. Che l'azzurro sia con te.

Otto all'assist di Insigne per Callejon al 53'. Vero, dall'azione non nasce un gol, non nasce proprio nulla. E quindi? L'arte resta tale, a prescindere dal suo valore o dalla sua incisività. Il David di Michelangelo resterebbe un segno divino sulla terra anche se, per assurdo, nessuno mai avesse mai avuto la fortuna di ammirarlo. E' qualcosa che si impone, una verità che si afferma. Una giocata da fuoriclasse assoluto, una visione di calcio che appartiene a pochi eletti. Come Neo che ha finalmente capito i codici di Matrix, così Lorenzo si muove adesso in campo dando la sensazione di vedere le cose prima che accadono. 

Nove  reti di Gabbiadini dal suo sbarco a Capodichino, inizio ufficiale dell'avventura in maglia Napoli. Illegale, brutale, sprezzante per la superiorità che palesa con un aria quasi da schiaffi. Spike Lee, due anni prima che nascesse, girava "Fa la cosa giusta" e non c'è titolo più azzeccato per descrivere cosa riesce a fare in campo. Il velo per la rete di Higuain è di una lucidità che fa invidia alla fuori serie di Vin Diesel nella famosa saga dedicata alle automobili. Il tacco con il quale arpiona una palla vagante in area per lui è la cosa più semplice del mondo, al punto che non ha nemmeno tanta voglia di esultare. Capite di cosa stiamo parlando? Capite che il ragazzo ha già segnato 17 reti in stagione e che il meglio deve ancora venire?. Se non lo capite, capitelo.

Dieci al Capitano. Quello che abbiamo difeso, non per faziosità, ma perchè i numeri imponevano di farlo. Poi ci sono le emozioni e quelle che Marek regala a questo popolo distruggono ogni argine, ogni diga, ogni distanza. E' un cordone ombelicale che non potrà mai spezzarsi, una sintonia che viaggia nell'etere anche più di Radio Vaticana. Questo slovacco è sempre più napoletano, lo dimostra anche iniziando a prediligere la furbizia alla forza, come con il destro che "limona" con il palo prima di infilare Lopez. Questo slovacco è l'oro e l'ora di Napoli - nel senso di adesso -, questo slovacco è il ieri - un pezzo nella storia azzurra è già garantito - ed il domani di una città. La sua città.