Dai primi calci al River ai trionfi da allenatore: la storia del 'Petisso' napoletano fiero, "argentino per sbaglio"

29.05.2015 16:10 di Dario De Martino Twitter:    vedi letture
Dai primi calci al River ai trionfi da allenatore: la storia del 'Petisso' napoletano fiero, "argentino per sbaglio"

Buenos Aires-Napoli. Una tratta che nella storia ha fatto tanta gente. Una tratta che ha portato all'ombra del Vesuvio tanti artisti del pallone che hanno ritrovato qui la condizione ideale per vivere le atmosfere simili a quelle della loro terra, affacciandosi però sul Mediterraneo invece che sull'oceano. Il primo calciatore che ha lasciato davvero il segno a fare quella tratta magica è stato lui: Bruno Pesaola
A dire il vero, il primo viaggio non fu diretto a Napoli ma a Roma. Fu la società giallorossa ad andare a prendere quel piccoletto (soli 165 cm) che faceva faville con la maglia del River Plate. Padre marchigiano, mamma spagnola ed un fratello più grande, Giordano, che si dice un mago del pallone. Questa la famiglia del piccolo Bruno che impara i primi colpi da calciatore sotto gli insegnamenti del fratello grande, che aveva dovuto abbandonare i sogni di gloria a 20 anni, quando rimase seriamente lesionato ad una gamba durante il servizio di leva.

Viene notato dai los milionarios e lì tira i primi calci. Poi la società capitolina gli propone un ingaggio da 120 mila lire al mese e così il Petisso parte. 90 partite e 20 gol nella società giallorossa nell'atmosfera della dolce vita della Roma degli anni 50'. Ma i risultati sportivi non sono soddisfacenti, così Pesaola passa al Novara. Lì troverà Silvio Piola, perfetto compagno sul campo, e Ornella Olivieri, compagna di vita che si porterà fino al 1986 quando la morte di lei li separerà.

Le ottime prestazioni convincono i grandi club a puntarci: da Milano arrivano offerte importanti, ma il Petisso, convinto dalla moglie, non ha dubbi: il golfo di Partenope. Così prima fa la sua "luna di miele" sulla costiera amalfitana e poi raggiunge il resto della compagnia in maglia azzurra guidata da Mister Monzeglio. Arriverà insieme a Jeppson e Vitali formando un attacco sensazionale. Ala sinistra funambolica e veloce che utlizzava quasi esclusivamente il piede mancino, a Napoli vivrà i momenti migliori della sua carriera. Come quel 5-0 al San Siro nel 1956 contro il Milan di un certo Schiaffino, un uruguayano che sei anni prima aveva fatto disperare il Brasile nella partita passata alla storia come Maracanazo. Fu una delle sue migliori prestazioni nelle 253 partite in maglia azzurra ottenute nel corso di otto stagioni e condite da 27 reti. Le ultime gare in azzurro vengono disputate nel nuovissimo stadio San Paolo. C'era anche il giorno dell'inaugurazione, il 6 Dicembre del 1959, quando gli azzurri si imposero 2-1 contro la Juventus di Sivori. Risale agli anni napoletani (1957) anche la sua unica presenza con la maglia della nazionale italiana che indossò da oriundo nella gara contro il Portogallo. Dopo l'esperienza in azzurro gioca con il Genoa la sua ultima stagione a 36 anni anche a causa di un brutto infortunio.

Ma il calcio è la vita del Petisso, che così appende gli scarpini al chiodo ed indossa il suo celebre cappotto portafortuna cominciando la sua carriera da allenatore. Va in quarta serie e si siede sulla panchina della Scafatese. Nel frattempo il Napoli naviga in cattive acque in serie B. Così Lauro esonera Baldi e chiama lo chiama in panchina. Pesaola non se lo fa dire due volte e ritorna in quella che ormai è la sua squadra del cuore, conducendola fino al secondo posto che vale il ritorno in Seire A. Ma non solo, guida la squadra verso un traguardo ancora ineguagliato nella storia del calcio italiano. Quell'anno il Napoli vince la Coppa Italia, l'unica squadra ad aver alzato il trofeo militando il Serie B. E non finisce certo qui: nel 1966 è Pesaola a guidare la squadra che alzerà la Coppa delle Alpi, il primo trofeo napoletano fuori dai territori nazionali. Quella vittoria arrivò grazie ad uno stratagemma figlio della 'cazzimma' imparata a Napoli e dell'infanzia nelle terre d'argentina. Il Napoli si gioca il trofeo contro la Juventus. A fine primo tempo il Napoli sta perdendo 1-0 contro il Servette. In maglia azzurra, intanto, è arrivato Omar Sivori, andato via polemicamente proprio dalla Juventus. Così il Petisso fa annunciare dall'altoparlate che i bianconeri stanno vincendo e stuzzica Sivori: "Fai vincere chi ti ha cacciato via!?". Il campione argentino nel secondo tempo si scatena e manda in gol Canè, Bean e Montefusco. Alla fine il Napoli vincerà, perchè in realtà la Juventus a Losanna stava perdendo. L'ultima stagione in azzurro è un altro capolavoro. Pesaola deve far convivere due campioni come Altafini e Sivori che vogliono dimostrare a Napoli che hanno ancora tanto da dare al calcio. Ci riesce. Dalla panchina, con la sua immancabile giacca cammello portafortuna e accendendo una quantità indefinibile di sigarette, guida la sua squadra fino al secondo posto: è il miglior risultato conseguito dal Napoli fino a quel momento.

Poi Pesaola lascia la squadra azzurra e approda a Firenze. Non è una grandissima squadra quella viola, eppure la squadra toscana riesce addirittura nell'impresa di vincere lo scudetto. In seguito dirà: "Mi dispiace soltanto di non essere riuscito a compiere la stessa impresa a Napoli, l'unica città che è riuscita  farmi sentire davvero a casa". Passerà poi al Bologna dove vincerà una nuova Coppa Italia.

Ma nel suo cuore c'è Parenope ed appena viene richiamato nel 1976-77 ritorna immediatamente. E' un'altra annata di successi. Vince la Coppa di Lega Italo-Inglese e verrà eliminato in Coppa delle Coppe soltanto in semifinale contro l'Anderlecht dopo una direzione di gara dell'arbitro Matthewson così scandalosa da aver fatto storia. L'ultima esperienza di livello nel 1982, sempre al Napoli quando viene chiamato insieme a Gennaro Rambone (un altro grande di cui sentiamo ancora la mancanza) per salvare la squadra dalla retrocessione in B. Anche stavolta l'impresa riuscirà. Resta nella storia l'immagine del Petisso che abbraccia un rosario prima del rigore decisivo per la salvezza calciato da Moreno Ferrario.

Protagonista indimenticabile della storia di questa squadra e di questa città, il Petisso non lascerà mai Napoli. "Sono nato per sbaglio a Buenos Aires", diceva. Resterà a Napoli a commentare le vicende della squadra azzurra fino al ricovero al Fatebenefratelli per i problemi di circolazione che lo hanno strappato via a Napoli, agli appassionati di sport, a tutto questo mondo.