La vera sconfitta dell’Italia è la morte di Ciro

Mentre da più parti ci si interroga chi sia il responsabile dell’uscita dell’Italia dai Mondiali, c’è chi si chiede ancora del perché della morte di Ciro Esposito e come debellare la violenza nel calcio.
26.06.2014 23:10 di  Vincenzo Perrella   vedi letture
La vera sconfitta dell’Italia è la morte di Ciro
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© foto di Matteo Gribaudi/Image Sport

Davanti alla morte di una persona si rischia di finire nella retorica, nella demagogia, nelle accuse lanciate come bombe a mano che non si sa dove vanno a finire. In verità, lo abbiamo sempre detto: il calcio è lo specchio del paese. In esso vi si avvinghiano tanti altri significati di ordine sociale. L’odio nei confronti di una tifoseria è equivalente all’odio nei confronti di un popolo che non ha fatto niente a nessuno ma viene additato come il male del paese, perché ognuno vuol nascondere le magagne presenti nelle proprie città, nei propri quartieri, nelle proprie case. E perché no, nel proprio inconscio.

La morte di Ciro Esposito ha dimostrato due verità amare: non tutto il paese ha accolto la sua fine con lo stesso cordoglio. C’è chi, sui social network, ha goduto di questa amara sorte. Già, nemmeno la morte unisce più la gente. La seconda verità amara è che coloro i quali sono deputati a far rispettare la giustizia in Italia hanno i polsi legati, quasi prigionieri di un sistema sociale che dispone come vuole della giustizia stessa. Eppure le leggi ci sono. 

Quasi tutti gli organi nazionali, si dedicavano più al fatto sportivo che al fatto di cronaca nera che ha distrutto una famiglia perbene di Napoli. In questi giorni Balotelli aveva chiesto una unità nazionale per sostenere gli azzurri, mettendo da parte odio e rivalità tra le rispettive tifoserie. Troppo facile chiedere il sostegno dei napoletani in questi momenti. Perché nessuno si azzarda a sostenere i napoletani quando essi sono vittime di ingiustizie e discriminazioni?

Il fatto sportivo e il fatto di cronaca nera si sono intrecciati nella stessa giornata. Ma la vera sconfitta dell’Italia non è quella dei Mondiali, ma di un sistema che funziona negativamente già nell’organizzazione dell’evento calcistico, che peggiora durante lo svolgimento dello stesso e molto spesso sfocia in episodi come quello di Roma. In pratica, non si è capaci di gestire una partita di calcio. Poi dopo ci sta anche il fatto sportivo: l’Italia è stata eliminata dai Mondiali perché ormai l’80% dei suoi giocatori avrebbe dovuto finire il suo ciclo in maglia azzurra, ma invece per ragioni di marketing viene riproposto e non riesce a ripetere il clamoroso risultato del 2006. E le dimissioni di Prandelli ed Abete sono solo una goccia nel mare.

Ma finché i volti di chi gestisce il calcio in Italia non cambiano, con nuove idee e proposte, resterà tutto uguale: i settori giovanili sconquassati dai troppi stranieri, i diritti televisivi che inebriano sempre gli stessi club, le squadre italiane che hanno un andamento pessimo nelle coppe europee, la nazionale che manca di giocatori in determinati ruoli tattici, gli stadi che non sono a norma, l’opinione pubblica troppo campanilistica, ecc. ecc. Si tratta di ambiti differenti, ma se non lavorano tutti insieme, il movimento calcio Italia rischia il fallimento.    

La morte di Ciro lascia nelle persone perbene un grande vuoto, ma nel contempo riempie il cuore di un maggior attaccamento alla vita, la propria e quella del prossimo, visto che ormai la vita, posta dinnanzi a certi valori sbagliati, pare che ormai non conti più nulla.