Come cambia il tifo azzurro

Dalla sua nascita, anche in anni bui di retrocessioni, il Napoli ha sempre potuto contare sui suoi tifosi. Ma nel periodo post Ferlaino, fino al fallimento, la squadra ha perso molti tifosi. Poi però la storia è cambiata…
04.08.2014 22:00 di Vincenzo Perrella   vedi letture
Come cambia il tifo azzurro
TuttoNapoli.net
© foto di Vincenzo Balzano

Il Napoli calcio, grande passione dei napoletani di tutto il mondo. E’ sempre stato così. O quasi. Quando nel 1926 ha assunto la denominazione moderna, i tifosi hanno sentito una maggiore vicinanza alle proprie origini, più di quanto non fosse successo con la FBC Internaples, club che campeggiava nel calcio italiano nei primissimi anni del ‘900. 

Ed è sempre stato seguito da un numero incredibile di tifosi, anche negli anni bui delle retrocessioni in Serie B. Quando poi il Napoli ha vinto gli scudetti e la Coppa Uefa, tra la metà e la fine degli anni ’80, c’è stato l’apice massimo (numericamente parlando) di tifosi amanti del Napoli. Perfino neo tifosi (che abbandonavano altre fedi calcistiche) e simpatizzanti. Poi gli anni post-Ferlainiani, difficili, che nascondevano la più cocente delusione della storia azzurra: l’onta del fallimento. La squadra era ripartita dalla Serie C e nemmeno in quel proscenio meno affascinante i suoi tifosi, quelli veri, l’hanno mai abbandonata. Ma si sa che non tutti i tifosi lo sono a prescindere.

Se Juventus, Milan ed Inter contano tanti adepti, è dovuto unicamente al fatto che molti appassionati di calcio (ma anche semplici ammiratori di questo sport e perfino spettatori occasionali) non hanno una squadra in Serie A, cosicché scelgono quella che ha le maggiori possibilità di vittoria, perché fondamentalmente molta parte della cultura italiana è basata solo sulla vittoria, non sull’orgoglio di vedere i colori della propria città competere con gli altri. Ed ecco che negli anni di Corbelli e Naldi, fino alla rinascita dei colori azzurri con De Laurentiis, il Napoli ha perso tanti tifosi. La cosa più triste era vedere in strada bambini giocare a pallone con le maglie di Del Piero, Ronaldo, Totti. Nessuno più indossava quella del Napoli. Non tutti si riconoscevano in Amoruso, Stellone, Sesa, Pavòn, Dionigi… solo per citarne alcuni. Per fortuna, le generazioni passano. E la vita va avanti.    

Il nuovo Napoli, che 10 anni fa ha attraversato la Serie C e la Serie B, per trovarsi oggi alle primissime posizioni della Serie A, con due Coppa Italia vinte ed annoverando nel tempo campioni del calibro di Lavezzi, Cavani, Hamsik, Higuain, Callejòn, ha visto immutato l’amore dei tifosi fedelissimi, ma anche un ritorno di fiamma da parte di quei tifosi che si erano un po’ allontanati. E soprattutto, si sono riviste le magliette del Napoli indossate dai bambini che giocano a pallone in strada. Ma questo Napoli non è amato ed ammirato soltanto dai napoletani, bensì anche da tifosi con altri accenti, altri dialetti, di altre latitudini italiane. Fa impressione (positiva) sentire tifosi con accento lombardo o pugliese ammettere la propria fede azzurra, in contrasto con quella parte d’Italia che invece la discrimina impunemente.

Dimaro, sede trentina che da qualche anno ospita il Napoli per i suoi ritiri estivi, è diventata una cittadina azzurra, un nuovo feudo del Napoli, dove esportare i colori e la cultura di un popolo, che dopo aver assaporato delusioni e amarezze degli anni ’90 e dei primi anni del 2000, ora merita di riassaporare il gusto della vittoria.