Di Fusco a TN: “Quel 2-3 all’Olimpico un’impresa fantastica, ricordo ancora una frase di Lippi. Il Napoli ha tre leader, per lo Scudetto manca poco. Su Rafael e Sepe…”

23.04.2016 21:00 di  Mirko Calemme  Twitter:    vedi letture
Di Fusco a TN: “Quel 2-3 all’Olimpico un’impresa fantastica, ricordo ancora una frase di Lippi. Il Napoli ha tre leader, per lo Scudetto manca poco. Su Rafael e Sepe…”

Negli ultimi 23 anni il segno 2 in un Roma-Napoli di campionato si è visto soltanto in due occasioni. Nel 2011 (0-2) fu protagonista Cavani , mentre nel 1993 un Napoli giovane e ricco di talenti riuscì a espugnare l’Olimpico con uno spettacolare 2-3. E in porta c’era Raffaele Di Fusco, che dal 1983 al 1998 (con l’eccezione di quattro stagioni giocate tra Catanzaro e Torino) ha ricoperto con orgoglio il ruolo di secondo portiere dei partenopei: “Pino Taglialatela si scontrò con un attaccante in uscita e presi il suo posto – racconta a Tuttonapoli -  fu una bellissima gara. Vincere a Roma è sempre un’impresa, e la nostra era una squadra giovane. Stavano emergendo nel nostro gruppo calciatori come Cannavaro, Pecchia e Di Canio, fu un gran colpo”

Cosa ricorda di quella stagione? “Era un Napoli diverso, non c’erano pressioni per vincere titoli. Quell’anno c’era Lippi in panchina, uno che da noi ha insegnato calcio, dando ai nostri giovani la possibilità di crescere chiedendo loro cose semplici. Ognuno in campo sapeva cosa fare, grazie a lui. La sua carriera dopo l’esperienza partenopea è decollata, e ricordo perfettamente che prima di andar via ci ringraziò dicendo che ciò accadde grazie al lavoro svolto insieme”.

L’atmosfera dei Roma-Napoli di oltre 25 anni fa era ben diversa rispetto a quelli blindati di oggi. “Era il derby del Sole, c’era un clima di festa, sempre. Purtroppo gli ultimi avvenimenti hanno inasprito ulteriormente il clima, ormai dobbiamo parlare di un match molto più che ad alto rischio. Gli animi sono sempre stati accesi, ma mai giungendo all’esasperazione che viviamo oggi”.

E lunedì che partita si aspetta? “Il rientro di Higuain esalterà la squadra, è inutile negarlo. Gabbiadini ha un’ottima media gol, ma è anche vero che con squadre forti come la Roma può fare più fatica, perché per me non è esattamente una prima punta. L’argentino porterà tanto entusiasmo”.

La Roma, invece, fa i conti col caso Totti-Spalletti. Chi ha ragione, Di Fusco? “La squadra vive un momento un po’ strano. Ma do ragione a Spalletti, non può mai venire prima Totti e poi la Roma. Quelli restano casi rarissimi, come Maradona a Napoli, Pelè, Cruyff o Platini. Il capitano giallorosso resta il simbolo della squadra, ma deve comprendere che va gestito. I ritmi sono altissimi, non può reggere tanti minuti: le due reti messe a segno contro il Torino danno ragione all’allenatore, la lettura va fatta al contrario rispetto a quello che sto ascoltando. Utilizzare Totti nella fase finale del match lo rende decisivo, ed è questa la maniera migliore per sfruttare il suo talento: proprio ciò che sta facendo il tecnico toscano”.

Chi merita il secondo posto tra le due? “Il Napoli, indubbiamente. Gli azzurri sono stati molto più costanti rispetto ai giallorossi, che hanno iniziato malissimo con Dzeko che non ha assolutamente reso come ci si attendeva. Spalletti ha cambiato la squadra sfruttando gli acquisti di gennaio”.

Da portiere, secondo lei quanto è importante Pepe Reina per il club azzurro? “Lo dico sempre, lo spagnolo è fondamentale. Il Napoli ha tre leader: Pepe, Higuain e Sarri. L’ex Liverpool è riuscito a riordinare la difesa in campo sfruttando il grande lavoro del mister, se Albiol e Koulibaly hanno fatto un grandissimo campionato è merito anche del portiere alle loro spalle. Poi è vero, nelle ultime settimane un calo c’è stato, ma dopo una stagione così lunga e con pochi ricambi è fisiologico”.

Per il futuro bisogna puntare su Sepe? “Da fuori è difficile poter giudicare un portiere, che va visto soprattutto in partita, e Sepe lo stiamo vedendo poco. Spero che anche lui possa avere l’opportunità di poter giocare titolare nel Napoli, che da napoletano ha ovviamente un sapore speciale”.

E Rafael? Quanto dev’essere stato difficile passare dal ruolo di titolare quello di secondo, ed ora addirittura terzo? “E’ dura, ma il brasiliano ha avuto la possibilità per poter dimostrare di essere il numero uno di questa squadra. Non le ha sfruttate, e il giudice della sua carriera è lui stesso. Quando chiamato in causa non ha dimostrato un livello tale da poter ambire a questo ruolo”.

Tornando a lei, ci racconta quel pomeriggio da punta durante Ascoli-Napoli dell’88/89? “Se ne continua a parlare perché oggi non potrebbe più succedere! Da allora sono cambiate le regole, dopo quell’episodio si stabilì che il dodicesimo può sostituire solo il portiere. Nella vigilia di quella gara si infortunarono Romano e Filardi, io nascevo attaccante e il mister decise di puntare su di me per sostituire Careca. Purtroppo in campo non combinai niente di speciale, ma resta un aneddoto simpatico”.

Ora lavora come preparatore dei portieri, e il deviatore di traiettoria è una sua invenzione. “Sì, devo dire che funziona benissimo, all’estero ha un grande successo e anche tante squadre italiane lo utilizzano. Il Napoli, però, non lo usa (ride, ndr)! Forse dovrebbe prenderlo, negli ultimi gol subiti Reina non è stato perfetto dal punto di vista dei tempi di reazione, e il deviatore lavora giusto sulla propriocettività. Mi viene in mente soprattutto la rete di Zaza, con la deviazione di Albiol che ha sorpreso lo spagnolo. E che ci è costata lo Scudetto”.

Ha vissuto nel gruppo azzurro più vincente di sempre. Maradona a parte, cosa manca a questo Napoli per vincere uno Scudetto? “Secondo me non manca tanto. Anzi, voglio dire non mancava molto. A gennaio bastava poco per rinforzare la squadra, che ha evidentemente bisogno di riserve a difesa ed a centrocampo. Negli 11 titolari i partenopei non sono assolutamente inferiori alla Juve, ma la differenza è che quando i bianconeri sostituiscono i loro titolari perdono il 10% della loro forza, spesso invece il Napoli con certi cambi ne perde il 40, o addirittura 50%. E’ il campo a dirlo, non io”.

E’ stato difficile, per così tanti anni, vivere costantemente alle spalle di un titolare? “Il ruolo di dodicesimo è ovviamente delicato, ma se mi è stato permesso di restare da 19 anni da professionista vuol dire che nel momento in cui sono servito ho sempre dimostrato affidabilità. Sono entrato nel Napoli nel 1975, ho vissuto in quella società 23 anni della mia vita tra giovanili, prima squadra e staff tecnico. E ne sono orgoglioso, non cambierei nulla”.