L'INEDITO SARRI - Il termometro della passione e le due idee che non piacciono agli altri

Focus sull'allenatore, fresco di rinnovo di contratto, che è già entrato nella storia del Napoli
28.05.2016 09:50 di  Fabio Tarantino  Twitter:    vedi letture
L'INEDITO SARRI - Il termometro della passione e le due idee che non piacciono agli altri
TuttoNapoli.net
© foto di Daniele Buffa/Image Sport

FUMO - Andate pure a digli che fa male, che nuoce gravemente alla salute, che danneggia chi gli sta attorno. Se ne fregherà, perché è la sua droga e non può farci nulla, perché l’istinto spesso prevale sulla ragione ed è anche questo a render Maurizio Sarri così spontaneo, naturale, autentico. Pregi e difetti di chi non pretende d’esser perfetto ma anzi riconosce i suoi limiti e, nel suo piccolo, prova a superarli. Ma il fumo, il vizio del secolo, non lo abbandonerà mai. Almeno così pare. La sigaretta è il termometro che certifica la sua immensa passione per il calcio, talmente grande da convincerlo a rinunciarvi per un’ora e mezza, ovvero il tempo regolamentare di una partita. Ma il vizio, come la scaramanzia, è abitudine che spesso va oltre il reale significato scientifico. Ecco perché Sarri in panchina si accontenta di mordere il filtro delle sue Merit, spezzato prima del fischio d’inizio e custodito geloso durante tutto l’arco della gara, pasticciato a seconda del nervosismo e dunque a seconda dei casi, del risultato, delle circostanze. A fine primo tempo – e al novantesimo, ovviamente – il suo primo pensiero è il discorso alla squadra mentre si riconcilia alla sigaretta, quella vera, la stessa che afferra infuriato - ma anche sollevato - dopo ogni eventuale allontanamento dalla panchina che lo costringe a trasferirsi in tribuna. Chi lo conosce ed ha con lui lavorato racconta d’averci fatto l’abitudine nel giro di pochi giorni. Non esisteva sala video senza cappa di fumo, scia che ne accompagnava ogni spostamento: dal campo agli spogliatoi, attraversando corridoi ed altre svariate stanze d’ogni singolo centro sportivo in cui ha lavorato.

IDEE - Politiche e non solo. Sarri è di sinistra. Un comunista. Chissenefrega, direte voi, intanto il suo orientamento pare aver influenzato Berlusconi ostacolandone l’approdo al Milan. Più d’una volta Sarri ha incontrato Galliani prima di conoscere De Laurentiis, anche a Firenze dopo un Empoli-Milan dello scorso anno. Meglio così, verrebbe da pensare, dato che l’altro ostacolo al suo trasferimento in rossonero – la tuta, inseparabile compagna di viaggio – è invece particolarmente apprezzata da queste parti. La comodità è il motivo principale per cui Sarri la indossa sempre; esiste poi il lato scaramantico (ha portato bene, sin da subito) ed infine quello concettuale: il calcio è uno sport, nello sport si suda ed allora non è necessario farsi belli ma munirsi degli strumenti adeguati anche se a correre sono gli altri. Come la tuta, appunto. Che in pochissimi utilizzano e che in molti criticano. Sarri accetta tutto e va avanti, per la sua strada, perché l’abito non ha mai fatto il monaco. Sono i risultati, più che l’abbigliamento, a raccontare di un allenatore anziché di un altro, prove inconfutabili del proprio spessore al netto della fortuna, variabile che - in percentuale - esiste e sempre esisterà. Ed allora Sarri preferisce affidarsi al curriculum, alle esperienze, al passato che d’ognuno qualcosa dice e difficilmente inganna, a differenza delle apparenze. “Ho conosciuto tantissimi colleghi bravi nei dilettanti che purtroppo non ce l’hanno fatta” disse il tecnico a metà stagione mentre abbracciava l’ennesimo elogio. È la sua filosofia ma lo era anche prima, quando era lui a vivere nell’ombra degli altri. Nonostante la bravura.

Clicca qui per la prima parte della rubrica L'INEDITO SARRI