La condanna in eterno di Sarri

27.04.2016 17:10 di  Arturo Minervini  Twitter:    vedi letture
La condanna in eterno di Sarri
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© foto di Antonello Sammarco/Image Sport

Essere se stessi. Un pregio, un'esaltazione dell’identità. Una condizione che il Napoli di Maurizio Sarri vive quotidianamente, con la squadra che ormai ragione seguendo sempre la sua filosofia, senza mai fare calcoli o lasciarsi condizionare da fattori esterni. A prescindere dagli uomini sul terreno di gioco, l’idea del nuovo tecnico azzurro è stata chiara sin dalle prime battute del campionato. Con il passare dei giorni, questo marchio di fabbrica è diventato il più grande punto di forza della squadra, capace di imporre la sua volontà su ogni terreno di gioco e contro qualsiasi avversario, in Italia ed in Europa.

La cavalcata trionfale. Prima di quel maledetto 13 febbraio, e della maledizione del minuto 88 concretizzatasi nel sinistro deviato da Zaza, il gruppo aveva inanellato vittorie e prestazioni che indiscutibilmente ponevano il miracolo di Sarri al primo posto dei dibattiti, per il calcio espresso ed i risultati raggiunti. Una tattica aggressiva, quasi asfissiante per gli avversari, sempre costretti a stare alle corde e sperare, al massimo, di portare a casa uno 0-0 (come era successo, ad esempio, alla Roma nella gara di andata al San Paolo).

Le incertezze. Quando un piatto cade a terra, e si apre una crepa, può passarci dell’aria. Quest’aria, nel caso del Napoli, si è trasformata in insicurezza. Piccole paure, per un sogno che svaniva e per la considerazione che dare il massimo non sarebbe bastato nemmeno questa volta per battere la Juventus. Non solo. Inevitabilmente, per la grandissima attenzione suscitata, il calcio proposto da Sarri è divenuto oggetto di studio approfondito, da parte di ammiratori ma anche, soprattutto, degli avversari che hanno chiaramente tentato di individuare i punti deboli.

La condanna al gioco. Sembra paradossale, ma nelle ultime gare è stato così. Il Napoli non sa, non può, non riesce, ad essere diverso da quello che è. Magnifico, brillante, esaltante quando i ritmi sono alti e la lucidità sotto porta è quella dei giorni buoni. Altre volte, può accadere di non trovare la via della rete e magari la convenienza consiglierebbe di tirare leggermente i remi in barca, sporcarsi le mani con olio di gomito e portare comunque la barca in porto. Uno spirito che al Napoli ancora manca, perché proprio non riesce ad essere diverso da come è stato elaborato dal suo nuovo condottiero. “La cosa più difficile nella vita? Essere sé stessi. E avere carattere a sufficienza per restarlo”. Tante volte è un pregio. In alcuni casi, se manca elasticità mentale, può anche diventare un fardello.