Cuore spaccato a metà e lacrime a dirotto: lettera aperta ad Hamsik, l’uomo delle rinunce storiche e delle feroci critiche

15.02.2019 07:24 di  Arturo Minervini  Twitter:    vedi letture
Cuore spaccato a metà e lacrime a dirotto: lettera aperta ad Hamsik, l’uomo delle rinunce storiche e delle feroci critiche
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© foto di Matteo Gribaudi/Image Sport

di Arturo Minervini - Eccoci qua Marek. Ci siamo, è il momento di andare. Di fare i conti con il cuore. Prendere la valigia e partire, verso altra gente, altri colori, altri sapori. È tutto così rallentato, come un gol che vedi al rallentatore per fissarlo per sempre nelle memoria. Cosa dire? Cosa dirsi? Cosa raccontarsi? Come contenere questa cascata ti ricordi che finisce dritta in faccia? Chissà se doveva andare così, ma cambia davvero poco perché c’è troppo da conservare. Troppo da ricordare, da custodire, da proteggere. Era iniziata quasi per caso, era d’estate e non sembrava essere nulla di speciale. Uno di talento, ma il calcio consuma in fretta e nessuno ci avrebbe scommesso nemmeno un centesimo che sarebbe andata così. Napoli che ti sceglie, tu che scegli Napoli. Per difenderla senza fare troppo rumore, consumandoti lentamente nelle contraddizioni che una piazza come questa ti ha saputo riservare. Tutto bilanciato da un amore straripante per quella maglia che baciavi ad ogni chiusi, che custodivi come il più prezioso dei cimeli dentro al petto. Pelle sopra pelle, cuciture profonde, in una sorta di modifica genetica. L’azzurro che penetra in profondità, si mescola con tutto il resto in un processo irreversibile. Impossibile distinguere frammenti del Marek prima di Napoli, troppo contagiosa questa esperienza, assolutamente totalizzante in campo e fuori. Nella testa scorrono veloci migliaia di ricordi, al punto che rischia di scoppiare la testa se non smetti di ricordare. 

Le mani di un pianista illuminato da luce soffusa accompagnano gli ultimi passi, gli ultimi giorni da capitano che per sempre sarai. È un saluto col tuo stile, senza alzare la voce o condire il tutto con mellifluo romanticismo, senza ruffianerie che inquinano questo mondo. Le parole sono sempre state pacate, misurate, quasi timide. I fatti, però, sono stati di impatto rivoluzionario, stravolgimento storico in una macchina del tempo che va a marcia indietro. Un campione del passato trapiantato nel calcio dei milioni, dei chiacchieroni, dei buffoni che si esaltano alla prima rete. Marek no. Marek mai. Marek ha segnato più di tutti nella storia del Napoli ed ha sempre dovuto scontare un peccato originale, accusa inspiegabile ed a tratti immotivata. Con le sue rinunce ha sempre messo il Napoli al primo posto, accettando sempre con la grandezza di chi non ha mai rinfacciato nessuna delle sue rinunce. Ha buttato giù l’amaro con fermezza stoica, ha stracciato ogni record senza pretendere nessun tributo. Lo ha fatto perché era quello che lo faceva stare bene. Lo ha fatto per quella gente che ha amato come mai gli era successo. Quella gente che porterà dentro, anche ora che è arrivato il tempo dei saluti. Anche adesso che nel silenzio si affievolisce quella fiamma che splendeva dall’estate del 2007. Una fiaccola che virtualmente tutti abbiamo tenuto alta almeno per una volta, tedofori di una storia fantastica, dai tratti olimpici per spirito e per portata dell’impresa. Una lunga maratona che termina, col fiato rotto dall’emozione che non si può contenere. 

Scrivere di te è stata la cosa più bella che potesse capitare. Raccontare di te, delle tue scelte, dei tuoi silenzi, delle tue esultanze con la mano che batte forte su quel petto marchiato a fuoco di azzurro:  l’esplosione del cuore, come un chicco di mais al calore di una pentola. Vedere te ad accompagnare oltre un decennio, ponte temporale tra quello che eravamo e quello che saremo. Messaggio custodito dentro ad una bottiglia da lanciare in quel mare, che come te ha nelle onde la pazienza di andare e venire. Ricominciare a fluire. 

Col cuore spaccato a metà, ma con la convinzione che amare in fondo sia un estremo atto di libertà. Quella che hai vincolato per anni al Napoli, quella che ora reclamava una nuova avventura. I milioni cinesi non potranno mai macchiare tutto il resto. Tutto questo. Quello che resta, che resterà, nella cassaforte della memoria. Nella parte più intima di ogni tifosi che almeno una volta nella vita ha gonfiato il petto esclamando: “Quello lì è il mio capitano. Ed il mio capitano è veramente differente”. Perchè? Perché ha raccontato al mondo che si può anche dire di no. Perché ha spiegato ai pagliacci di oggi che si può restare umili pur compiendo imprese dai tratti epici. Perché resti un uomo come pochi in un mondo di pochi uomini. Perché ci manchi già e nemmeno ce ne siamo realmente conto.

Certe parole servono a prolungare certi saluti. È un inganno per trattenere il momento, per rinviare la presa di coscienza. La consapevolezza che è davvero finita. E di parole ce ne sarebbero così tante, ma in questi casi meglio lasciarsi guidare dall’istinto. Da quell’irrazionalità che muove l’amore, quello vero. Senza calcoli, senza interessi da perseguire. Vorremmo scrivere tutti quanti una lettera per te. Per dirti quello che sei stato. Per ricordarti quello che sarai. Vorremmo fondersi dentro un grande contenitore d’inchiostro e diventare parole indelebili, da mettere dentro ad una lettera che leggi quando la nostalgia ti assale. Chissà che suono fanno le lettere che affondano dentro ad una cassetta. Chissà se qualche grammo dell'anima finisce dentro all'inchiostro bollente, sciolto da parole che non riesci a pronunciare ed allora sei costretto a scriverle. Una dopo l'altra sulla carta assumono un senso che nella testa appare invece disordine. Bisognerebbe scriverla davvero questa lettera. Vorremmo consegnartela mentre sali i verso un volo che ti porta verso il sole che sorge. Mani come tempesta sul foglio, parole che scendono a raffica, come gocce di pioggia che evaporano su un asfalto arido. Cadono veloci, inesorabili, con la cadenza di una musica senza soluzione di continuità. Una pagina bianca si riempie, il foglio accoglie anche le lacrime che non si possono contenere. Vorremmo che leggessi queste parole senza dargli un volto, un odore, delle mani. Vorremmo che prendessi queste parole per come sono, le mangiassi crude per ficcarle giù nello stomaco e farle diventare parte di te.

Queste parole sono mie, ma non solo. Sono di tutti quelli che si sono emozionati, di quelli che ancora non ci credono, di quelli che non ci crederanno mai. Non resta che tenersi stretti, come hai sempre fatto tu con quella maglia che oggi perde un pezzo di storia. Una tonalità di colore. Buona fortuna Marek, capitano di mille battaglie e testimone oculare di un pezzo delle nostre vite, delle nostre gioie, dei nostri dispiaceri, delle nostre esultanze speciali. L’universo è un posto immenso, ma il nostro universo per dodici anni è stato grande quanto uno stadio. La lontananza non è un dato di fatto. La lontananza è un’opinione. La lontananza non è una regola. È una sfida. La lontananza non è uguale per tutti. La lontananza non è sempre. La lontananza è un grande inganno. La lontananza non esiste per chi è destinato a vivere senza essere mai lontano...