Da Zero a Dieci: i disastrosi ritardi di DAZN, la rivolta social ammutolita, le griglie di partenza della vergogna e lo show da rosicone di Inzaghi

19.08.2018 10:54 di  Arturo Minervini  Twitter:    vedi letture
Da Zero a Dieci: i disastrosi ritardi di DAZN, la rivolta social ammutolita, le griglie di partenza della vergogna e lo show da rosicone di Inzaghi

(di Arturo Minervini) - Zero ai frettolosi. A chi è affetto da eiaculazione precoce del pensiero e del giudizio, per questa maledetta voglia di sentirsi ‘contro’. Perché fa tendenza, perché in qualche modo permette di assumere in un ruolo in una rappresentazione che altrimenti ti limiterebbe ad anonima comparsa. Zero a questa tendenza di colorare di verde i giardini degli altri e di immaginare il proprio come triste e decadente. “Qualunque cosa venga prodotta frettolosamente tra i rifiuti finisce facilmente”. Così è accaduto con i giudizi estivi. Ora è giusto lasciare il tempo necessario a questa squadra di comprendere ed assimilare una nuova filosofia. 

Uno alla protervia laziale nei commenti post gara. C’è chi parla di dominio per 35’, chi come Inzaghi si diverte ad elaborare teorie bizzarre per mascherare una superiorità del Napoli che alla fine si è imposta come una verità ancora molto salda. Una gara di calcio va analizzata superando la montagna ingannevole degli episodi, percependo le sensazioni che arrivano mentre la si osserva. Al netto di qualche sbandata, il Napoli ha sempre tenuto saldo lo sterzo di un match nel quale ha sempre tenuto in mano lo sterzo. Con buona pace di Inzaghi, rosicone contro il Napoli, accomodante con i potenti.

Due i gol che i ritardi nel segnale di DAZN hanno trasformato in gioie dilatate e squarciata in una macchina temporale. Come Sant’Agostino che teorizzava la soggettività del tempo, così nella nuova piattaforma accada che Milik segni su uno schermo mentre in un’altra casa il segnale stia ancora trasmettendo il gol di Immobile. Lo strano fenomeno di massa ha coinvolto interi condomini, con urla sparate a caso nel corso della gara, esultanze anticipate che hanno catapultato lo spettatore su una montagna russa emotiva che a fine gara eri più stremato di Callejon. Parafrasando un meraviglioso aforisma di ‘Così parlo Bellavista’, possiamo dire che ‘Si è sempre pezzotto di qualcuno’. Male, anzi malissimo.

Tre al bar come fashion blogger a Formentera al tramonto. L’aperitivo amaro lo serve un tutt’altro che Immobile Ciro, che lascia di pietra come fosse Medusa la difesa del Napoli al primo sguardo intenso. Un’istantanea che racconta i difetti di una fase difensiva che sta subendo una mutazione importante, che spesso confonde vecchie abitudini con nuovi dettami. È la confusione di un’anziana madre, che pigia forte per schiacciare i tasti quando ha invece un telefono touch-screen. Niente di non recuperabile, questione che Ancelotti ha archiviato con grande intelligenza: "Beh sì, avrei voluto ammazzarli in quel momento… Ma poi ho pensato che sono belli grossi e non sarebbe stato il caso”.

Quattro al provocatore Radu. Uno capace di litigare anche con Callejon, uno che cerca di trasformare ogni contatto in una scintilla che possa accendere una miccia più grande. È lo specchio di una squadra troppo arrogante, che si ritrova ad aggiornare il personalissimo pallottoliere delle ultime tre gare giocate contro il Napoli: fate undici gol subiti e tre sconfitte negli ultimi tre confronti.

Cinque come il quinto posto pronosticato dalla Gazzetta e da Tuttosport. Griglie che vanno stampate con cura, affisse in una teca da esporre a Castel Volturno per accrescere la voglia di zittire giudizi insensati. Una squadra da 91 punti che viene messa dietro chiunque solo per aver perso qualche amichevole estiva. Il degrado comunicativo di una stampa che oramai non fa altro che fiutare le sensazioni raccolte sui social e rielaborarle appiccicandoci un logo. Una mancanza di rispetto assoluta verso il lavoro di una squadra che avrebbe meritato maggiore considerazione. Il giudizio sul mercato è un conto, l’analisi del valore della rosa è un altro. Cancellare in un battito di ciglia il +14 sulla Roma, il +19 sull’Inter ed il +27 sul Milan del campionato scorso è operazione da chirurgo estetico truffaldino e poco preparato. Come sempre, basta sedersi in riva al fosso ed attendere…

Sei a chi ha l’onesta di riconoscere che qualcosa va migliorato. È esercizio più mentale che fisico, predisposizione ad un nuovo ordine di idee. È un Napoli che si rispecchia nelle bellezze del suo passato ed insegue una pragmatica da abbinare all’estetica. Percorso iniziato con delle fisiologiche difficoltà, come quel processo di maturazione che ti porta a passare dal Pandoro al Panettone. Si chiama consapevolezza di sé, capacità di aprire la mente alla possibilità che si può essere anche diversi da come si era, senza per questo essere peggiori. Posate il mitra, per buttare veleno su questa squadra dovrete aspettare ancora un pochino.

Sette all’eterno ritorno di Callejon. C’è uno stralcio del pensiero nietzschiano nell’avventura in azzurro dello spagnolo: puntualmente messo ai margini dai grandi profeti estivi, puntualmente fondamentale quando si mettono da parte le chiacchiere e si inizia a fare sul serio. Sale e copre su quella fascia con la pazienza delle onde, di andare e venire, ricominciare a fluire. Un punto saldo nel cuore di questo Napoli, una certezza che dà conforto in piena rivoluzione Ancelottiana. Una saldatura nel cuore e nella testa tra passato, presente e futuro. “L'eterna clessidra dell'esistenza viene sempre di nuovo capovolta e tu con essa” caro Josè.

Otto al peso del talento. Quello che Insigne porta con leggerezza su quella fascia che è ormai diventata contesto naturale dove esprimere la propria arte. Titubante nella prima parte della rappresentazione, ma è solo una prova generale di quello che sarà. I minuti scorrono veloci, la mentre ricerca parole da tramutare in versi. È il pensiero che rincorre l’atto pratico, la luce che si infila dentro ad un buio tunnel e risulta ancora più accecante quando trova una via di fuga. L'inizio della notte che consiglia di essere anche meno giudizioso. Rischiare è come provare a battere le ali nella speranza di farsi aiutare dal vento. Lorenzo all’aria affida un destro che accarezza prima l’atmosfera, poi una rete che si gonfia come il petto per l’orgoglio. Genio al lavoro. Non disturbate con le vostre sciocchezze. Come sempre perdonali Lorè, non sanno quel che dicono.

Nove al nove puro, ad un rapporto particolare con la rete, di complicità assoluta. Milik è mascellone che flirta costantemente con il gol, come fosse un vitellone a caccia di tedesche sulla riviera romagnola. Struttura fisica ingannevole quella del polacco, che è bravo in tutto quello che fa e soprattutto sente la porta come un rabdomante a caccia di acqua nascosta in profondità. Il vero segreto di un bomber è quello di lasciar pensare agli altri di non poter mai far gol. Un tranello che Arek riesce ad attuare con grande astuzia, al punto da falsare giudizi che sarebbero asfaltatati da una veloce consultazione delle medie realizzative. Ma noi siamo fatti così, confiniamo la felicità a qualcosa di lontano, che ancora non abbiamo. Invece la felicità potrebbe avere la faccia pulita di un ragazzo che ha una voglia tremenda di presentarsi alle porte della sorte e prendersi la meritata vendetta. 

Dieci al carattere, prima di tutto il resto. Al vecchio ed al nuovo che si fondono, alla meravigliosa eredità di Sarri che non può e non deve essere trascurata. Alla devastante semplicità di Ancelotti, uomo che ha affidato la sua gloria ad una velocità di pensiero che non può non essere esaltata. Bisogna solo mettere da parte le stupide paure, le polemiche sterili, l’esasperazione dei toni. È come quando vuoi tuffarti in una piscina e temi che l’acqua possa essere fredda, ma sei consapevole che quando ti sarai buttato andrà tutto bene. È soltanto la paura dello shock che ti trattiene. In sostanza l’unica cosa di cui hai paura è il passaggio da uno stato all’altro, il cambiamento. Chi ha dichiarato guerra a questo nuovo corso deponga le armi, firmi un armistizio e dia tempo ad una squadra che è crisalide che vuole diventare presto di nuovo farfalla.