Da Zero a Dieci: la finta tragedia, le malignità su Carlo, la sindrome ‘Selvaggia’ e la bilancia di Milik

15.03.2019 12:14 di  Arturo Minervini  Twitter:    vedi letture
Da Zero a Dieci: la finta tragedia, le malignità  su Carlo, la sindrome ‘Selvaggia’ e la bilancia di Milik
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(di Arturo Minervini) - Zero dubbi sulla qualificazione. Quando Milik dopo 14’ ha infilato la porta di Walke, il tempo che restava da giocare è diventato un lungo allenamento considerando che il Napoli avrebbe dovuto prendere cinque reti per uscire. Ogni analisi non può che partire da questa premessa, perché nel calcio le motivazioni fanno la differenza. È come andare a fare un’esame all’Università con il Prof. che ti ha già scritto 30 e lode sul libretto, ma continua a farti domande: evidente che la concentrazione e l’impegno siano differenti. Quindi, prima delle sentenze mortifere, consideriamo tutte le attenuanti del caso.

Uno l’errore che cambia volto ad una gara sino a quel punto controllata senza affanni. La prova provata dell'illecito di volontà commesso e contestato agli azzurri è nel passaggio di Allan in orizzontale che spiana la strada alla rete di Dabbur. Se stacchi la spina è difficile far funzionare ogni tipo di macchina e le squadre di calcio non funzionano molto diversamente. Le motivazioni del Napoli sono crollate dopo il gol di Milik, allo stesso modo di come Chiellini rotola nella sua area di rigore per trasformare un rigore contro in un fallo a favore. 

Due assenze pesanti, che sono in realtà tre. Qualcuno lo dimentica, ma il Napoli di fatto ha giocato con il quarto e con il quinto centrale della rosa, perché oltre agli squalificati manca da tempo l’infortunato Albiol. Se a questo si aggiunge la bandiera bianca sventolata dallo sfortunato Chiriches al 77’, si può ben comprendere un’instabilità che rende il Napoli più vulnerabile di Bridget Jones in preda ad una crisi esistenziale mentre intraprende una relazione con due uomini: Ciocco e Lato. 

Tre reti segnate all’andata, tre subite al ritorno. A fare la differenza, a conti fatti, la girata di Milik a Salisburgo ed il miracolo nel finale del match al San Paolo di Meret. Un’eredità importante, un insegnamento altrettanto prezioso: nel doppio confronto non esiste un pallone che non possa diventare fondamentale per la vittoria. Nella vita ci sono lezioni che può imparare ancora quando sei in tempo, quando hai la possibilità di correggere le tue imperfezioni. Ecco perché questa è un’opportunità, non certo una tragedia eschilea.

Quattro a chi pensa di dover giudicare anche uno che esulta per aver passato un turno, come se esistesse una scala mondiale della gioia. A fine gara Ancelotti stringe i pugni perché temeva questa gara di ritorno, la freschezza di un avversario ad un passo dalla finale lo scorso anno. È un lato umano che andrebbe apprezzato, in un pallone fatto di robot e di frasi che hanno il sapore di un cibo masticato mille molte. Viva la genuinità di Carlo, anche in qualche sua piccola debolezza. La sindrome ‘Selvaggia Lucarelli’, con l’ossessione di dover per forza esprime un’opinione o dare un voto a qualsiasi cosa, lasciatela a Selvaggia. Che già basta ed avanza.

Cinque gare da giocare per dare un volto storico a questa annata. Tutti i discorsi di mentalità, di crescita, di maturità troveranno concreta applicazione nelle sfide che il Napoli ha davanti verso quell’obiettivo che manca da troppo tempo. Servirà cattiveria, applicazione, allineamento astrale favorevole, ma la certezza è che, come dirette il professor Frederick Frankenstein, ‘Si può FARE!” 

Sei al tunnel in area di rigore di Hysaj in uscita. Quando pensavate di averle viste tutto dopo Cecchi Paone al Grande Fratello Vip, o Corona che va a fare lezioni di etica in tv (spazzatura), ecco che arriva l’albanese a disegnare nuovi orizzonti della fantasia. Brividi assoluti. 

Sette all’Assist cieco di Fabian al minuto 9’. Ci sono frammenti in una gara che vanno scissi da tutto il resto, rappresentano atti isolati di bellezza che vanno preservati e conservati nella cassaforte della memoria. Come possa, uno con la sua altezza, con il corpo tutto sbilanciato dalla parte opposta, trovare la forza di crossare quel pallone al buio per la testa di Milik, lo sanno solo gli dei del calcio, che gli hanno donato qualcosa di diverso rispetto agli altri. Nemmeno Sirio il Dragone contro il Cavaliere Medusa era stato capace di tanta precisione agendo senza il dono della vista. 

Otto squadre ed il Napoli c’è. Esserci è importante, esserci significa competere, esserci è una conferma che questa stagione è tutt’altro che un fallimento. Togliamoci tutti questa puzza da sotto al naso, cancelliamo quest’aria snob che non ha nessun fondamento storico. Possibile essere diventati una tifoseria più frigida della Marnie di Alfred Hitchcock? Non sarebbe meglio ispirarsi a Lorenzo il Magnifico? ‘Chi vuol essere lieto, sia: di doman non c'è certezza”.

Nove a quello che non segna mai gol pesanti. Al dietologo della rete, che fa marcature a zero zuccheri come fosse una Coca Cola Light. Ora prendete una bilancia, raccogliete il pallone girato in rete in mezza girata da Milik, e provate vedere quanto pesa, magari ha preso qualche chilo. Si accartoccia su quel pallone vagante fondendo l’ignoranza del bomber d’area di rigore e con la plasticità di chi ha una tecnica da seconda punta, osmosi tecnica e fisica che gli permettono di far convivere due anime nello stesso corpo. Per Arek sono 17 in stagione ma la vera, reale notizia è che Napoli non può fare a meno di lui nella strutturazione datagli da Ancelotti. Toglieteci tutto, ma non il nostro Milik..

Dieci ad una visione globale del cammino europeo. Ad un girone di Champions giocato mettendo alle corde Liverpool e Psg, alla forza di ributtarsi con la giusta testa nella nuova competizione. È un passaggio che sembra banale, ma che banale non è. Ancelotti con umiltà si è rimboccato le maniche e sta affrontando una Coppa dove non serve solo la qualità, come in Champions. Serve sudore, fatica, coraggio, fortuna. Serve capire che certi avversari sono più forti di quello che racconta la loro storia, perché hanno struttura e metodo per giocare certe partite. Il Salisburgo ne è l’esempio più evidente. Ai quarti di finali europei il Napoli, con la Juve, è l’unica squadra rimasta a rappresentare l’Italia. Vorrà significare pur qualcosa, no?