Da Zero a Dieci: la grande bugia di Reina, il gesto irriverente di Mertens, l’asteroide sulla testa di Hamsik e gli sfigati razzisti impuniti

11.09.2017 10:29 di  Arturo Minervini  Twitter:    vedi letture
Da Zero a Dieci: la grande bugia di Reina, il gesto irriverente di Mertens, l’asteroide sulla testa di Hamsik e gli sfigati razzisti impuniti
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© foto di Insidefoto/Image Sport

(di Arturo Minervini) - Zero le reti incassate. La conferma che in alcuni casi i numeri siano più falsi di Fantozzi che dice di essere stato nella nazionale di Sci alpino. È una gara strana quella di Bologna, è un primo tempo giocato con un grande cuore dalla squadra di Donadoni. Ed il cuore è sempre pericoloso, irrazionale, illogico. Con il cuore si può lottare con i giganti, il Bologna ci ha provato ma è stato poi devastato dal suo stesso sforzo. Il numero 0 alla casella gol subiti è una grande bugia, che si materializza grazie alle parate di Reina.

Uno come il tempo regalato ai padroni di casa. È un Napoli diverso dal solito quello che inizia la gara del Dall’Ara, che non riesce a mettere in pratica i suoi principi e si innervosisce, proprio come quando provi ad aprire una bottiglietta d’acqua e ti scivolano le mani. Gesti che hai ripetuto mille volte e che invece per assurdo non ti riescono. Accade questo, può accadere qualche volta. Senza farne un dramma, senza però dimenticare che sia successo. In alcuni casi sbagliare è la cosa migliore che ci possa capitare.

Due giorni per mettere da parte le tossine e proiettarsi nuovamente in clima Champions. Mercoledì un altro appuntamento da non fallire, con un vantaggio che arriva dal preliminare. Mentalmente il Napoli ha già gustato l’aria europea in questa stagione, l’inno Champions farà tremare le gambe meno del solito. Con lo Shakhtar bisognerà essere duri a morire che nemmeno Bruce Willis. “Non c’è mai una seconda occasione per fare una buona impressione la prima volta”. 

Tre punti per proseguire la corsa, tre punti anche senza doversi necessariamente specchiare per ricordare la bellezza del proprio gioco. Un’anima che si divide in due, che ritrova la pratica mettendo anche un po' da parte l’estetica e che scappa dalla grande trappola che poteva imprigionare Sarri: “Può darsi che, non trovando nulla al mondo degno del mio amore, finisca con l'adorare me stesso, come il fu Narciso di egoistica memoria”. Quando serve in campo bisogna mettere più sudore che eleganza. Così ha fatto il Napoli fino a che quel lampo di Josè si palesasse ad indicare la retta via che sembrava smarrita. 

Quattro sfigati. Continuano a bollarli così, solo per fingere che il problema non esista, solo perché non si ha voglia di risolverlo. Risuonano ancora inni all’odio contro il popolo napoletano allo stadio Dall’Ara, ennesimo capitolo di un libro macchiato dalla vergogna. È lo specchio di uno Stato che non difende, che non previene, che ‘se ne fotte’. Da cori che portano odio, ad acqua che da fonte di vita si trasforma in assassina. Napoli è vicina a Livorno. Napoli è sempre vicina a tutti, anche quando cercano di farla allontanare.

Cinque cambi su cinque. Tra le certezze di questo periodo oltre al fatto che se fai richieste assurde ti cadono asteroidi sulla testa, c’è la sostituzione di Hamsik. Ancora una volta non è un ‘Buondì’ per il capitano azzurro, intrappolato nelle pieghe di una condizione che non riesce a decollare. Come nelle sabbie mobili, in questo momento meno se ne parla e meglio è. Sbraitare o avere fretta di liberarsi potrebbe avere l’effetto contrario. In attesa che torni il VERO CAPITANO godiamoci lui (vedi al punto sei)

Sei semplicemente forte, fortissimo: una dichiarazione d’amore spudorata per Zielinski: Piotr non è un calciatore normale, è uno che provoca uragani ogni volta che si mette in azione con il suo motore 4x4. La sua zampata nel finale si infila come un paletto di frassino nel cuore di un Bologna versione Dracula, polverizzato alla vista di questo sole polacco dopo aver cullato per tanti minuti la vendetta. La rete finale del polacco è il raggio solare che trasforma in cenere il Conte Donadoni, mai. Se si presta attenzione si può sentire il rumore del legno che affonda nel cuore felsineo. Un’inquietante melodia di piacere dopo un’ora di grandissima sofferenza. Poi la gara è cambiata, proprio quando è entrato Zielinski. Dite che è solo un caso?

Sette è il numero di un caso che meriterebbe l’attenzione dell’OMS, l’organizzazione mondiale della Sanità. Uno strano incrocio di cellule ha generato l’essere perfetto, immutabile ed intangibile. Ripetere sempre la stessa manovra, sbagliare e ripartire. Un inno alla determinazione, un trattato di costanza suggellato sulla fascia destra. Tutti sanno che accadrà, tutti prevedono che sta per accadere. È un film già visto, del quale conosci sempre il finale. Eppure, riesce sempre a farti piangere. Il Titanic del Bologna si chiama Josè, dietro alla macchina da presa c’è il regista Insigne. Ciak, si gira: la scena è la stessa, il finale anche, con Callejon che esulta braccia al cielo.

Otto alla solidità di Allan. Lottatore mai domo, strenuo difensore di una metà campo che ha faticato per lunghi tratti. Il dimenticato, quello che ad inizio stagione viene sempre tenuto fuori dalle formazioni tipo. Brasiliano atipico, tipicamente unico nella sua semplicità di lavoratore instancabile che non disdegna la qualità. Non sarà mai chef stellato, perché non dedica molta cura all’impiattamento, ma al palato il suo lavoro ha buon gusto e non ti lascia mai a pancia vuota. Per dirla alla Mengoni: Essenziale. 

Nove come la prova matematica. Tre gare, tre reti a partita, nove in totale. C’è la conferma matematica che si abbina all’epicità della letteratura a celebrare un attacco formidabile, irrefrenabile, incontinente più di un bambino in un viaggio in autostrada. Lorenzo col compasso anche quando è svogliato, Josè secchione che fa sempre i compiti, Dries puro istinto nel tunnel della gioia costruito tra le gambe di Mirante. Singoli che si esaltano dentro un collettivo esaltante, sistema che si esalta con le invenzioni dei singoli. È una sinergia perfetta, un’unità di intenti che lascia poco spazio alle rivali quando ognuno fa il suo. Un antico adagio africano dice che “Se le formiche si mettono d’accordo, possono spostare un elefante”. Immaginate cosa può fare questo Napoli.

Dieci alla fatica, che non guasta mai. Perché ti ricorda da dove sei partito, perché ti spiega che sei vuoi arrivare dove sogni c’è da lottare ogni secondo. È un Napoli sporco ed anche cattivo, quello che ogni tanto ci piace vedere. Le idee spesso fanno a cazzotti con la realtà, non sempre tutto segue i piani prestabiliti. Adattarsi è l’unica strada per sopravvivere ai cambiamenti. Il Napoli sta iniziando a capirlo. “Con il talento si vincono le partite, ma è con il lavoro di squadra e l’intelligenza che si vincono i campionati”. Se lo dice uno come Michael Jordan, bisogna crederci.