Da 0 a 10: l’acquisto con clausola mostruosa, l’ira di Gattuso sulla stampa, la Rai fa infuriare i social e il bus verso Lipsia

Demme incanta il San Paolo, Insigne segna una rete meravigliosa che manda la Lazio al tappeto: Gattuso gode ma ora vuole continuità dal Napoli
22.01.2020 12:31 di Arturo Minervini Twitter:    vedi letture
Da 0 a 10: l’acquisto con clausola mostruosa, l’ira di Gattuso sulla stampa, la Rai fa infuriare i social e il bus verso Lipsia
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(di Arturo Minervini) - Zero fiato a fine gara. Il lampo, come una carezza ad una lampada che da tempo non esaudiva i desideri. Insigne si riscopre geniale per una notte che può cambiare umori e sensazioni, prospettive e stati d’animo. La sofferenza è immensa, le istantanee da lasciare senza fiato troppe. Al triplice fischio è  come aver corso una maratona sotto le 2 ore Kipchoge. Respiro lungo. Finalmente una notte da conservare al cuscino con dolci pensieri. La gioiosa sofferenza che accompagna le vibrazioni dell’attesa di un triplice fischio che il suono liberatorio di un Inno alla Gioia. 

Uno alla cronaca sbilenca Rai. Capace di infastidire, irritare, lasciare sfoghi disseminati sul corpo alla stregua di quelle etichette all’interno del colletto delle maglie intime taglienti come una Katana forgiata dal maestro Masamune. Il racconto leggermente spostato in direzione Formello ha lasciato molte tracce sui social ed un leggero fastidio nelle orecchie. Mamma Rai tiene a cuore tutti i propri figli. Qualcuno, evidentemente, un pochino di più…

Due minuti. A volte bastano due minuti per mettere da parte le paure. Due paure per dare chiarore ad un cielo che ti stringeva i fianchi con plumbei presagi. La vita è fatta di occasioni, possibilità, momenti che sanno essere così distanti dagli altri. Paletti fissati nella storia di una stagione, in totale rottura con quello che hai vissuto fino al momento precedente. Della parola svolta si abusa, quasi quanto della parola ‘IO’ nei discorsi con gli amici. Quel gol dopo 2’ può essere la svolta per un ‘NOI’, un gruppo che sa ritrovarsi a metà strada. Che vuole ricucire le proprie vesti strappate, una Penelope che di giorno tesse e che di notte va a dormire, senza rovinare il lavoro svolto con tanto amore. Cuciamoci insieme, per tornare a far sventolare alta la nostra bandiera. Rigorosamente azzurra. 

Tre metri sopra il cielo. Immobile ruba l’idea del mellifluo Moccia ed omaggia gli astri con il rigore che sorvola la traversa di Ospina, facendo capire da che parte stiano gli dei del pallone, per una volta schierati dalla parte giusta. “Scivola, scivola, scivola” è lo spot televisivo tormento (e ribadisco tormento, non tormentone) dell’anno, al punto da convincere Ciro ad eseguire pedissequamente il comando. Inversione della sorte, pena del contrappasso di tacchetti traditori che avevano tradito in passato Di Lorenzo, Koulibaly e Zielinski contro Parma ed Inter. Un agguato al dischetto del rigore di un sabotatore rimasto ignoto, un ‘Eroe per caso’ che vorremmo abbracciare per tributargli la gloria che merita. “Al momento giusto siamo tutti eroi, anche chi meno se lo aspetta”.

Quattro legni che ancora tremano, ma a meritare una menzione a parte è il destro piazzato di Mario Rui è fendente che sfida la gravità e squarcia il momento, pretende la massima attenzione e solo per immensa sfortuna non si trasforma in un poster da incorniciare nella parete dei ricordi. Mario che mira l’incrocio con il piede non suo, Mario che è in area di rigore a testa bassa a caricare la Lazio spremendo le ultime residue rimaste, Mario che rincorre Lazzari e poi Acerbi nel finale. Mario è la conferma che il coraggio di rischiare, uscendo dalla zona di confort, può regalarti occasioni inattese. Quel destro, piede non suo, avrebbe meritato di concludere il suo viaggio tra le braccia delle rete.

Cinque a Luperto. Perché smaltita la gioia, non si può far finta di non vedere. Entra a gara in corso, e non è mai semplice, ma il livello delle prestazioni resta ancora tendente verso l’idea che sia nel luogo sbagliato. Ci sono stoffe diverse per fare un vestito ed il generoso Sebastiano ha già più volte palesato di essere fatto di un materiale che probabilmente non corrisponde alle esigenze del Napoli. Magari il ragazzo si farà, anche se non ha le spalle strette. Ad oggi resta improponibile come dei pantaloni leopardati alla Messa per celebrare la Beatificazione di Giovanni Paolo II. Fuori contesto.

Sei secondi di follia e Lucas Leiva omaggia il Napoli di un regalo da scartare con grande parsimonia. In stile Beppe Grillo, il ‘Vaffa-Day’ del brasiliano contro l’arbitro Massa può rappresentare il primo passo della rivoluzione azzurra. Sei stato davvero un amico Lucas, Obrigado.

Sette alle cose al proprio posto. A Di Lorenzo che torna a destra e giganteggia, al titanico Manolas che si esalta quando respira l’aria rarefatta della battaglia. Generale greco che scruta dal promontorio il nemico e non arretra di un centimetro, pura foga agonistica al servizio della causa. La stessa che riversa Gattuso nelle parole post gara, scagliandosi ancora contro la stampa per le voci sui contrasti con Allan e sul ritiro ‘Pigiama-Party’. Ringhia Ringhio e fa bene, ma ora ritrovi la forza della normalità, l’incontenibile forza nascosta nelle piccole cose. Giusto qualche tempo fa, Orazio aveva già scritto l’elogio della semplicità: “Detesto, ragazzo, gli sfarzi persiani, corone intrecciate con fil di tiglio: non cercare in qual luogo per ultima indugi la rosa tardiva”.

Otto agli ingranaggi, a cui non bisogna chiedere gesti epici o imprese mirabolanti. Gli ingranaggi hanno uno scopo preciso: far funzionare le macchine. "Gli ingranaggi sono come le persone: a furia di stare insieme prendono le sembianze reciproche!” si sentenziava nella migliore offerta. Ecco, Diego Demme era la migliore offerta presente sul mercato. Perché Al Napoli mancava un pezzo, come un tassello da inserire sotto al tavolino della casa al mare che fa rumore. Magari meno vistoso, meno luccicante. Non per questo meno importante. Forse abbiamo trovato quel pezzo.  E dico il forse solo perché cerco di soffocare l'entusiasmo. Perché altrimenti scriverei che ho impostato il navigatore con destinazione finale 'Lipsia', per dire semplicemente un grazie. Ma voglio restare umile… Proprio come Diego.

Nove allo slalom. Non quello meraviglioso tra le maglie biancocelesti che precede il colpo in buca d’angolo che vale la vittoria. No. Lo slalom di Insigne è quello tra i detriti di una stagione che prodotto più macerie che gioie, frutto di scelte sbagliate in campo e fuori anche di Insigne. Scavarsi dentro, ritrovare la forza, barcollare e magari anche cadere. Rischiare di perdersi nelle ‘Terre Selvagge’ di un’annata schizofrenica. Insigne, in esplorazione solitaria ‘Into the Wild’ come Christopher McCandless, riafferma un principio meraviglioso: “La fragilità del cristallo non è una debolezza ma una raffinatezza”. Lorenzo che aizza il San Paolo dopo un recupero difensivo, che si batte più volte le mani al petto, che vuole ritagliarsi un finale differente. Forse Napoli-Lazio è davvero la notte che chiude un ciclo. Un ciclo lungo, meraviglioso, estasiante. Forse, però, Napoli-Lazio può aprirne uno nuovo. Un ciclo in cui Lorenzo vuole assolutamente essere protagonista. 

Dieci all’acquisto con la clausola rescissoria monstre. Perché non esiste cifra per blindare una passione. Perché non c’è statistica che renda onore all’impatto di un San Paolo che vibra di energie positive. Perché il patrimonio dell’Unesco da tutelare è quella sensazione lì. Quella voce rotta dall’emozione, quel coro che simula una spavalderia anche nel momento di terrore. “Non l’avremmo portata a casa” senza la nostra gente dice Gattuso. E dice la verità. Perché siamo quello. Perché lo siamo sempre stati. Perché vogliamo tornare ad esserlo. Perché il Napoli ne ha bisogno. Perché, in fondo, ne abbiamo bisogno anche noi. Perché ci siamo infuriati, ma alla fine siamo tornati. Sempre da te. Senza troppe parole. Con in mano, come sempre, un raggio di sole. Eterno ritorno che sfocia dentro al mare, evapora come una passione che fa nascere Venere. L’amore è nell’aria. È rinato. Non era mai morto.