Da Zero a Dieci: le facce devastate in TV, i razzisti umiliati da Kou, il ruolo segreto della Juve sul mercato ed i saluti alle mamme di ‘Libero’

22.01.2018 08:43 di Arturo Minervini Twitter:    vedi letture
Da Zero a Dieci: le facce devastate in TV, i razzisti umiliati da Kou, il ruolo segreto della Juve sul mercato ed i saluti alle mamme di ‘Libero’

(di Arturo Minervini) - Zero all’imbecille che pensa di poter scalfire una statua in movimento con una bottiglietta. A far male non è la plastica, ma la disperazione per una vita così insignificante vissuta da chi è infastidito dal colore della pelle di Kalidou. Una vita terrificante, un cervello inghiottito dall’odio che ai napoletani non può che fare pena e compassione. Immaginate quanto sia brutto svegliarsi in compagnia di quella testa, di quella coscienza, di quella vocina che ti fa gridare ‘buuuu’ ad una delle cose più maestose che si possano ammirare su un campo da calcio. Le scimmie siete voi. E facciamo una grande offesa. Alle scimmie. 

Uno il fotogramma sottoposto a decomposizione chimica. Ci hanno girato una puntata di esplorando il Corpo Umano, hanno vivisezionato le immagini che nemmeno il dottor Victor Frankenstein nei suoi esperimenti scientifici. “È più facile spezzare un atomo che un pregiudizio” diceva un Albert che qualcosa del mondo l’aveva capita. Pare proprio che in questo momento si debba sempre trovare una causa aliena, un’imperfezione, una colpa nel primato del Napoli. Un treno ad alta velocità ci ha portato da #Mertensacrotone a #MertensaBergamo. Sono gli hashtag dei rosiconi, indicano le sbarre di chi non è mai libero col pensiero, con la penna e con le parole.   

Due assist di Verdi a Bologna, pochi minuti col Sassuolo per Politano. Obiettivi sfumati che non riusciamo a rimpiangere, che non possiamo rimpiangere. Giocare in questo Napoli è un privilegio di pochi, è l’ingresso in un’Accademia delle Belle Arti a numero chiuso. Come entrare alla corte di Lorenzo il Magnifico, contemplare la bellezza e lasciarsi trascinare da un senso mistico devoluto all’assoluto. Resti a mollo nel fiume delle proprie insicurezze Verdi, guardando la targa di un treno che non passerà più. Politano, invece, a Napoli ci sarebbe venuto anche a piedi, quasi in pellegrinaggio verso la Terra Santa. Come ha detto Sarri: “Marotta l’ha tolto dal mercato” e quando la grande piovra del mercato allunga i tentacoli meglio cambiare strada. Si rischia l’infezione. 

Tre punti in trasferta. Ancora. È la decima volta in undici gare on the road. Ed è ancora 0-1 come in tre delle ultime quattro lontano dal San Paolo. E come prendere l’argilla, lavorarla con le mani trasmettendogli tutto quel calore che hai dentro come Demi Moore. È un sogno che prende sostanza al punto che può toccarlo, provare a modellarlo e renderlo sempre più simile al tuo Iperuranio. Con la fatica e con la passione, con il sudore e con il talento. Generi differenti che si sono dati appuntamento allo stesso luogo ed alla stessa ora per scoprire che “i limiti sono soltanto delle convenzioni che attendono di essere superate”.

Quattro punti sulla Juve (in attesa del posticipo), undici sull’Inter del Fenomeno Spalletti e quattordici sulla Roma (che ricordiamo con una partita in meno potrebbe superare il Napoli. AH NO?). Il Napoli ha preso i sogni di gloria di nerazzurri e giallorossi e li ha strappati come fossero aeroplanini di carta. Ha logorato nemici non attrezzati per tenere il suo passo, ha sfigurato i volti di commentatori televisivi che in tutti i modi avevano provato a raccontarci di una grande Inter e del rivoluzionario Di Francesco. Più falsi di Joe Bastianich che seleziona la carne da McDonald’s.

Cinque sulla schiena, cinque nell’anima di chi vibra come la divinità induista Shiva, capace di dominare i cinque elementi ed i cinque sensi. Una visione onirica sembra ritrarlo mentre si erge dall’erba come una pianta che trascina gli avversari con la sua forza distruttiva. Aggrappati ai suoi rami tanti atalantini che vengono divelti come fossero pali della luce. Esplosione di forza indirizzata nella giusta direzione, eccellenza di spirito sacrificio soggiogato da una giusta causa. Una causa che difende anche a fine gara, quando un raccattapalle inferocito mostra il dito medio agli azzurri (follia). A breve qualcuno si accorgerà che gli esperimenti sulla clonazione umana sono ripartiti. Il laboratorio ha sede a Castel Volturno. 

Sei punti presi con la bestia nera. Dateci qualche bestia nera. Inventiamoci che il Bologna è bestia nera, che la Spal è bestia nere. Come uno spot di Cetto La Qualunque: “Più bestie nere per tutti”. L’Atalanta che tira una volta in porta sembra ascoltando alcune telecronache l’invincibile armata, stoica, leggendaria, perfettamente organizzata. A guardarla ad occhi bendati sembrerebbe che il Napoli ci sia capitato per sbaglio sullo stesso terreno da gioco di una squadra che parrebbe provenire da un pianeta differente dal nostro. Poi guardi le statistiche e ti viene il dubbio che ti stiano prendendo diciamo per il lato B. Un solo tiro in porta per la squadra di Gasperini, con un Reina fenomenale nel disinnescarlo che nemmeno Marco Giallini in ‘Perfetti sconosciuti’. Come più volte ha fatto ‘Libero’, portate anche voi i saluti alle vostre care madri.

Sette allo spagnolo. Quello che avrebbe bisogno di un sostituto. Quello che si inventa la giocata che è un lusso per pochi. Callejon inventa l’assist per restituire il sorriso a Dries ed apre le porte ad una gioia sconfinata per il popolo azzurro. Custode sempre attento della sua fascia, ago di una bilancia che alla fine pende sempre dalla sua parte. Non ha lo spunto della punta e nemmeno quello del dieci. Non è forte di testa e non sa tirare le punizioni. Eppure genera un amore sincero, una venerazione che appartiene solo agli uomini che hanno qualcosa di eccezionale nello spirito, prima che nelle loro chiacchiere. Che mondo sarebbe senza Josè.

Otto esperti sociologi, dodici assistenti sociali, trentanove angolazioni a riprendere l’accaduto, centonovantotto ore di replay. Insigne che reagisce al cambio è stato l’evento mediatico dell’anno, il docufilm trasmesso in tutto il mondo con tanto di sottotitoli come fosse una puntata di Gomorra. Estrarre una parte del racconto, la più marginale, e farla diventare la più interessante è operazione disonesta e scorretta. Come ergere a protagonista di un film chi ha il proprio nome dopo dodici minuti di titoli di coda. Non ci provate, anche perché a chiudere la partita ci aveva pensato già Sarri con quel ‘Vai su e stai zitto’. Lucido e fiero Maurizio, consapevole che esiste un bene superiore a quello dell’individuo. Un bene chiamato Napoli.

Nove gare. Infinite. Logoranti. Con il tarlo del gol che ti penetra nella testa come un parassita. E poi la magia. Un campo aperto, il verde di una speranza ritrovata. Per un secondo il silenzio di paura di uno stadio infettato dal razzismo. Arriva la cura. L’iniezione letale che manda al tappeto l’orco. Mentre corre verso quella porta, il cattivo pensiero di un lungo digiuno lo assale, rischia di prendere il sopravvento. Poi la visione limpida, lucida, ineluttabile: davanti agli occhi la porta spalancata ed un pallone che gira come un vinile in attesa di emettere il suo miglior suono. Il destro è musica che squarcia il petto. Il rumore della rete che prende la forma desiderata arriva ad alta velocità fino al centro del cervello. L’aurea di Dries torna a risplendere che quasi sei costretto a chiudere gli occhi. Le stelle non smettono di brillare, si evolvono, cambiano luminescenza. Gli esperti di astronomia hanno segnalato la nascita di una SuperNova che si piazza sulla testa di Bergamo. E chi lo ferma più adesso?

Dieci ad un gruppo che a definirlo granitico non rende l’idea. “Ricorda sempre: la vera forza di uno spartano è il guerriero al suo fianco”: principio che espresso alla perfezione da una squadra che ha sempre voglia di aiutarsi. Nessuno è mai solo in questo Napoli, c’è sempre una soluzione o una copertura quando qualcuno è fuori posizione. Alla guida lui, comandante del cuore e della testa. Capace di dare equilibrio ed emozione, frenata ed accelerazione. Sarri è il nucleo vivente di una creatura che si propaga come l’Albero della Vita in ‘Avatar’. Sarri è quel faro che gira intorno all’universo azzurro per non fargli mai perdere la giusta direzione. È una storia così bella, già da adesso, anche senza conoscerne il finale. La fine è solo un modo per tirare le somme, per questa necessità dell’uomo comune di dover giudicare. In realtà vorremmo che questo viaggio non finisse mai, sospeso dentro una gioia fluttuante nell’aria, al punto che possiamo respirarla.