Marchetti e un caso irrisolto. Mutu, sfrutta questi errori della Fiorentina

Nato il 01.07.1972, avvocato, iscritto al Foro di Bergamo, ha collaborato sino al 2009 con l'Università di Bergamo alla Cattedra di Diritto Privato prima e quella di Procedura Penale poi, socio dello studio legale Di Cintio- Ferrari.
14.01.2011 10:00 di  Cesare Di Cintio   vedi letture
Marchetti e un caso irrisolto. Mutu, sfrutta questi errori della Fiorentina

La giustizia sportiva nella settima appena trascorsa ha palesato evidenti segnali di inefficienza che, a mio giudizio, meritano di esser censurati poiché un soggetto che dalla medesima avrebbe dovuto esser tutelato, al contrario, ha rischiato ( e rischia) di esser danneggiato.
Vero che i Tribunali Ordinari in Italia sono lenti ma, almeno, mai a nessuno sino ad oggi è stato negato un processo come, invece, è accaduto all'ex portiere della Nazionale nell'ambito di quelli calcistici.
Da uomo di legge ritengo che la situazione debba esser stigmatizzata per sottolineare l'inefficienza di un sistema che mi auguro venga riformato al più presto dato che il principio della "terzietà", cui dovrebbe esser ispirato, comincia a mostrare evidenti segnali di cedimento.
Come tutti avranno capito mi sto riferendo al caso di Federico Marchetti, ottimo portiere nel giro della Nazionale e titolare agli ultimi Mondiali in Sud Africa, che si trova legato contrattualmente al Cagliari del Presidente Cellino dove però, negli ultimi mesi, non è riuscito a trovare più spazio nemmeno a bordo campo.
Marchetti nei mesi passati aveva convenuto avanti al Collegio Arbitrale della Lega di Serie A il club sardo che, a detta del giocatore, avrebbe posto in esser comportamenti vessatori per indurlo a scelte contro la sua volontà con riferimento al contratto che lo lega al club sino all'anno 2013.
Le richieste del giocatore in sede di arbitrato, instaurato con procedura d'urgenza e quindi vincolato a termini perentori, sono state le seguenti: risoluzione del contratto e risarcimento del danno subito a fronte della mancata convocazione in nazionale derivata dalla inattività dell'atleta.
In una sola parola: Mobbing.
Ovviamente il Cagliari si è difeso a 360 gradi sostenendo che l'esclusione dalle convocazioni è avvenuta per scelta tecnica e non per altri motivi e che il giocatore non veniva schierato semplicemente perchè non meritava.
Dal mio punto di vista, questa posizione, appare criticabile poiché risulta complicato giustificare come il portiere, titolare della Nazionale ai Mondiali scorsi, sia potuto improvvisamente diventare inaffidabile e non riuscire nemmeno a trovare uno spazio in panchina seduto accanto al massaggiatore.
I casi sono due: o la scorsa stagione i dirigenti del Cagliari e della Nazionale hanno preso un grosso abbaglio oppure esiste qualcosa che meriterebbe una spiegazione poiché Marchetti non può esser passato in poco tempo da Fenomeno a Bidone.
Credo che la difesa di Marchetti abbia condotto con abilità ogni scelta processuale e strategica per ottenere la risoluzione del contratto e consentire al giocatore di tornare a giocare, purtroppo, non è riuscita a "parare" un colpo che pochi si sarebbero aspettati: uno dei tre arbitri del Collegio, quello nominato dal Cagliari, si è dimesso senza fornire spiegazioni particolari.
Poco male, la logica e la normativa sportiva avrebbero voluto che il dimissionario fosse sostituito e a ciò avrebbe dovuto provvedere la Lega la quale, invece, se ne è lavata le mani.
Ed infatti, secondo il Presidente Beretta, in assenza di un contratto collettivo in vigore ( poiché non ancora sottoscritto) non sarebbe stato possibile alcun potere di surroga, ovvero sostituzione dell'Arbitro da parte della "Confindustria del Pallone".
A ciò si aggiunga che il Collegio, convocato con procedura d'urgenza, avrebbe dovuto pronunciarsi entro il giorno 8.01.2011, termine perentorio, decorso il quale il collegio sarebbe stato dichiarato decaduto con la conseguenza di dover rinnovare tutto il procedimento.
Queste due circostanze ponevano Marchetti nella impossibilità di avere un giudizio sulla questione da lui promossa e, in assenza di un accordo con la parte datoriale ( ovvero il Cagliari), di liberarsi dal vincolo contrattuale.
Sul punto non condivido la posizione assunta dalla Lega di serie A poiché, a mio giudizio, la mancanza di un contratto collettivo non può paralizzare l'operato di un organo negando giustizia ad un soggetto che cerca ristoro proprio presso quella sede.
Ritengo, invece, che pur in assenza di un accordo collettivo vigente avrebbe, comunque, potuto trovare applicazione il vecchio patto Lega- Aic del 2005 ( cui deve esser riferito anche il vecchio regolamento arbitrale), sotto la cui vigenza è stato sottoscritto il contratto tra Marchetti e il Cagliari e che prevede che tali controversie siano regolate da arbitrato.
Secondo tale interpretazione la Lega di Serie A avrebbe potuto agire in surroga e nominare l'Arbitro mancante per consentire la conclusione del procedimento entro i termini tassativi di cui ho detto in precedenza.
Inoltre non si capisce la diversità di trattamento rispetto al caso Cassano, normativamente identico a quello di Marchetti, dove nonostante le parole iniziali pronunciate dal Presidente di Lega circa l'impossibilità di gestire la controversia con arbitrato in assenza di contratto collettivo, questo si è comunque tenuto e si è svolto regolarmente.
Perché Cassano si e Marchetti no? Dobbiamo pensare che l'eventuale defezione di un arbitro del collegio Cassano avrebbe potuto paralizzare anche quel procedimento?
Condivido l'indignazione della difesa di Marchetti la quale ha attivato un giudizio in base a delle norme stabilite dal vecchio patto sindacale ( e regolamento arbitrale) e sempre in base a quelle avrebbe dovuto concludersi il medesimo in base al principio tempus regit actum: ovvero il dogma secondo cui valgono le regole del momento in cui il contratto è stato concluso per evitare pericolosi vuoti di giurisdizione ma, soprattutto, discutibili differenze di trattamento.
È chiaro che ora Marchetti potrebbe avere come alternativa quella del ricorso alla giustizia ordinaria innanzi alla quale potrebbero esser fatte valere richieste di risarcimento del danno anche nei confronti di chi ha erroneamente interpretato le norme sportive.
Il problema, nel caso Marchetti, sono i tempi stretti legati alla finestra di mercato che si chiude a fine Gennaio entro la quale è oggettivamente impossibile trovare ristoro presso la giustizia ordinaria la quale, invece, offre la garanzia di non poter esser paralizzata da discutibili interpretazioni delle norme.
Quello che sta succedendo a Marchetti è inaccettabile per un sistema che pretende di esser ispirato al principio di legalità e che dovrebbe tutelare la regolarità dei rapporti contrattuali che, invece, rischiano di risentire delle inefficienze di una giustizia sportiva ormai inadeguata rispetto all'evoluzione economico-finanziaria che il calcio business oriented ha subito negli ultimi anni.
"Fuori dal mercato e fuori rosa", queste sono state le parole del Presidente Andrea Della Valle, avanti ai microfoni di Sky, il quale ha chiuso le porte del mercato della Fiorentina con riferimento ad Adrian Mutu che, pochi giorni addietro, si era allontanato dall'allenamento senza fornire spiegazioni mancando di rispetto ( secondo il Presidente) a società, compagni ed allenatore.
L'ennesimo colpo di testa del talento Rumeno il quale riesce a far parlare sempre per le proprie imprese, calcistiche e non.
Solo qualche mese addietro era balzato agli onori ( si fa per dire) della cronaca per aver aggredito un cameriere di un locale notturno che poi lo ha denunciato.
La vicenda in esame è meno chiara e tutta la questione ruota attorno alla volontà del giocatore di accasarsi al Cesena nel mercato di gennaio.
Ciò che rileva, tuttavia ai fini del presente scritto sono le parole pesantissime del Presidente il quale ha dichiarato di voler tutelare l'immagine della Fiorentina nelle sedi opportune per il danno di immagine che il rumeno avrebbe arrecato alla società della quale è dipendente.
Da un altro lato, tuttavia, vorrei sottolineare che le parole "fuori mercato e fuori rosa" costituiscono una pericolosa presa di posizione della società dalla quale, al massimo, potrà conseguire una sanzione disciplinare nei confronti del giocatore per il comportamento tenuto. Per altro servono, a mio giudizio, motivazioni più forti e il caso Cassano ne è l'esempio.

Nemmeno insultare il Presidente può giustificare una risoluzione contrattuale, secondo la recente giurisprudenza.
Vedremo come si muoveranno le parti, certo è che entrambe hanno argomentazioni a proprio favore da spendere, speriamo solo di non dover assistere ad un altro caso Marchetti per il quale la vacanza di un contratto collettivo impedirebbe, teoricamente, la costituzione di un regolare Collegio Arbitrale. Rimaniamo in attesa per commentare anche questa vicenda.