Da Zero a Dieci: la guerra ad ADL, la clamorosa richiesta alla Fifa, il brutto gesto di Gabbiadini e gli sms di Milik ad Higuain

18.09.2016 11:23 di  Arturo Minervini  Twitter:    vedi letture
Da Zero a Dieci: la guerra ad ADL, la clamorosa richiesta alla Fifa, il brutto gesto di Gabbiadini e gli sms di Milik ad Higuain
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© foto di Daniele Buffa/Image Sport

(di Arturo Minervini) - Zero a questo inspiegabile clima post apocalittico che nemmeno in una puntata malinconica di Ken il Guerriero. Esistono due realtà parallele in questa città. Quella dei fatti, del fare, che vede una crescita esponenziale del Napoli, che si gode una notte da primatista sia in campionato che nel girone di Champions League. É una squadra con risorse infinite, che può solo migliorare considerata la giovane età dei nuovi arrivati in questa sessione di mercato che conferma le capacità della rete di osservatori azzurra. L’altra realtà, la più triste, è quella di una Napoli che deve contestare, a prescindere. Giusto appellarsi al caro biglietti, difficile comprendere la scelta di insultare Aurelio De Laurentiis richiamando ai presunti facili costumi della povera madre, invece di incitare la squadra. Pare di essere in viaggio con Leonardo Di Caprio mentre gira le scene di Inception. La trottola gira ancora sul tavolo, ci auguriamo davvero di essere in un sogno, perché fosse reale sarebbe davvero masochistico. D’altronde le idee, anche quelle malsane, attecchiscono nella mente quando vengono seminate con costanza. Le idee sono i più grandi parassiti in natura e se finisci per crederci per davvero diventano difficili da estirpare. Fermate quella trottola. Aprite gli occhi. Godetevi questo Napoli che poche volte nella storia è stato così forte e competitivo. (Anche se fate fatica a crederci, state sicuri che De Laurentiis non ci versa denaro a fine mese).

Uno è un numero così affascinante, che oscilla tra lo zero ed il due che già presuppone una comunità. L’uno, dunque, è spesso un numero che indica solitudine, anche abbandono. É la sorte non solo dei più bravi, ma anche di chi si trova a vivere in un contesto complesso. Vedere Gabbiadini in campo contro il Bologna faceva pensare proprio ad un “Uno”, isolato dai tanti altri che invece interagivano a meraviglia. Manolo no, era una nota fuori spartito, una pizza fatta a Pordenone servita da Sorbillo, un caffè preso senza bere prima dell’acqua frizzante. Non è questione di capacità, ma di alchimia con il gruppo, di legami che affondano le radici nella chimica. Come nella vita di coppia, quando vuoi convincerti di stare bene insieme ma finisci per litigare ogni giorno. Gabbiadini sembra essere un uomo in fuga da questo Napoli e la cosa fa davvero male. Il mancato "cinque" ad Insigne al momento del cambio è gesto da condannare. La natura di Gabbiadini e di questo Napoli non si sposano, come direbbe Troisi: “Io non è che sia contrario al matrimonio, però mi pare che un uomo e una donna siano le persone meno adatte a sposarsi”.

Due i volti di Lorenzo Insigne come fosse Oscar Wilde. C’è il Magnifico bellissimo, brillante, magnetico che con il destro pennella parabole di fantasia nel cielo, lasciando una scia di stupore. Dall’altra parte dell’arcobaleno c’è Josè ed è subito quiete dopo la tempesta. C’è poi il Magnifico imprigionato nel ritratto che è sortilegio, che porta sul viso tutte le brutture di un calo di concentrazione o di una eccessiva concentrazione (anche pensare troppo può essere dannoso per un calciatore), che spara altissimo ad un metro dalla porta. Sono la stessa persona, hanno lo stesso animo combattuto. Proprio come Oscar Wilde. D’altronde uno che va in giro con quei capelli qualche piccolo dissidio interiore deve pure averlo. Quando però libera il genio che è in lui è più straripante del fondoschiena di Homer Simpson racchiuso in una mutanda taglia XS

Tre cambi sembrano davvero pochi. Facciamo partire la clamorosa petizione per aumentare le sostituzioni, perché è davvero un peccato tenere sull’amaro pino tanto talento e non poterlo vedere sul terreno di gioco. La panchina di Sarri è la borsa di Mary Poppins, senza fondo e con la soluzione ad ogni problema. Fa sorridere leggere la lista di quelli che non sono entrati sul terreno di gioco con il Bologna. Ora ve li scrivo ad uno ad uno e voi ad ogni nome fustigatevi come Salvatore Conte in Gomorra nella processione che precede la sua uccisione. Diawara, Giaccherini, Maksimovic, Mertens, Rog, Tonelli, Maggio, Sepe, Rafael (vabbè qua potete anche non infliggervi dolore). La parola crescita è qualcosa che si può toccare, vedere. Ed è seduta tutta accanto a Sarri.

Quattro gare con almeno un gol preso su cinque giocate. Ora è tempo di sedersi al tavolino, parlarsi e capire che probabilmente esiste un problema. Non che Reina sia diventato un brocco tutto ad un tratto, sarebbe insensato solo pensarlo. Chiaro è, però, che lo spagnolo vive un momento di forma davvero precario. Troppe disattenzioni, poca esplosività e la sensazione di essere più in difficoltà di Fantozzi a dieta davanti ad un piatto di polpette. In bilico tra amore e ragione, si fatica a parlare di uno come Pepe, fondamentale in campo e fuori dal suo arrivo. Ma nel bivio tra mente e cuore, bisogna trovare uno spazio di lucidità per evidenziare quello che sta diventando un nodo arrivato al pettine. Che fa anche ridere parlando di uno senza capelli.

Cinque banderillas nel cuore. Cinque olive nel Martini. Cinque cartoline dal mondo degli alieni. Callejon ha l’animo del torero, la pettinatura di James Bond e la matrice genetica diversa da quella degli essere umani. Se Marco Mengoni cantava di credere negli essere umani appunto, lo invitiamo subito a buttar giù un nuovo testo con il ritornello “Credo negli extraterrestri. Credo negli extraterrestri. Credo negli extraterrestri che giocano nel Napoli con il numero sette" (cantatela con il ritmo dell’originale). A parte tutto, ma davvero, che roba è Josè? Come può teletrasportarsi da una parte all’altra del campo senza apparente fatica? A questo punto chiediamogli di cercare anche le sette sfere del Drago e di riportare in vita qualche parente estinto.

Sei minuti circa è durato l’esperimento. Callejon a sinistra ed Insigne a destra. Niente di innovativo, per carità, ma un semplice segnale del lavoro costante ed oscuro che Sarri sta compiendo su questo Napoli. Gara dopo gara una soluzione in più, movimenti mai visti primi, schemi diversi sui calci piazzati. Sarri è l’emblema della guerra all’immobilismo, la fame di chi si è guadagnato ogni boccone e che adesso ha un appetito tipico di chi dalla vita non si è visto regalare nemmeno uno spillo. Azzanna i suoi giorni sulla panchina azzurra con voracità, ricerca, studia, lavora, mangia, prega ed ama. E probabilmente questo il segreto. Amare quello che si fa. Amare il proprio lavoro. Negli occhi di Maurizio il burbero, quando è a bordocampo ad incitare ed a volte insultare i suoi ragazzi, questo amore è più evidente di Platinette con i leggins. 

Sette all’operazione a cuore aperto del Dottor House (nel senso che il San Paolo è casa sua) Marek Hamsik. Quello per il 2-1 di Milik non è un lancio, è un coltello che affonda tra le crepe del Bologna come fosse acqua che si insinua tra gli spazi di una campagna. Ti fa male, rende meno solido il terreno sotto i tuoi piedi ma nemmeno te ne accorgi. Così il capitano silenzioso piazza un altro bollino di qualità sul suo libretto di macchina fuoriserie, disboscando le resistenze del Bologna con quell’apertura che appartiene solo a pochi. Livello visione periferica: tua madre a caccia di una zanzara con una pantofola tra le mani. Infallibile.

Otto ad uno dei maggiori pericoli corsi dal Napoli. Azione confusa in area di rigore, il pallone vaga. Tu (inteso come il tifoso medio) urli a squarciagola “Spazza!”. Niente da fare. La palla resta lì. Tu (quello di prima) urli ancora più forte: “Spazza!”. Niente da fare. La palla resta lì. Sono diciassette gli attaccanti del Bologna. Tu (sempre quello di prima) ormai sei nudo come all’ultimo round di Rocky vs. Ivan Drago e disperato con l’ultimo filo di voce implori Jorginho: “Butta via quel pallone sull’asteroide più lontano di questa galassia”. Niente da fare. É questa meravigliosa coerenza del Napoli che va premiata. Il pallone si gioca. Anche a costo di generare suicidi di massa.

Nove Nove. Sembra un prefisso telefonico, se componete il numero dall’altra parte della cornetta non troverete Giorgio Mastrota. Risponde un certo Arek dal suo pianeta dell’onnipotenza. Le immagini vengono sparate nella mente come le frecce di Legolas, ad una velocità incessante. Bisogna guardare tutto al rallentatore, per capire, per rendersi conto che è tutto vero. La carezza al pallone, che nemmeno Mario Merola con un bambino in un cult degli anni 80. La devastazione al pallone, che nemmeno Jason Statham in film dove uccide dodicimila persone con un pugno. Due reti così diverse, così distanti, così incredibilmente belle che sembrano essere quasi un correttore, di quelli che usavi sui quaderni per cancellare gli errori. Arek è proprio questo, un grande correttore del passato. Su un foglio sbiadito si leggono ormai solo le ultime lettere una H sparsa, una G ed in finale in IN. Ma è una pagina vecchia, che già ha fatto il percorso da destra verso sinistra per lasciare spazio a nuove nuvole bianche. Questo sono le pagine di un libro da scrivere no? Sono un cielo dove riversare il tuo racconto. Nuvole bianche ed azzurro che si mischiano. In mezzo ci lanciamo parole e gol firmati dal nuovo cantastorie napoletano. Dai Arek, raccontacene un’altra! Ed un’altra ancora! Al momento sono già sei i best-seller. Suonano quasi come sms inviati al suo predecessore.

Dieci alla Penelope che vive sempre alla luce del sole, senza mai disfare il suo lavoro. Come la moglie di Ulisse, il Napoli di Sarri tesse una tela incantata senza mai disfarla. Gli uomini di Maurizio si muovono con la sincronia e l’armonia di un ago che con pazienza si incunea tra la stoffa per dar vita al proprio disegno. C’è la cura delle grandi opere, la magia delle cose rare che ti rapiscono come il canto delle Sirene. É davvero un'Odissea questo Napoli, intesa nel senso di un viaggio dove puoi incontrare ogni emozione sensoriale. “Vivere è cucire insieme brevi attimi, giorno dopo giorno, momento dopo momento e percepirti all’infinito”. Non c’è davvero nient’altro da aggiungere.