Da Zero a Dieci: la rivolta di Zielinski, i nuovi acquisti condannati, Caressa e la gaffe su Milik ed Hamsik non è una bandiera

25.09.2016 11:40 di  Arturo Minervini  Twitter:    vedi letture
Da Zero a Dieci: la rivolta di Zielinski, i nuovi acquisti condannati, Caressa e la gaffe su Milik ed Hamsik non è una bandiera
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© foto di Antonello Sammarco/Image Sport

(di Arturo Minervini ) - Zero le reti subite per la seconda gara consecutiva. Sentirsi solidi è un’attitudine dell’animo che va coltivata, guardandosi allo specchio al mattino e ripetendosi che “Non fa male” come Stallone mentre perde cascate di sangue da ogni parte del volto. Questa convinzione, questa autorevolezza, deve essere costante e non eccezione. Non ci sono cose che non si possono fare, esiste la ricerca per trovare un modo per rendere reali queste cose. Pensate a cosa disse, per la credenza popolare, Albert Einstein del calabrone: “La sua struttura alare non è adatta al volo. Ma lui non lo sa e vola lo stesso”. Applicate questo principio al Napoli ed a tutti quelli che credono non si possa volare e sognare qualcosa di storico. Ed IGNORATELI. 

Uno “come l’unico acquisto su sette preso in considerazione da Sarri in questa prima parte di stagione: Piotr Zielinski”. Questo ci racconta nella telecronaca di Sky Sport Fabio Caressa generando negli ascoltatori quell’aria stupefatta ed incredula di quando perdi il portafoglio ed il genio di turno arriva e ti domanda “Scusa ma DOVE lo hai perso?”. Fabio ed Arek Milik dove lo mettiamo? Perché questo pressappochismo ogni qual volta si parla di Napoli? Perché questo finto stupore davanti ad una squadra che da oltre un anno gioca il miglior calcio d’Italia. La sceneggiata è roba di casa nostra, venire a propinarla al San Paolo è come voler rubare a casa dei ladri. “Andiamo malino (che non è Berlino) Beppe. Andiamo malino”.

Due gol segnati dopo il digiuno di Genova. Il Napoli riprende la marcia al San Paolo come San Paolo folgorato sulla via di Damato (l’arbitro) o Damasco, fate voi. Pensateci a quanto gli episodi e la sorte incidano sulla nostra vita e su una partita di calcio. Come la pallina da tennis che Woody Allen tiene in equilibrio sulla rete da tennis che casca nel tuo campo o in quello dell’avversario. Come un cross innocuo che un difensore decide di deviare con il tacco nella sua porta. “Chi disse preferisco avere fortuna che talento percepì l'essenza della vita”. Chi lo ha detto doveva essere sicuramente juventino

Tre su tre in casa, con nove reti fatte, tre a gara. Dicono che sia il numero perfetto, senza dubbio a quella perfezione il Napoli si avvicina tante volte quando gioca nel proprio stadio. Peccato che siano ancora davvero in pochi a godersi questo spettacolo dal vivo ed è un problema che non va sottovalutato. Papa Francesco nella sua visita a Napoli disse: “La vita a Napoli non è mai stata facile ma non è mai stata triste”. Non si capisce perché una delle poche gioie di questa città abbia generato questa scissione interna dei pro e dei contro alla politica di De Laurentiis. Questo Napoli non è di Aurelio o di chi c’era prima e nemmeno di chi verrà dopo. Questo Napoli è solamente di chi lo ama. Ed è una meraviglia da vedere e sostenere, perché se lo merita.

Quattro vittorie su quattro dopo uno 0-0. Lo scorso anno dopo il Carpi (vittoria sulla Juve), Genoa (vittoria sull’Udinese) e Roma (vittoria a Bergamo), quest’anno nuovamente contro il Chievo dopo il pari di Genova: quando Sarri termina una gara con quel punteggio vince sempre quella successiva e lo fa in maniera convincente. È una piccola curiosità che racconta del carattere di questa squadra, affascinante come una donna che sa rimanere fedele anche alle sue imperfezioni per non tradire la sua natura. Andatelo a spiegare a Valeria Marini al Grande Fratello, più ritoccata del contachilometri di una macchina targata Cartagine.

Cinque ancora a bocca asciutta. Si dice che l’appetito vien mangiando, beh state sicuri che con Sarri non mancherà certo la fame ai nuovi arrivati Tonelli, Rog, Maksimovic, Diawara e Giaccherini. Scusate, ma voi non lo avete ancora capito Sarri? Ma lo sapete quanta polvere dei campetti di periferia ha dovuto mischiare alla sua dieta quotidiana? Quanti rifiuti, quante porte chiuse, quante volte ha dovuto smentire chi lo riteneva poco idoneo allo scopo? E pensate davvero che sia uno che regali anche solo un solo minuto in campo nella sua squadra a chi non ritiene ancora pronto? Se è così, ci avete capito meno di Leone di Lernia ad una mostra sul dadaismo. Con Sarri vale il principio di Gandhi: “Nulla si ottiene senza sacrificio e senza coraggio. Se si fa una cosa apertamente, si può anche soffrire di più, ma alla fine l’azione sarà più efficace. Chi ha ragione ed è capace di soffrire alla fine vince”.

Sei volte presente in campo in sei gare di campionato, tre volte titolare nelle ultime quattro. Spesso dinanzi ai cambiamenti si ha paura, ci si paralizza, perché il nuovo può spaventare. Siamo però di fronte ad una vera rivoluzione nel centrocampo azzurro, il ribelle ha i capelli biondi e gli occhi azzurri e profondi come quelli di William Wallace. Non indossa il kilt e siamo sicuri porti le mutande sotto i pantaloncini, ma l’arrivo di Piotr Zielinski ha avuto lo stesso effetto di una Mentos scaraventata in una bottiglia di Coca Cola. Una pura esplosione di energia, uno che taglia in due le partite schiacciando il piede sull’acceleratore come Toretto in Fast&Furious. “Vivo un quarto di miglio alla volta, non mi importa di nient’altro. Per quei dieci secondi sono libero”. Proprio come Piotr, che lascia a chi prova a seguirlo solo il fumo della sua potente marmitta.

Sette sulla schiena, già sette volte capace di risultare decisivo nelle quattordici rete segnate in campionato. Cinque sono i gol, due sono gli assist di Callejon, ispiratore della prima rete azzurra ed autore ancora una volta di una prova che meriterebbe analisi scientifica approfondita. Lo stesso essere umano non può controllare al 10’ un pallone volante e stopparlo con l’eleganza di un sonetto di Shakespeare, rincorrere come fosse un levriero gli avversari a ridosso della propria area ed assistere Gabbiadini come un dottore che serve al paziente ammalato la pillola per liberarsi dalle proprie angosce. L’unico limite è l’universo per questo marziano che riesce a consumare più ossigeno che gel per i capelli. Vista l’acconciatura, una vera impresa.

Otto alla capacità di rinnovarsi di Maggio. Su di lui Sarri: “Convincere un 34enne a cambiare modo di difendere è una grande gioia”. Questo racconta di Christian, della sua dedizione alla professione, della sua voglia maledetta di sentirsi ancora protagonista in azzurro. Spogliarsi di tutte le proprie certezze e convinzioni del passato, un po' come il protagonista del film “Into the Wild”. “Vivere soltanto vivere, in quel momento in quel luogo. Senza mappe, senza orologio senza niente. Montagne innevate, fiumi, cieli stellati. Solo io e la natura selvaggia”. Così ha fatto Maggio, mettendosi tutto alle spalle e rimettendosi in gioco alla soglia del ritiro. Un esempio. Per tutti.

Nove questa volta se lo merita lui. Che il “9” sulle spalle non lo porta nemmeno una volta e che un “9” probabilmente non è e mai lo sarà. Manolo però aveva bisogno di sbloccarsi, come un distributore automatico che si è inceppato e non eroga più prodotti (nel suo caso i gol). Inutile star qui a delineare i tratti fantastici del suo sinistro, lo conosciamo tutti. Non è quello il problema. Gabbiadini deve trovare la voglia, lo spirito, le motivazioni per combattere per ogni minuto da trascorrere sul terreno di gioco. Può essere Arma letale, ma può essere anche un bambino impaurito che si terrorizza vedendo i fantasmi del passato come ne "Il Sesto senso". Il sesto senso ci dice che non siamo ancora alla piena guarigione, ma una rete può essere la scintilla per intraprendere una strada virtuosa. 

Dieci. Cento. Mille Hamsik. Dieci era il numero di Diego, che nessuno più potrà mai indossare, ma a cui Hamsik si è ispirato nell’apertura a Callejon in occasione del primo gol. Cento sono le marcature in maglia azzurra, con il record dello stesso Pibe sempre più nel mirino. Mille sono i battiti che provoca raccontare una storia come quella del numero 17. Le chiamavano bandiere, ma c’è qualcosa di più. Le bandiere sventolano alte ma si spostano con il vento favorevole. Le bandiere o presunte tali fanno una brutta fine, si sgretolano insignificanti come un pugno di avanzi maciullati dalla brezza estiva. Restano gli uomini, quelli veri, quelli che ogni giorno scelgono di lottare per difendere un’idea, un colore, un sogno. Il calcio è l’arte di comprimere la storia universale in 90 minuti. Marek Hamsik è l’arte di comprimere in un solo volto gli ultimi dieci anni di questa squadra. “É l’amor che move il sole e l’altre stelle”. La sua, di stella, avrà per sempre luce nell’universo azzurro. Per sempre.