Il giorno della svolta

12.04.2015 23:15 di  Mirko Calemme  Twitter:    vedi letture
Il giorno della svolta

Era il pomeriggio che ci voleva. Una giornata di sole, il Napoli che gioca la domenica alle tre (in maglia azzurra, come la Storia impone) e tre gol alla Fiorentina. Non poteva esserci un finale migliore per una settimana che ha regalato un’immeritata eliminazione in Coppa Italia ed una conseguente pioggia di polemiche ed accuse più o meno velate. Alla fine, probabilmente, si dirà che il ritiro era ciò che serviva ad una squadra che più di ogni altra cosa aveva bisogno di tranquillità, di ritrovare la sua anima. Lo ha fatto attraverso ramanzine, gossip, smentite e comunicati. Ma va bene così.

Ciò che conta davvero è il risultato. Ed oggi, che la vittoria sarebbe arrivata, lo si era capito subito. Quell’abbraccio immenso di tutti gli azzurri, panchina compresa, prima del fischio iniziale era un messaggio chiaro: noi siamo qui, dite tutto quello che volete, noi ci siamo. Un quadretto che si è riproposto dopo lo splendido gol di Mertens, che va analizzato nei dettagli. Non solo del gesto tecnico (ineccepibile), ma anche dell’esultanza: l’incontenibile gioia di un Rafael, che sedotto ed abbandonato avrebbe poco da sorridere, racconta quanto questo gruppo sia unito nonostante la crisi. Quella gioia, rabbiosa, che un addizionale miope ha negato ad Higuain. Uno sport che muove miliardi ancora schiavo di inspiegabili sviste, quando ormai ognuno di noi ha in tasca una fotocamera hd. Ma questa è un’altra storia.

Di fronte ad una Fiorentina quasi inerme c’era un gruppo troppo desideroso di dimostrare la sua forza, quasi smarrita nelle ultime uscite. E, in una giornata come questa, non poteva non emergere il talento di José Maria Callejon. Lo spagnolo, in questi mesi, ha continuato a correre avanti ed indietro con la stessa certosina precisione che lo ha reso un campione, ma una serie di errori aveva minato la sua fiducia sotto porta, come da lui candidamente ammesso a Benitez. Oggi, però, era tempo di voltare pagina e quel tiro da 30 metri nel primo tempo lo aveva già messo in chiaro. Un colpo di testa che avvia l’azione della prima rete, un passaggio al bacio per l’implacabile Hamsik (9 gol ed 11 assist in stagione, ma dov’è ‘sta crisi?) ed un gol sognato, desiderato, sofferto. Il decimo è finalmente arrivato e a servirglielo non poteva essere che il piede fatato di Insigne, l’unico in grado di poter comprendere e sfruttare i suoi letali inserimenti. Torna Lorenzo, tornano i gol di Calleti. Il calcio, a volte, è proprio una cosa semplice.

Finisce così, con un lungo abbraccio con i fedeli presenti al San Paolo (altro che fischi e contestazioni)  la centesima panchina azzurra (con 54 vittorie, mica male)  di Rafa Benitez. La più sofferta, probabilmente. Una delle più belle, senza dubbio. Tre gol alla Fiorentina, terzo posto della Roma a 7 punti e giovedì, col Wolfsburg, una difficile quanto affascinante battaglia. Servirà il Napoli bello e dannato visto oggi per continuare a credere in quel sogno che cancellerebbe ogni polemica trasformando una stagione complessa in leggendaria. Ma ora, quello che conta, è che i ragazzi sono ancora là. Vivi. Che, nonostante tutto, non è ancora finita.