Da 0 a 10; Spalletti distrugge i rompicoglioni, la rinuncia di Insigne, la scelta shock al 94’ e lo scandaloso rigore nascosto

Da 0 a 10; Spalletti distrugge i rompicoglioni, la rinuncia di Insigne, la scelta shock al 94’ e lo scandaloso rigore nascostoTuttoNapoli.net
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lunedì 28 febbraio 2022, 19:42Copertina
di Arturo Minervini
Il Napoli vince sul campo della Lazio con il sinistro meraviglioso di Fabiàn. Grande prova di Insigne, impatto super di Elmas

Zero voce. Afoni azzurri uniti nel mondo, accomunati dall’aver sacrificato le corde vocali, e pure qualche coronaria, dopo un finale sconvolgente che al confronto Il Sesto Senso era banale. La passione azzurra si propaga a decibel ribassati questa mattina, ma è incontenibile, calda, coprente come un abbraccio che ti mancava da un bel po’. Guardare lo stesso cielo, col naso all’insù, in una notte dove sogni e realtà sono poi la stessa cosa. Credere è qualcosa di meraviglioso. Credere in tanti nella stessa cosa, è divino.

Uno il rigore che manca e non esiste spiegazione logica. Una discrezionalità insopportabile, che sarebbe diventata insostenibile senza il gol di Fabiàn. Farebbe male il Napoli, però, a non farsi sentire. A non battere i pugni sul tavolo contro l’osceno silenzio di Massa, che dal Var non segnala il tocco di Luiz Felipe. Il regolamento non è un tappetino su cui pulirsi i piedi sporchi. 

Due occasioni enormi concesse con superficialità alla Lazio in avvio, eredità della sbandata di giovedì col Barcellona. Ci ha messo un pochino a voltare pagina il Napoli, ad archiviare la tremenda notte europea che si insinuava come un tarlo nelle certezze azzurre. Il tempo però ci concede un’alternativa che in troppo sottovalutano: dimenticare. La vita che scorre, il passato che fa meno paura e rieccolo il Napoli. Quello che era sempre stato, prima di quella notte in cui tutto è girato storto. 

Tre punti che non sono tre punti. Il concetto dell’essenziale invisibile agli occhi, e pure alla matematica, dentro una notte romana che lascia nella valigia una meravigliosa suggestione, un panorama che diventa improvvisamente reale, stordente nella sua bellezza. È un Napoli che non trema dinanzi a quella prospettiva, anzi va a cercarla con la ferocia di chi al minuto 94’ attacca carica il destino a tessa bassa, come un toro che non ha alcuna intenzione di sottostare al copione che lo vede soccombere. Nella poesia ‘Scegli il tuo destino’ Posso scrive: “Annaffia le tue piante, ama le tue rose. Il resto è l’ombra di alberi estranei”.

Quattro di recupero, pallone sulla fascia, dueuomini addosso. Ounas poteva scegliere, e con lui tutto il Napoli, di temporeggiare. Magari cercare un fallo, fingere di essere toccato e lucrare una punizione. C’è invece una volontà precisa, un determinismo premiato dal fato nella giocata dell’algerino che avvia l’imperiosa sequenza di eventi successivi. “Homo faber fortunae suae” non è mica solo una frase da sfoderare ai primi appuntamenti. Il Napoli ha voluto vincerla, ha dovuto vincerla due volte ma non si mica fatto spaventare. 

Cinque assist in campionato, quattro nell’ultimo mese. Elmas incide come un bisturi nella carne laziale, vestendo i panni di un aratro che sconquassa il terreno altrui. Non c’è tregua nella convinzione ferrea del macedone, azionato in moto perpetuo e mosso da una determinazione che non sempre gli appartiene. Si piazza tra le linee e giù a far casino, come un chitarrista di una band di metallo pesante. È Rock Eljif, che può giocare in tanti ruoli, ma che lì in mezzo può trovare la sua reale dimensione. Più decisivo di tua madre nel trovare nei tuoi cassetti oggetto che credevi smarriti da secoli. 

Sei felice, ma c’è qualcosa di più. Spalletti a fine gara è in lacrime, è un uomo che non vorrebbe essere in nessun altro luogo nel mondo. Ruba dalla gioia dei tifosi napoletani sugli spalti l’energia che divampa dentro al petto, che muta in emozione impossibile da arginare. Si gode quei ragazzi, che ha desiderato così tanto allenare, in cui ha creduto più di molti altri. E li difende, sbotta in tv: "Rompono i co****ni sul carattere, ora che diranno?” Sottolinea dopo una vittoria che non è una semplice vittoria. È un viaggio di sola andata dentro a un sogno. “Non sono al tuo fianco, io sono il tuo fianco. Sei la parte mancante che torna da lontano a combaciare”.

Sette giorni da capolista, per sfida un’indesiderata coinquilina. Domenica arriva il Milan al Maradona, domenica il Maradona dovrà essere un fattore decisivo. Restano da giocare 11 gare, con 33 punti in palio e la possibilità di dedicarsi corpo e anima esclusivamente al campionato. La tavola è apparecchiata per un finale da ‘stomaci forti’, la fame è una sensazione che va coltivata con dedizione. Il futuro appartiene ai curiosi di professione.

Otto al sarto, che ha nel mancino la misura di ogni cosa. In fondo lo sapevamo già come sarebbe andata a finire, lui lo aveva capito prima di tutti, aveva già visualizzato gli eventi successivi a quel sinistro che accarezza il concetto di perfezione con felina sinuosità. Dopo 94’ di banale ordinarietà, dal laboratorio di Fabiàn viene fuori il capolavoro dimenticato, adagiato nel campionario infinito di possibili bellezze. Alla fine della lunga Odissea, ecco lo spagnolo che estrae dalla galleria l’opera sublime: “O sapunar ten a giotto e nun o' sap...se l'è scurdat”. Fabiàn invece non dimentica, conserva. Attende il momento giusto. Fare una roba del genere, in un momento del genere, ti colloca inevitabilmente in una categoria differente. 

Nove al ruggito di Lorenzo, invocato come l’oracolo che da troppo tempo non riversata la propria conoscenza sul terreno di gioco. Il gol è una meraviglia, ma c'è qualcosa di ancor più bello nella notte di Insigne: una rinuncia. Aveva il pallone sul destro, per provare la conclusione che più ama, col giro sul palo lontano. E invece no. Comprende che in quel momento Fabiàn è posizionato meglio e lo serve con l'assist che vale la vittoria. Prima di tutto la squadra. Bravo Lorenzo, era la reazione che attendevamo da tanto, era la notte che lo stesso 24 attendeva da chissà quanto. Adesso applichi la lezione di Caparezza: fare di ogni fine un buon inizio. Il finale di questa storia potrebbe diventarne la parte più bella. 

Dieci alla corsa sotto la curva, richiamo primitivo di appartenenza. Dopo il graffio di Fabiàn uno tsunami emotivo si riversa sul terreno di gioco dell’Olimpo, la squadra viene travolta da un bisogno primario: andare a festeggiare con i tifosi. Sembrano elettroni impazziti di felicità, che ruotano a folle velocità attorno a quel nucleo che rappresenta la vera sostanza di questa squadra: il popolo azzurro. Una fusione ad elevate temperature emotive, un’unione che può diventare forza devastante nella cavalcata finale. Insieme è la lezione più importante da portarsi in valigia dalla trasferta romana. Una notte che resterà scolpita nella memoria, perché è di questi attimi che si nutre l’anima sognante. È tutto ancora nella testa, che gira. Come quei ragazzi usciti fuori di testa al minuto 94’, che ci hanno fatto uscire fuori di testa al minuto 94’. Roba che fai pure fatica a scriverlo senza che le mani tremino.