Da 0 a 10: Conte distrugge Osimhen, la pistola in faccia a Neres, ADL ‘brucia’ una valanga di milioni e Lukaku in campeggio al Maradona
Zero possibilità: la porta si chiude in faccia ad Osimhen, la mano che la conduce nella sua inesorabile corsa che non lascia più spazio alla luce è quella di Antonio Conte. Nessun reintegro, questione di coerenza e con un motto tatuato sulla pelle: chi non rispetta le regole è fuori. Antonio demolisce così le, pur residue, possibilità di rivedere il nigeriano in campo con la maglia azzurra. Quella maglia che ha smesso di rispettare, quando si è sentito un ex, senza che nessuno venisse a strapparsi i capelli per averlo. E se ciò non è accaduto, qualche domanda dovrebbe porsela. Lui ed il suo agente, smentitore compulsivo sui social. Va dove ti porta l’universo Victor, certe scelte è meglio farle da soli.
Uno, o poco meno, il milione che De Laurentiis paga ad Osimhen: ed a voi, esattamente, che vi frega? Ma che roba è, questo calcio dei ragionieri? Lo paga? Fatti suoi. Almeno non s’è piegato alle logiche di questo pallone marcio, degli agenti che minacciano su Twitter e poi erano pronti a scodinzolare verso l’Arabia dimenticando quanto sentenziato qualche giorno prima. Victor ha sbagliato tutto: la comunicazione, la gestione, il comportamento. Ogni tanto, e pure qualche volta di più, bisogna ricordarsi di essere uomini. E gli uomini si comportano in un certo modo. Avrà tempo per riflettere Osimhen, di chi e cosa vuole essere da grande. ADL gli pagherà regolarmente lo stipendio, come ha sempre fatto. Ma almeno potrà togliersi la soddisfazione di non essere stato ricattato.
Due settimane di sosta ed un sorriso stampato sul viso come dopo siringa di acido ialuronico. Giorni che Conte potrà sfruttare, seppur molti andranno con le nazionali, per cementare le fondamenta del suo castello. Eppure, la forma già si intravede, come le sagome di montagne in fondo alle autostrade, come un’idea che già c’è e che ora deve compiere il passaggio più complicato: diventare sostanza. Due come i soli centrocampisti a disposizione contro il Parma, emergenza pura a cui porranno rimedio i ‘fratelli’ scozzesi: McTominay e Gilmour, con gli ambulanti all’esterno del Maradona pronti a mettere in vendita Kilt dal colore azzurro. Come in una scena epica di Braveheart: arrivano i rinforzi!
Tre punti che non sono solo tre punti. Sono molti di più. Chi non lo capisce, chi non sa contarli correttamente, lasciando perdere le rigide e asfissianti leggi della matematica, non ha mai compreso la distinzione tra ascoltare e sentire. C’è una vorace ricerca dell’obiettivo, che non viene perso mai di vista, anche quando sembra allontanarsi. È l’appetito che ti fa masticare il sacrificio. Quello caduto in disuso in chi crede che nelle scorciatoie ci sia la felicità, inconsapevole che sono solo un modo per condannare l'animo all’ozio. “Chi riceve qualcosa senza soffrire la conserva senza amore”. Nella notte del Napoli c’è sofferenza ed amore in quantità biblica.
Quattro laterali (ora che Di Lorenzo fa il centrale) e la sensazione, speriamo solo quella, che in quel settore del campo il Napoli perda qualcosina rispetto alle altre zone. Saranno chiamati a stupire Olivera/Spinazzola e Mazzochi/Zerbin, ad alzare l’asticella come Armand Duplantis che in ogni gara di salto con l’asta batte il suo record di un centimetro alla volta. Bisognerà crescere lentamente ma costantemente, riuscire ad alzare il livello e togliere a Conte dal cervello l’ultimo fardello: quando parla di ‘poter completare di più la rosa’, fa riferimento proprio al terzino destro. Anto’, porta pazienza fino a gennaio.
Cinque all’irreprensibile Raspadori, introvabile come il film ‘Loro’ di Sorrentino su Berlusconi. Non sfonda Jack, che ‘strappa lungo i bordi’ e resta sempre nel compitino, senza mai incidere seriamente sulla partita. Come un filo d’erba in un prato, che viene però schiacciato dal dover portare il peso dell’attacco. Ancora una volta bocciato in quel ruolo. Potrà essere utile, ma solo in un emergenziale 4-2-4 giocando con Lukaku che gli apre varchi.
Sei di recupero. Il Napoli trova la rete della vittoria al minuto 97, Conte dall’espulsione di Suzuki si trasforma in Mazzarri e mima ossessivamente il segno dell’orologio, Anguissa che segna di testa come nell’anno dello scudetto. Praticamente pare di essere Boldi e De Sica in ‘A Spasso del tempo’, una notte di cui tutti avevano bisogno: allenatore, calciatori, tifosi e pure addetti ai lavori. C’è da cancellare la grande paura dello scorso anno e la paura è un animale infedele: se lo coccoli, alla fine sparisce. D’altronde, come diceva Michael Jordan, le paure sono solo illusioni.
Sette sulle spalle e nelle gambe il motore di una Ford Mustang GTD che pare di vedere sgasare Toretto. David Neres piega in due la partita ‘Quando lo dice lui’, che pare Giucas Casella che impone la sua volontà alla direzione del match. Stravolge l’inerzia, in pochi minuti ha due occasioni per far gol e genera l’episodio che cambia il match: Suzuki non si rende conto che la moto ce l’ha David. Completa la sua opera, come un cerchio perfetto di segnato da Giotto, con quel cioccolatino depositato sulla testa di Anguissa. La titolarità è nel suo destino, perché il vento non lo puoi fermare con le mani. Vive una serata magica, poi l’orrore di due rapinatori che gli puntano una pistola in faccia per rubargli il Rolex.
Otto a Meret, l’uomo che decide le gare dopo i 90 minuti. Dopo aver salvato il Napoli col Modena ai rigori, Alex al 105’ respinge la botta a colpo sicuro di Almqvist che pare di vedere Dikembe Mutombo che muove il dito a tergicristallo dopo una stoppata. La storia è fatta di ritagli, di frammenti che restano conficcati nella memoria più di altri. Nel nastro dei ricordi di Napoli-Parma, l’ultimo frame sarà dedicato a quell’intervento che di fatto salva la serata, gli umori di una città intera. Come ad una festa in cui hai comprato dodici bottiglie di vino buono ma non in casa non hai il cavatappi, poi arriva l’amico che ne tiene sempre uno di scorta in macchina. EROE. “Puoi sbagliare la moglie, ma non puoi sbagliare portiere e attaccante”, Conte l’ha sempre detto.
Nove con la 11 su quel promontorio chiamato schiena, perché in fondo le cose non sono mai come sembrano, bisogna scartare per conoscere l’essenza. Romelu cambia numero e pure la partita, già prima di entrare in campo, basta che il quarto uomo ne segnali l’ingresso col tabellone luminoso. Genera un’energia positiva, che si trasferisce dalla squadra al pubblico e dal pubblico alla squadra, collimano amorosi sensi alla prima di Lukaku al Maradona. Entra, si piazza come una tenda da dodici posti nell’area del Parma, e condiziona tutti i movimenti della difesa di Pecchia: pare che non sia stato in nessun altro posto per tutta la vita. Nell’esultanza finale rischia di fratturare tre costole a Neres, che ha la malsana idea di esultare petto contro petto col gigante belga. Pare Gulliver che gioca con dei bimbi al parco.
Dieci alla voglia di vincerla, non solo di pareggiarla. Quando Suzuki viene espulso e Pecchia, colpevolmente, ha finito i cambi c’è subito una spia nella testa di Conte: la vinciamo. L’idea viene trasferita, col corpo e con la voce, a tutta la squadra che accetta la sfida. Conte ha dovuto pugnalare il Napoli dello scorso anno per dargli un futuro, ne ha bombardato le macerie ed esiliato i frutti ormai marci per riscoprire un domani migliore. Anguissa è la testimonianza plastica di questo lavoro nel cervello: gioca un primo tempo orribile, ma non s’abbatte e va lui a suggellare l’incredibile rimonta. Ma non solo. Conte ha spremuto la società sul mercato, ha sbraitato fino all’ultimo minuto affinché si facesse il massimo sforzo per completare la rosa. Non s’è piegato come altri al volere di De Laurentiis, ma casomai il contrario. E questa è una grande garanzia per i tifosi del Napoli: un tecnico ossessionato dal risultato. Mai nessuno, manco Ancelotti, l’aveva indotto a scelte così drastiche ed estreme, a mettere mano in zone del portafoglio che Aurelio non esplorava da qualche pazzia adolescenziale. Bravi tutti, ma ci sta ancora tanto da faticare. Con questo animo, non fa mica paura il lavoro.
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