Da 0 a 10: l’ultimo clamoroso botto di ADL, l’affare da 100 mln, la tripletta di Giuntoli e l’avvertimento di Spalletti ai nuovi acquisti

Zero gol presi da Meret, sospeso come la piuma di Forrest Gump in attesa di scoprire dal vento cosa sarà di lui. Sufficiente la prova di Alex, che resta titolare a tempo determinato in attesa del colpo Keylor Navas. Oltre le parole di Spalletti, il costaricano è l’ultimo botto che Giuntoli sta preparando per chiudere un mercato che se lo guardi bene somiglia a un mezzo capolavoro.
Uno il rigore solare negato al Napoli, ancor più incomprensibile con la verifica al Var. Che sia finita 4-0 non importa, perché ci saranno gare in cui un papocchio simile costerà punti in classifica. Se questo è l’andazzo, alla seconda di campionato, c’è da tremare per la totale mancanza di uniformità di alcune decisioni. La Serie A resta sempre il campionato del Gattopardo, dove nulla cambia mai davvero.
Due partite da Peaky Blinders per Anguissa che va in giro per il campo col suo cappello dalla visiera appuntita a dettar legge nelle zone d’ombra del match. Tirato a lucido, ancor più responsabilizzato dopo il riscatto del Napoli, Frank oscura la vallata degli avversari con la sagoma imponente, le accelerazioni improvvise, gli inserimenti senza sosta. È una presenza tangibile, nelle due fasi del campo. Alla lunga sfianca gli avversari, come Lello Arena in bici con Massimo Troisi ‘non si fa mai leggero’. Anzi, è un fardello. Per gli altri.
Tre in mezzo e Stan a mettere tutti a suoi agio come un meraviglioso padrone di casa. Come l’aloe vera, ha effetti benefici su ogni organo e funzione vitale di questa squadra, dettando i tempi come solo il mitologico Giuseppe Di Capua nel ‘Due con’ dei fratelli Abbagnale. Lobotka non è migliorato, Lobotka è strabiliante per come si è preso il Napoli e sia diventato tra i migliori centrocampisti del campionato. Sembra dormiente, quasi statico, poi come un cobra alza il ritmo e ti manda al tappeto in cinque passi come nella giocata per il 3-0 di Kvara.
Quattro banderillas infilate sul dorso di un Monza mai davvero in partita. La sensazione, perpetua per tutto lo scorrere del match, è di una distanza abissale, totalmente incolmabile tra i ragazzi di Stroppa e quelli di Spalletti. Un abuso sportivo, consumato senza nemmeno innestare le marce più alte.
Cinque cambi e Spalletti fa il furbo, investe sul passato e mette nel congelatore il futuro. Intelligente la scelta di lanciare un segnale a chi ha lavorato con lui tutta l’estate: non vi dimentico. In un calcio che fagocita tutto con la fretta di chi prima o poi divora anche i suoi figli, Luciano imbocca la via della gestione illuminata. Perchè piantare un seme oggi, sarà ritrovarsi una frutto domani. Quando ci sarà più fame e meno cose da mangiare. Insieme è un concetto maledettamente sottovalutato.
Sei punti e Giuntoli che si porta il pallone a casa. Perchè è sua la tripletta contro il Monza con la doppietta di Kvara e la zuccata di Kim: i due sostituti di Insigne e Koulibaly, da esotiche scommesse, a immediate certezze. Sembra di vederlo Cristiano, che agisce nell’ombra come Kevin Spacey dei Soliti Sospetti. Il vero mattatore di questo mercato estivo, che piazza i suoi colpi e poi svanisce come il fumo di una sigaretta. “Dopodichè, penso che non ne sentirete mai più parlare…”.
Sette a Kim, al suo sorriso gentile. È il volto di un Napoli che vuole divertire e divertirsi, una leggerezza che si abbina ad una disciplina tutta orientale. Fisico dominante, lettura anticipata del gioco, stazza per diventare un fattore anche sui calci piazzati: Min-jae non vive di picchi emotivi o di esuberanti scorazzate. Regolarità pare essere la parola chiave su cui fonda il suo calcio. E per un difensore, è pure il miglior pregio. Un difensore aristotelico: “La legge è ordine, e una buona legge significa un ordine giusto”.
Otto al ritorno di Piotr. Che accende la moto e lascia tutti indietro. Che trova nello spazio la piena espressione del suo potenziale, che ha bisogno di prendere la rincorsa come un saltatore in lungo per trovare la piena armonia del movimento. “Partire dieci metri in meno gli ha fatto bene” assicura Spalletti, che ci gode questo meraviglioso scherzo della natura che ieri ha ricordato un altro misterioso prodotto del creato: Marek Hamsik. Un eredità che avrebbe da tempo dovuto raccogliere, che resta lì come una spada infilata nella roccia in attesa dell’eletto. Come Marek, ha rifiutato offerte milionarie in estate per restare al Napoli: sarà l’anno della definitiva svolta?
Nove al centravanti che fa gol: due in due gare. Oltre le divagazioni, i voli pindarici, le sovrastrutture ideologiche c’è Osimhen e la fedeltà al suo scopo: scaraventare il pallone in porta. È magma che scorre sul terreno verde, una voglia irrefrenabile di raggiungere il pallone, di prendersi quella profondità che ha il sapore di libertà. Victor gioca come un bambino al parco, non risparmia nessuna parte del suo corpo per soddisfare la fame che si fa quasi ossessione. A volte fa confusione, ma è così superiore sul piano atletico agli avversari che ha così tante occasioni che prima o poi una la sfrutta. Il 9 atipico, che fa quello che tipicamente deve fare un bomber: buttarla dentro.
Dieci a quel suono lì, che è il racconto di una vita intera. Kvara alza lo sguardo, dopo un primo controllo che è già poesia, flette il corpo per domare tutte le regole dell’universo e poi scaglia il destro che è un fascio di luce color arcobaleno, visione mistica da celebrare in religioso silenzio. Tra il destro che impatta col pallone e il fondo della rete, c’è un vuoto allo stomaco. Farfalle. Campane. Scintille. Un silenzio che è culto, venerazione dell’attesa. Poi eccolo, quel suono lì. Il bacio al palo, come Paolo e Francesca che si sono desiderati per un tempo senza tempo. Estasi. Catarsi. Nuova vita. Il nuovo ciclo di questo Napoli inizia con la prodezza di Kvara e si consacra col bis, che è variazione sul tema che racconta di quanto sia profonda questa caverna scoperta nel sottosuolo georgiano che nasconde capolavori tutti da scoprire. Prima di testa, poi col destro incredibile, infine la finta e il mancino in buca: 138 minuti, i primi in Serie A, di pura onnipotenza per Kvaratskhelia. Potrebbe rivelarsi un affare da 100 milioni…
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