Da 0 a 10: Mazzarri asfalta Spalletti, Osimhen devasta Godin, la mossa da capitano di Insigne e l'inatteso miracolo Mario

Osimhen devastante abbatte il Cagliari: il Napoli vince ancora e mantiene solitario la vetta della classifica. In gol anche Insigne
27.09.2021 16:53 di Arturo Minervini Twitter:    vedi letture
Da 0 a 10: Mazzarri asfalta Spalletti, Osimhen devasta Godin, la mossa da capitano di Insigne e l'inatteso miracolo Mario
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© foto di Matteo Gribaudi/Image Sport

Zero al segnale disturbato di Mazzarri. Con l’amico orologio sempre al polso, inizia un trip in stile Homer Simpson dopo aver assaggiato il peperoncino del Quetzlatatateketlambo, coltivato nei manicomi criminali del Guatemala. Avrà visto la gara su Dazn il caro Walter, che nella sua mente crede quasi di aver asfaltato Spalletti e di aver meritato il vantaggio nel primo tempo. L’Agcom pronta a intervenire: prossima volta verrà segnalato in anticipo che il racconto è frutto di una mera ALLUCINAZIONE.

Uno il ko stagionale che brucia ancora nella testa di Spalletti. Hai battuto Cagliari, sei primo in classifica, le ha vinte tutte. E lui che fa? Allenta la pressione di chi gli ricorda ‘Siete ancora imbattuti’ spiegando che c’è invece la sconfitta col Benevento. Perchè ‘Quando indossi la maglia del Napoli, si fa sempre sul serio”. Touchè Luciano. 

Due reti, ma sapete cosa fa davvero paura? La sensazione di dominio assoluto, una vittoria che non è stata mai in discussione. Il Napoli stritola il Cagliari lentamente, come un boa che mangia un elefante e poi lo digerisce  con tutta calma, un’iniezione letale a rilascio graduale  senza nemmeno versare una goccia di sudore. Lo fa con consapevolezza, geometrie, organizzazione e lo strapotere fisico di quel demonio lì davanti. Lo fa da squadra. E che squadra.

Tre alla serata senza pace di Godin. Si trova di fronte una colata di lava e prova a contenerla come per spegnere una candelina sulla torta: Osimhen è magma, Diego è un soffio che nemmeno viene rilevato dal centro nervoso del nigeriano. Più in difficoltà di un Tronista di Maria De Filippi alle prese con la declinazione del verbo cuocere al passato remoto. 

Quattro sulla schiena e cinque minuti per tornare a sentirsi importante. Spalletti ritrova Demme e con lui tutta la sua intelligenza pallonara. Tornano minuti importanti per la mediana, una sagacia che è ulteriore arma a disposizione. Lui, quello incredibilmente accantonato da Gattuso nel rush finale dello scorso anno, si riprende a piccoli passi un pezzo di Napoli. Sara pedina fondamentale, perché è impensabile pensare che Fabiàn e Anguissa possano giocarle tutte. Bentornato!

Cinque gare, nessun difetto, solo meraviglia. Sembra uscito dalla penna di uno stilnovista Anguissa, venuto dalla Premier a miracol mostrare. È un contenitore senza fondo di risorse, di soluzioni, di invenzioni come nella scodellata magica che avvia l’azione dell’1-0. Erri De Luca scrive che ‘Impossibile è la definizione di un avvenimento fino al momento prima che succeda’. Ecco, Frank è impossibile. O meglio, lo era fino a un secondo prima che accadesse. Proprio qui. E ad ogni gara aggiunge un pezzo di impossibilità, ne riscrive i confini. Ne sposta la definizione. Verso l’infinito e pure oltre. 

Sei non è solo un conteggio. Una ricorsa arida alla statistica, c’è qualcosa di ben più caldo nella striscia perfetta di questi ragazzi. C’è, prima di tutto, un’attitudine da narrare, su cui perdere la testa. Queste sei vittorie le leggi negli occhi, non avresti nemmeno bisogno di averle viste. Lo sai, perché loro lo sanno. Come le donne, quando hanno deciso di cambiare pagina. È un momento epocale, una nuova vita che inizia e manda in frantumi quella precedente. Con i suoi vizi, gli errori, le mancanze. C’è uno spirito rinnovato, un corpo unico che vuole essere un corpo nuovo.

Sette a Pietro, che sta tornando Pietro. Perchè il Pietro che avevamo visto fino ad ora mica era il vero Pietro. Zielinski ha bisogno di macinare campo, di ritrovarsi nel suo calcio, nelle sue visioni, in quegli strappi che appartengono ad un emisfero calcistico con pochissimi abitanti. Suo l’assist per Osimhen, suoi alcuni spunti che sono marchio di fabbrica del polacco. Che abbia un debole per Pietro è evidente, che volessi scrivere Pietro tante volte, pure. Perché forse qualcuno l’aveva dimenticato quanto fosse forte lui. Pietro, ovviamente. 

Otto a Mario Rui, che sale ancora di livello e si conferma elemento essenziale in questo esaltante avvio stagione. Dedica alle due fasi la stessa attenzione, prima chiave di lettura per analizzare questa svolta. Preciso, puntuale, costante nel sostegno della manovra, non si perde negli eccessi, nei tentativi bizzarri, negli improvvisi blackout difensivi.  Tra i capolavori di Spalletti, fino a questo momento, il rendimento del portoghese.

Nove vero, verissimo. Si accartoccia, poi riprende forma e ne assume una differente l’attimo successivo: è Posimhen, il supereroe di cui tutti avevamo bisogno. Per le difese avversarie non c’è niente da ridere, tutt’altro. Mostra mille volte, sfaccettature di un atletismo che è stupefacente per il potenziale ancora inespresso. Ogni partita si aggiunge un puzzle a questo incredibile scherzo della natura, già dominante con ancora tante cose da imparare. È già il Re Leone, canta Voglio diventar presto un Re, eppure una porzione della corona è già posata sulla testa. Si camuffa da tante cose, mille facce di una medaglia dal valore ancora tutto da scoprire. Poi ti guarda, ti sorride e ti spiazza: So’ Victor. 

Dieci al martello Spalletti. Che scava e scava e scava nei cervelli, nei cuori, nei corpi. Cerca l’oro, l’eldorado, il metallo prezioso dal valore inestimabile: la volontà. Si coccola un Insigne lucido come non mai, nelle giocate e negli interventi da capitano in soccorso di Osimhen, placcato e spinto lontano da guai al momento dell’ammonizione. Lavora su uno scheletro che è puro Sud, fortissimamente Sud, profondamente Sud. Pasolini si chiedeva “Qual è la vera vittoria, quella che fa battere le mani o battere i cuori?”.  Luciano sta facendo battere qualsiasi cosa.