Mille verità, ma ce n'è una (nel calcio) dalla quale non si scappa

Chi segna vince, chi non segna si dispera. Il Napoli, col Lecce, nei primi venti minuti, ha creato tre palle gol nitide, chiarissime, clamorose. Chi pecca di lucidità può sbagliarne al massimo una, per com'erano ghiotte, non tutte. Il Napoli fa en plein, tiene vivo il Lecce, gli regala una speranza e viene punito dai suoi stessi errori. Li commette anche Gattuso dalla panchina: nell'intervallo toglie Lobotka per Mertens, tradisce il suo credo (il 4-3-3) in nome di una rimonta che, forse, per quello che la partita aveva raccontato, era possibile anche confermando modulo e interpreti del primo tempo.
PARI E BUIO - Mertens dà la scossa che serviva, ma il gol di Milik - che paradosso - rianima il Lecce, non il Napoli, che a centrocampo è scoperto (con l'uomo in meno) e d'improvviso si allunga, perdendo identità e controllo del pallone. Le azioni limpide d'inizio gara (come quella del primo gol) erano nate da una manovra elaborata ma precisa. Difficile ripetersi con reparti allungati. Il Lecce ne approfitta e da "grande" squadra (coraggiosa e ricca di qualità, bravo Liverani, ottimo allenatore) segna due reti, sfiorandone altre. Al triplice fischio le domande si sprecano, le critiche si disperdono, i colpevoli sono tanti: Koulibaly fuori forma, Ospina indeciso, Di Lorenzo spaesato, Milik sprecone, Politano egoista. Tutti hanno ragione, non esiste una sola verità. Tra le tante, una: chi segna vince. Basta poco. Il Napoli non ha saputo farlo e oggi si dispera. Il calcio resta uno sport semplice.
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