Da 0 a 10: i 5’ di follia negli spogliatoi, l’azzurro disonorato, lo storico rifiuto e la libertà ritrovata di Lozano

(di Arturo Minervini) .Zero a chi non aveva capito. A chi non capisce. A chi non capirà. Situazioni imbarazzanti come quelle di ieri riportano alla memoria il lavoro oscuro di una luce che ancora risplende dentro al cuore. Il pensiero corre a Marek Hamsik, alla sua capacità di tenere insieme personalità distanti con la semplicità. Qualcosa è cambiato da quando lo slovacco non è più in campo e dentro a quello spogliatoio. Le grandi perdite sono così: si rivelano solo con l’assenza.
Uno il punto col Salisburgo. Bene, ma non benissimo. Prestazione buona, però… È la stagione degli incisi, dei pensieri con le ali mozzate, delle grandi imprese col senso di incompiuto. C’è un pizzico di malinconia negli occhi di un Napoli che si ferma sempre sull’ultimo gradino, che resta a filosofeggiare sul contrasto tra enormi potenzialità e l’incapacità di trasferirle in maniera continuativa sul treno di gioco.
Due legni colpiti, 14 in stagione ben 9 in campionato e già 5 in Champions. Il secchione di turno potrebbe raccontare che ‘Il palo è un tiro sbagliato’, ma chiaro che un sortilegio ben più meschino attanaglia gli attaccanti azzurri. Una folata di vento, un rivolo di sudore in meno e probabilmente tante conclusioni avrebbero avuto esito differenti. Si possono cercare mille definizioni, la più efficace è semplicemente una e somiglia maldestramente alla nuova strada dove il Napoli aprirà la sua boutique di lusso. In Via della Sfiga, ovviamente.
Tre pareggi nelle ultime quattro, con la sconfitta di Roma che completa un poker degli orrori. Male nei risultati, altalenante nel gioco, instabile nella psiche: il quadro clinico di una squadra vittima dei propri isterismi, di un appetito calante, di cattivi pensieri e distrazioni esotiche che inquinano cuore ed anima. Bisogna ritrovarsi, come uomini prima, il calcio sarà una conseguenza.
Quattro punti del Salisburgo contro gli otto del Napoli. Resta una situazione più favorevole di quella che portò Steven Bradbury a vincere l’oro alle Olimpiadi di Salt Lake City. Gli ottavi sono sostanza concreta, traguardo importante che non va perso e dato per scontato. L’errore più grande che questo Napoli possa fare è proprio quello di pensare che esista qualcosa che non vada meritato con gocce di sudore bollente. Ad Anfield per provare a chiudere già il discorso, con quella convinzione che deve essere ritrovata.
Cinque minuti di follia. Parole come lame, ed il grande rifiuto in stile Celestino V nella Divina Commedia. Non la ‘viltade’ ma l’umiltà carente induce la squadra a compiere una scelta scellerata, irrispettosa nei confronti del momento. Si potevano trovare soluzioni differenti, metodi differenti, termini differenti. Si è scelta la via della protesta rivoluzionaria, ma la rivoluzione nel cuore di questa squadra quest’anno in campo non l’abbiamo mai vita. La rivoluzione è atto di grande libertà, in certi contesti però diventa solo vigliaccheria. Fuga dalle proprie responsabilità. “Torniamo a casa, dillo a tuo padre’ è una frase che risuonerà impietosa nelle coscienze di chi l’ha proferita, di chi l’ha raccontata, di chi crede che un Capitano affondi con la nave e non contribuisca invece ad affondarla. Che Guevara senza ideali.
Sei all’etica di Carlo Ancelotti che rispetta il ritiro imposto. Tra tutte le contraddizioni del momento, una scelta normale. Semplice. Quella di rispettare una scelta di un club, di una famiglia che aveva bisogno di guardarsi negli occhi. Gesto che trascende ogni aspetto e discussione tecnica, ma che sottolinea lo spessore di un uomo che sta pagando colpe che probabilmente non solo tutte solo sue. Anche a costo di fare la figura del Crumiro, Ancelotti ha evitato di alzare ulteriore polvere durante questa tempesta d’aria e di chiacchiere.
Sette a Di Lorenzo. The Normal One. Non apre l’ombrello prima della pioggia, ma state pur certi che in caso di rovesci improvvisi troverebbe comunque il modo di rendersi utile. Riesce in ogni gara ad accrescere stupore e meraviglia per la solidità delle sue prestazioni, l’intelligenza calcistica, la capacità di inserirsi in maniera spontanea dentro un nuovo corpo.
Otto occasioni clamorose sprecate. Con più rimpianti di un giocatore in povertà dinanzi ad una Slot Machine, il Napoli si ritrova a percorrere un asfalto già battuto, una percezione ricorrente. Callejon, Zielinski, Insigne ed altri ancora si trovano a masticare un cibo che conoscono ormai alla perfezione, il boccone amaro da deglutire quando annusi il profumo del gol e ti ritrovi invece a masticare l’ennesima occasione sprecata. Sinestesia sensoriale che diventa una costante spaventosa, ostacolo ricorrente alle ambizioni azzurre.
Nove a Lozano. Alle sgroppate a testa bassa, alla voglia di lottare su ogni pallone, alla velocità nel girarsi e cambiare marcia con un ritmo sincopato che ricorda le transizioni di Manu Ginobili nella NBA. La rete, la prima al San Paolo, racconta di doti balistiche fuori dal comune, di un istinto che era stato imprigionato dalla pressione inevitabile di un costo del cartellino che crea aspettative infinite. Istinto. Lozano è istinto. E l’Istinto non può stare al guinzaglio. Hirving Libero!
Dieci a nessuno. Perché nessuno può ritenersi esente da colpe. Da De Laurentiis in giù, una cascata di imperfezioni ed imprecisioni che conducono al caos attuale. È un Napoli che viaggia verso il suo destino come un personaggio del Mago di Oz: latta senza cuore, leoni senza coraggio, uno spaventapasseri che non assolve alla propria funzione. In nessun ambito si raggiungono obiettivi se non esiste unità di intenti, voglia di sacrificarsi, dedizione alla voce nella testa che ti fa restare fedele al richiamo dell’ultimo sforzo. Le grandi crisi sono foriere di verità. Una verità necessaria, una verità che andrà accettata, qualunque essa sia. Ci si guardi in faccia e ci si racconti la verità. Anche a costo di doversi scontrare, anche mettendo in preventivo la possibilità che possa ferire qualcuno. Il bene primario da preservare resta sempre l’azzurro. Un colore che in queste ore non è stato onorato. "E ricordati, mio sentimentale amico, un cuore non si giudica solo da quanto tu ami, ma da quanto riesci a farti amare dagli altri.
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