Da 0 a 10: lo scontro verbale Mertens-Spalletti, il nuovo incarico di ADL, la cazz**a del nessun rimpianto e la frase cult dell'anno

Il Napoli batte il Sassuolo grazie a un grande Osimhen e le reti di Lozano, Mertens (2), Koulibaly e Rrahmani: fanno discutere le parole di Spalletti
01.05.2022 20:25 di Arturo Minervini Twitter:    vedi letture
Da 0 a 10: lo scontro verbale Mertens-Spalletti, il nuovo incarico di ADL, la cazz**a del nessun rimpianto e la frase cult dell'anno
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Zero rimpianti dice Spalletti, che ti fa incazzare pure dopo un 6-1. Zero rimpianti? Questo è un campionato da non dormirci la notte, da fissare con gli occhi sbarrati il soffitto e contare 1 miliardo e 200 mila pecorelle senza prender sonno. Sono parole da perdente quelle del mister, che non rendono giustizia alla verità. I tifosi del Napoli non hanno creduto allo scudetto perché ne ha parlato lui: che il Napoli potesse vincere lo scudetto lo ha raccontato il campo, la classifica. Bastava solo non fare cazz**e. Bastava crederci un pochino di più, non innamorarsi troppo delle proprie idee ignorando qualche verità narrata dal terreno di gioco. 

Uno il gol subito, perché pareva brutto finire con la porta inviolata pure in una gara meno intensa di una puntata della Pupa e il Secchione. Era Venezia, nel lontano 6 febbraio: quella l’ultimo volta che gli azzurri sono riusciti a non prendere gol. Si chiama metodo, basterebbe leggere il dizionario: “Procedimento atto a garantire, sul piano teorico o pratico, il soddisfacente risultato di un lavoro o di un comportamento”. Per 90’ questa squadra fa una fatica tremenda a tenere lo stesso livello di concentrazione.

Due assist di Insigne, che gioca pure una buona gara ma resta coerente con la stagione: segnare pochissimo, anche nella fiera delle difesa ballerina che va in scena al Maradona. Si è intristito il capitano, ora che i giorni sono tessere di un domino che ha già avviato la sua corsa verso l’inesorabile finale: l’addio. Come nelle vecchie foto, che prima sei al centro, poi col passare degli anni scivoli lentamente ai lati, per poi finire fuori dall’obiettivo. Il lento addio del 24.

Tre punti che soffiano sul fuoco della rabbia. Il Napoli vince al Maradona dopo i due flop con Fiorentina e Roma, chiude la stalla quando i buoi sono già tutti scappati e resta un desolante e assordante silenzio. Un deserto che è solitudine, abbandono, lo specchio di un rapporto che si è fatto conflittuale quando c’erano tutti i presupposti per convolare a nozze. È che questi ragazzi lo hanno fatto ancora, accarezzando i tifosi col fedifrago ventaglio dell’illusione. Il coraggio, uno, se non ce l'ha, mica se lo può dare. Il tempismo nella vita è tutto e qui si era evidentemente fuori tempo massimo. 

Quattro salti in padella e problemi risolti. Come in un libro di Moccia, con tanto di lucchetti attaccati a Ponte Milvio, il Napoli non ha più la bua al cuore e fa pure la pace col presidente. Tutto tragico e comico al tempo stesso, tutto così precario, improvvisato, artefatto. “Sono IO il vostro…” poi la frase ormai si può completare in qualsiasi modo: Cavani, Psicologo, Chef, Allenatore, Preparatore atletico, Mental Coach. Bastava il sorriso magico di Aurelio, come quello di Mandrake in Febbre da Cavallo. Ma vogliamo iniziare a fare le cose seriamente?

Cinque gol in campionato per Lozano, che lascia tracce di incompiuto dentro a una stagione maledetta tra il tremendo infortunio estivo, il Covid e il nuovo problema alla spalla. Avesse avuto continuità, poteva essere un’arma molto più tagliente per il calcio di questo Napoli, unico che poteva pensare di tenere il passo di Osimhen nelle sue sgroppate, come l’azione del 3-0 al Sassuolo dimostra. Uno Speedy Gonzales che ha circolato a targhe alterne. 

Sei gol al Sassuolo. Come un gigantesco buffet che ti passa davanti agli occhi, mezz’ora dopo aver giurato al mondo solennemente di essere a dieta. Una sfilata di forza e talento offensiva, una crepa emotiva su alcune scelte conservative e inspiegabili di Spalletti che hanno finito per penalizzare sempre lui: Mertens. L’equilibrio andava ricercato, rinunciare al più forte che hai non può essere una scelta da contemplare. “Abbiamo rischiato imbarcate” dice pure dopo il Sassuolo: ma non è che è diventata una questione personale? La discordanza nelle dichiarazioni post gara tra Ciro e il tecnico sembra essere un indizio.

Sette a Di Lorenzo, che ricorda una grande lezione dei maestri latini: Nemo dat quod non habet: Nessun può dare quel che non ha. E sembra poco, ma invece è tutto. Perchè Zanoli è bravo, volenteroso, di prospettiva, ma oggi non è Giovanni perché Giovanni è il miglior terzino destro che c’è in Italia. È uscito dal campo contro l’Udinese col Napoli sul 2-1, senza di lui la miseria di 4 punti raccolti su 12 in 4 gare. “Un Fenomeno” lo ha definito Spalletti, forse l’unica dichiarazione giusta del tecnico nel post gara.

Otto a Osimhen, perché poi lo devi fare quel salto lì per la rete del 2-0. Impressionante esposizione di fisicità di Victor, che fa a brandelli un Sassuolo arrivato in versione ‘casa sgarrupata'. Ha tutto Osimhen per dominare questo gioco, servirà però mettersi a lavoro con una gigantesca lima per eliminare quei lati spigolosi, imperfetti, anche bruttini del suo calcio. C’è un pezzo di marmo da scolpire, che diventerà un capolavoro solo se ci sarà la voglia di sacrificare ogni altra cosa per raggiungere questo obiettivi. Le opere che restano nella storia nascono dall’ossessione di chi le partorisce. Victor, avrà questa famelica determinazione per lavorare su se stesso?

Nove punti ancora in palio e una Champions che è già virtualmente acquisita. Manca poco ai bilanci, che vanno fatti a mente fredda e col sangue che non scorre come lava nelle vene (come accade in questi giorni). Bisognerà fare un respiro profondo, capire se può bastare a sentirsi soddisfatti. Se il risultato di inizio stagione non appaia bottino magro per gli eventi successivi, perché poi va bene fare programmi ma alla vita devi pure reagire mentre sei in cammino e la strada ti può consegnare delle occasioni che vanno sfruttate. “Ciò che non abbiamo osato, abbiamo certamente perduto” è una frase tatuata nel cervello in questi giorni. Maledetto Oscar Wilde, che sapevi trovare sempre le parole giuste.

Dieci e poi undici: una doppietta per Mertens, che segna in media un gol a partita e in coppia con Osimhen praticamente ogni mezz’ora. La gioia del pallone fatta calciatore che va pure oltre l’evidenza sbalorditiva di questi numeri, che hanno convinto tutti tranne Spalletti. Aver confinato Dries ai confini dell’Impero, affidato ad una gelida panchina tutta la sua grandezza, la sua capacità di trasformare l’ordinario in eccezionale è un peccato duro da espirare. Un abominio tecnico, prima di tutto. Perchè Ciro è sì il più amato, ma pure il più bravo di tutti quelli che hai. “Il mio tessoro!” Ripeteva ossessivamente Gollum nel Signore degli Anelli. Ed eccolo “Il Ritorno del Re’, forse tardivo. E non certo per colpa sua…