Osimhen è un fenomeno, ma ad una sola condizione: che vada altrove
(di Arturo Minervini) - Altrove. È un posto dove ritrovarsi, scappare via con la fantasia, affidare i dolci pensieri in una giornata di noia. Altrove è il posto in cui, secondo una parte dei tifosi del Napoli, Victor Osimhen sarebbe fortissimo, un fenomeno assoluto destinato a scrivere pagine importanti della storia del calcio. Sì, altrove ma non a Napoli.
Il processo mentale non è nuovo, anzi più che consolidato nel tempo, e si ripete con costanza scientifica ad ogni sessione di calciomercato. Lo schema viene declinato in maniera abbastanza semplice e si muove sulle montagne russe così come ogni trattativa che si rispetti.
Se Osimhen è vicinissimo al Napoli, al punto che ci sono già i tifosi ad attenderlo all'esterno di qualche lussuoso hotel sul lungomare, allora Osimhen è solo una scommessa. Uno per cui è follia investire così tanti soldi. Ed il discorso non cambia se i soldi da investire siano 40, 50, 60, 80 o 1000. L'investimento resta comunque sproporzionato al valore.
Se arrivano invece notizie che raccontano di frenate nell'affare, tutto cambia. L'entità di Osimhen si trasferisce appunto altrove. In un iperuranio di calciatori perfetti, invincibili, una condizioni celestiale che appartiene a pochissimi al mondo.
Le frasu che accompagnano queste due diverse situazioni sono puntualmente le seguenti.
Caso A: "Se veramente era buono mica lo prendevamo noi?"
Caso B: "Quelli buoni alla fine il Napoli non li prende mai"
Il sistema può essere ripetuto all'infinito. Applicato ad ogni tipologia di calciatore, a prescindere da ruolo, età, nazionalità, peso, religione, orientamento politico, gusti musicali, serie tv preferite, abbonamenti a riviste di cucina, parco auto, parenti, zii, nipoti, cugini di settimo grado, prole sparsa nel mondo. E tutto il resto. Si chiama Sindrome dell'Altrove. Ed ha già colpito Victor Osimhen.