Da 0 a 10: i pagliacci a lezione da KDB, il pugno in faccia da ko, la clamorosa occasione per Conte e l'eroico Politano

Da 0 a 10: i pagliacci a lezione da KDB, il pugno in faccia da ko, la clamorosa occasione per Conte e l'eroico Politano
Oggi alle 10:35In primo piano
di Arturo Minervini

Zero smorfie, neanche un muscolo facciale fuori posto, l’applauso allo stadio, il cinque in panchina ai compagni. C’è il Manuale di cosa dovrebbe essere un campione nella compostezza con cui, Sua Maestà Kevin De Bruyne, lascia quello che per dieci anni è stato il suo Regno. In questo mondo di mocciosi che scalciano bottiglie, lanciano via oggetti, negano il cinque a chi va a sostituirli, KDB ci ricorda una lezione basilare, al tempo stesso fondamentale: il mondo non lo cambi con la tua opinione, ma con l’esempio. Studiate, aspiranti campioni. O presunti tali. 

Uno il paletto di frassino che si conficca nel cuore della partita, rendendola praticamente irrilevante da lì in poi. Il rosso a Di Lorenzo è un pugno in pieno viso, un lusso che non puoi concedere per 70’ ad una delle squadre più forti al mondo. Come mettersi in testa di provarci con Margot Robbie e dopo aver iniziato bene l’appuntamento lei vede che sul cellulare hai salvato il numero di tua madre come ‘Vita mia’. Da lì in poi, zero chance. (E comunque sempre meglio la Mamma, pure di Margot Robbie).

Due gol presi che sono due grandi giocate. Forse, ma dico forse, Beukema poteva mettere il corpo con una diversa angolazione sull’accelerazione bruciante. Lo dico, ben consapevole che provare a marcare Doku è più complicato di infilare una taglia XS slim ad un Capodoglio. Al computer o da casa è tutto più semplice, ma la madre della disattenzione è sempre la stessa: aver giocato in apnea dal minuto 20’. Sam, per il resto aveva giocato una gara più che buona. 

Tre parate di grande impatto visito di Vanja. “La scelta è tecnica” dice Conte nel pre-gara, chiarendo che Milinkovic-Savic sia titolare perché secondo lui lo merita, non per problemi fisici a Meret. E c’è da dire che l’ex Toro quella scelta la legittima con tre grandi interventi che tengono a galla il Napoli, proprio nel momento di massima difficoltà. Suggerisco una tregua al ballottaggio che accenderà i dibattuti tutto l’anno: valutiamo Alex e Vanja per quello che faranno in campo, non per sostenere un partito invece che l’altro. Abbiamo due grandi portieri. STOP. 

Quattro giorni e poi c’è il Pisa al Maradona e, con esso, l’occasione per allargare le rotazioni. A Manchester s’è rivisto qualche scatto bruciante di Neres, le gambe pesantissime di Hojlund con un Lucca che è a caccia disperata di un gol che possa dargli fiducia. Insomma, l’occasione fa l’uomo ladro e chissà se Conte non si farà ingolosire da un possibile turnover. L’Europa ha lo sguardo di Medusa: ti ammalia, ma se lo incroci può restare pietrificato. E le gambe pesanti. Io voto 4-3-3 classico, con Lucca in mezzo e Lang-Neres sugli esterni. Ora insultatemi pure, ma con educazione. 

Cinque dietro e poco altro da fare. Andare a criticare il cambio di Politano, già stremato e pure ammonito, è una di quelle lezioni che potrete ascoltare all’Università del Giorno dopo, facoltà che vanta milioni, che dico miliardi, di iscritti nel mondo. Le parole del giorno dopo sono sagge, ma sempre inutili. Chi dice che con Politano il Napoli non avrebbe perso, crede anche ai food blogger che provano le loro ricette e poi confessano: ‘fa schifo’. Vicinanza alla realtà: pochissima. 

Sei e mezzo a Spinazzola, in versione coltellino di McGyver. Parte benissimo sulla fascia sinistra, spostato a destra per cause di forza maggiore è uno di quelli più lucidi e che prova a infastidire il City. Sta vivendo una seconda giovinezza. 

Sette gare da giocare e la gara più difficile alle spalle. Questa nuova Champions necessita di un approccio nuovo, bisogna avere la lucidità che è una corsa molto lunga, da fare semplicemente su te stesso. Restano in palio ancora 21 punti, la sorpresa è dietro l’angolo come ha confermato questo primo turno. In Champions non esiste niente di facile e niente di impossibile. È la Champions, dove giocano i migliori e dove questo Napoli vuol recitare un ruolo da protagonista. Il primo passo non pregiudica mai l’esito di un viaggio.

Otto alla bellezza stordente dell’assist di Foden per il primo gol del City. Cerca Haaland con lo sguardo, poi si concentra su altro. Non sul pallone, ma sulle paure dei centrali azzurri, paure che fiuta con l’animo del cacciatore, inventandosi poi quel pallonetto che ha la morbidezza di impasto che ha lievitato almeno un paio di settimane. Quel tocco sotto a trovare proprio la testa del suo centravanti è un atto di grandezza assoluta. 

Nove ai primi venti minuti, ante espulsione, in cui la squadra ha dato grandi segnali. Senza andare mai sotto, sia sul piano emotivo che su quello fisico. Anzi, c’era la sensazione che bastasse un minimo di senso dell’azzardo in più per andare a giocare mani interessanti, come in un testa a testa a Texas Holdem. Compatti, belli come una schiera angelica nell’armonioso oscillare coi tempi quasi perfetti, con le scalate giuste e il piglio deciso di chi sa sempre cosa fare. Ed il merito è di un tecnico che aggiunge sempre un nuovo pezzo al suo personalissimo puzzle. Conte non è perfetto, ma vive ogni giorno con l’ossessione di raggiungere la perfezione, pur consapevole che in realtà la perfezione non esiste. Quel suo rincorre l’impossibile, ha reso possibili tante cose che sembrano folli. 

Dieci alla solidità, che se qualcuno non l'ha percepita è un arido del pallone. E con gli aridi non puoi perderci troppo tempo, se non si emozionano ascoltando una sequenza al piano di Einaudi allora non sapranno mai cos’è l’emozione. Il Napoli si è fatto cubico, nella forma e negli attributi, nell’eroico sacrificio fisico di Politano, con una dedizione alla causa da fare invidia a chi arriva in cima all’Everest. Gigantesco Matteo, lo specchio più fedele all’anima mai doma di questa squadra forgiata nell’organizzazione e nella volontà. Se siete pessimisti dopo la sconfitta di ieri, ci avete capito poco.