Guido Clemente di San Luca: "Conte, quante contraddizioni. E la retorica sul Messia..."
Guido Clemente di San Luca, Ordinario di Diritto Amministrativo all'Università della Campania Luigi Vanvitelli, commenta così l'esordio stagionale del Napoli di Conte
"Una pena infinita. È questo il sentimento che mi fa riprendere a scrivere del nostro grande amore dopo due mesi di intenzionale silenzio, trascorsi in osservazione perplessa (ma in realtà nauseata) della insopportabile retorica celebrativa del nuovo Messia, adoperata senza misura da una stampa accecata, pronta a giustificare tutto acriticamente, raccontando una realtà di fiducia e di entusiasmo smisurati nel popolo azzurro, senza accorgersi che riferivano di una verità solo parziale, e certamente superficiale. Ingiustificabile, se non con il desiderio di abbandonare il più in fretta possibile l’ineguagliabile sconforto della passata stagione. Speriamo che adesso questa sonora batosta v’abbia almeno messo fine.
Mettiamo le cose in chiaro: io amo il Napoli, smisuratamente. Se così non fosse, all’ultimo giorno della prelazione, nella lontana isola dell’Egeo in cui (per grande fortuna: dopo aver scritto, infatti, tornerò ad immergermi) tuttora mi trovo, non avrei chiesto a mia moglie (io ne sono incapace) di sottoscrivere on line l’abbonamento. Ancora una volta, nonostante tutto. Troppa sarebbe stata la sofferenza senza il Maradona. Ancor maggiore di quella inenarrabile dell’anno passato.
Detto ciò, chi si appiattisce sulla società e sull’allenatore, invocando la necessità di non remare contro, di fatto vuole il male del Napoli. L’una si conferma ingiustificabile nelle scelte (perseverando nei clamorosi errori della scorsa estate, pur avendo riconosciuto di averli commessi). L’altro si sta rivelando – fin qui e speriamo solo per ora – poco più di un venditore di fumo, tante sono le contraddizioni nel suo dire.
Bisogna essere ciechi per non vedere la realtà dei fatti. Cosa ci si aspettava dichiaratamente (volendo andare oltre le forti perplessità che avanzai a giugno sulla ‘cultura’ juventina, sua e del nuovo direttore)? Che avrebbe ridato alla squadra anima e identità di gioco. Ha proclamato solenne che «avimm’ fatica’»: intento tanto indiscutibile quanto banale. Ma in che senso? Tutti devono farlo per vivere. Non basta faticare per essere belli in campo e vincere, ci vogliono idee, capacità creativa, armonia emotiva per cementare gli ardori individuali.
A Verona si è visto niente. Alla fine del primo tempo, ho detto che comunque mi pareva che la squadra stesse abbastanza ben messa in campo; che è indispensabile, e non sempre scontato, stare in campo ordinati; che, come sempre, nelle prime partite ci sarebbe voluto un colpo di… classe. Dopo soli 3 minuti del secondo tempo, ho detto a chi condivideva la mia sofferenza: «uagliu’, questi hanno cambiato registro, ci pressano alto, uomo su uomo, e noi non stiamo capendo più niente». Detto fatto. Siamo sembrati peggio della squadra di Garcia.
E no, caro mister, i giocatori c’entrano poco e niente. Non serve dire che la responsabilità è sua. Aveva sbandierato che si sarebbe cambiato il modo di fare. Si è proposto come un sergente di ferro. Ha lasciato intendere che la rosa nel complesso era buona, che con l’impegno dovuto e qualche innesto appropriato si sarebbe rivitalizzata. Invece, poco alla volta, ha fatto smantellare quasi tutto. Persino chi, come Rafa Marin, è stato celebrato come un grande colpo, giocatore di prospettiva lunga (intervista accattivante, pompata dai media), è sparito. Olivera ‘braccetto’? Pagine intere a celebrare la proficua scoperta del Loco Bielsa. E invece, si fa male Buongiorno, e a giocare titolare torna il buon Juan Jesus?!? Avendo di fatto regalato Natan al Betis. E venduto Ostigard a poco o niente.
Ma poi – intendiamoci, liberissimo di adottare il modulo che ritiene migliore – osservando il Napoli dall’esterno, e con la sua esperienza (che ostenta a pie’ sospinto), non aveva capito che giocare a due in mezzo, con Lobo e Anguissa, tatticamente non funziona? Comunque, pur passando su questo, come si può preferire esterno Mazzocchi a Di Lorenzo? E se proprio si vuol tenere il capitano nei tre dietro, non è meglio giocare con Politano e Ngonge insieme sulla destra, uno dei due a turno in ripiegamento? Ma perché stiamo prendendo Neres, se abbiamo già Ngonge (sempre vitale e pagato ben 20 milioni a febbraio)? Ancora, se Spinazzola si rivela non in grado di superare nemmeno una volta – udite udite – Tchatchoua, perché Mario Rui sta fuori rosa sotto contratto? E perché Folorunsho e Cajuste erano da buttar via, se prima aveva lasciato intendere che potevano esser parte della rosa? Perché Gaetano non poteva in qualche modo essere il naturale successore di Zielinski?
Domande senza risposta. Perché nessuno gliele fa. Legittimando la sua sostanziale ipocrisia (per essere gentili). Come quella di un santone, che è divenuto incredibilmente profeta lì dove per tradizione culturale mai avrebbe potuto esserlo. Dice o lascia intendere le cose e poi se le rimangia, in continua contraddizione. E tutti si mostrano intenti solo a celebrare un ‘rinascimento’ così tanto agognato da vederlo anche laddove assolutamente non c’è, come un miraggio nel deserto. Ha dichiarato alla vigilia che dobbiamo capire che «il decimo posto dell’anno scorso non è figlio del caso». E chi l’ha mai creduto? Però, illustre allenatore, non lo è stato nemmeno il primo dell’anno precedente! E se non ha capito lei quali sono le cause dell’inimmaginabile scarto fra le due stagioni, come possiamo farlo noi? Di grazia, infine, vorrà illustrarci quale/i sistema/i di gioco intende adottare? A Verona e già prima col Modena in Coppa, non se n’è intravisto uno, se non il «titic titoc» improduttivo, tanto criticato da chi ha visto, e continua a vedere, in lei il Salvatore della Patria.
Tutte queste contraddizioni si moltiplicano per la società. La stampa che scarica su Osimhen ogni responsabilità con inaccettabile disinvoltura. Ma il giocatore fa i suoi interessi, come tutti in questo mondo immerso nel letame (vedi i casi di Koopmeiners, Nico Gonzalez, Gudmundsson, ora forse anche Lookman, ecc.). A voler leggere i fatti coerentemente, rinnovando, Osi ha fatto un regalo al Napoli. Avrebbe potuto non farlo, e quest’anno sarebbe stato libero a parametro zero.
Non è certo lui il responsabile del disastro dello scorso anno, e dello stato di cose attuale. Si sono fatti male i conti, tutto sta andando diversamente dalle incaute previsioni. E chi non lo afferma con pienezza di convinzione diventa complice. Per quanto non veritiero, il racconto giornalistico dell’opera fin qui del duo Manna/Conte è semplicemente largamente insufficiente. Tanto quanto il penoso secondo tempo di Verona. La crescita dell’ambiente passa attraverso la verità, non le bugie. Com’era? «La vittoria non è importante, è l’unica cosa che conta», o mi fa difetto la memoria? Per fortuna, per ora, posso ancora disintossicarmi tornando a pescare".
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