Da 0 a 10: lo scandalo del baby pensionato, la squallida campagna anti-Lucca, la storica frase di Conte e l'oggetto misterioso nella tasca di Buongiorno

Zero pause, nessuna soluzione di continuità. Il Napoli stava dominando, ma Conte era lì che sembrava Vanna Marchi che provava a vendere il sale a qualcuno per quanto sbraitava. È uno show nello show la sua determinazione, con dei tratti di pura ossessività. Non c’è un dettaglio che per lui assuma marginalità, non c’è nessun frammento della partita che per lui possa essere affidata al caso. Le persone destinate alla grandezza le riconosci nelle belle serate, quando stanno già programmando la prossima mossa vincente. Nella settimana in cui il mondo si è ricordato di un gigante della mente umana come Julio Velasco, ecco un altro incredibile gestore delle emozioni umane. E tutto ciò allenando la Juve (come in molti dicevano a fine maggio). Ah no?
Uno il gol subito che, lo possiamo dire senza aizzare una delle fazioni Alex versus Vanja, è un piccolo errore di Milinkovic-Savic. Per il resto, prova di grande presenza per l’ex Torino, che gioca tanti palloni coi piedi ed è sempre attento e cazzuto nelle uscite (si veda quella su Piccoli nel finale). Buona la prima, soprattutto se poi il gol è più indolore di una serata a casa di suocera colpita da provvisoria afonia.
Due milioni circa d’ingaggio ed una cifra dilazionata (35 milioni), che rischia di diventare un’ossessione per i ragionieri del pallone. Lorenzo Lucca è stato preso dal Napoli per fare la riserva, in particolare per essere uno specialista (come avviene nel basket) da utilizzare in determinate circostanze. L’ingaggio non è da top player e non si comprende perché debbano esserlo le aspettative. Ma è colpa di Lucca se Lukaku si è infortunato? Bah. Il Napoli domina una partita a Firenze e l’argomento principale per molti tifosi diventa qualche pallone perso da Lucca? "Ma questa è una giungla cazo!” (Cit.).
Tre partite che sono una pietra preziosa incastonata in mezzo al cuore. L’Anguissa di queste prime uscite è un tributo a Kobe Bryant in versione Black Mamba, stordisce gli avversari senza che questi neanche si accorgano del veleno che gli è stato iniettato nelle vene. Copre, riparte, dribbla, con le ruote motrici lascia i segni sul terreno in ogni sortita verso l’area avversaria. L’assist per Beukema diventa addirittura la cosa meno rilevante di una serata, un’altra, di pura onnipotenza. Migliore in campo. Again.
Quattro centrocampisti che stavano diventando la nuova onda da cavalcare dai dissidenti, dagli oltranzisti del pensiero contrario (che è la cosa più meravigliosa di ogni democrazia, sia chiaro). Dopo il Cagliari pareva tutto da buttare, da stravolgere, che quasi non si poteva giocare con quei quattro luminari del pallone tutti insieme. Poi Conte ci lavora un attimo, libera De Bruyne e riporta Scott più al centro, ed eccola di nuovo la magia. Il calcio si gioca negli spazi, non sulle lavagnette con i moduli.
Cinque mesi gli mancano, qualcuno ha qualche conoscenza all’Inps e fargli ottenere in anticipo l’agognata pensione? Ma com’era la storia di De Bruyne, De Burger, e tutte le nefandezze riversate su un campione assoluto di questo giochino? Svaria e illumina, illumina e svaria, attaccando lo spazio con una cattiveria che dovrebbe togliere il sonno a tutte le rivali. Kevin non calcia il pallone, Kevin lo suona, come fosse uno strumento. Il suono che produce è differente, si potrebbe indovinare anche da bendati quando è lui a colpire il pallone. Il rigore è come un'eclissi, un respiro trattenuto del mondo, quando il giorno gioca a fare notte. In barba alla legge Fornero, il ragazzo è in piena attività.
Sei pere alla viola nelle ultime uscite al Franchi, che non garrisce mai con Kean che si ritrova infilato per tutto il tempo in buco temporale in stile Interstellar, per poi scoprire che quel luogo angusto altro non era che la tasca di Alessandro Buongiorno. Subito dominante Alessandro, un’assenza che in molti hanno sottovalutato nel glorioso cammino della primavera scora. Parliamo di un campione, non esiste altra definizione. P.s: Sei sono anche i punti di vantaggio sull’Inter, ma quelli sono comunque inviolabili.
Sette a Leonardo da Foligno, che non sarà geniale come il suo omonimo da Vinci, ma che sul 2-0 pennella un assist che potremmo intitolare ‘L’Annunciazione’, esposta poco lontano dal Franchi nella Galleria degli Uffizi. È infatti il filtrante di Spinazzola ad annunciare ufficialmente al mondo l’inizio dell’era Hojlund in maglia Napoli, una visione celestiale dell’esterno sinistro ormai una garanzia nel Napoli di Conte. E menomale che per molti era un giocatore finito già nell’estate del 2024…
Otto al quoziente intellettivo di capitan Giovanni, che è come un calabrone che sembrerebbe potrebbe giocare a certi livelli, ma se ne frega e vince gli scudetti e domina le partite. Millimetrico nell’inserimento che porta a rigore, spregiudicatamente bello sulla scivolata che salva la propria porta in cui il 99% dei difensori avrebbero fatto autogol. È il lubrificante di questa squadra, tutto scorre meglio quando c’è Di Lorenzo a presidiare le corsie. Come cantano i Negramaro ne 'La Cura del Tempo': "Che tutto finisca di colpo e nel niente, il futuro e il presente. Io ti prendo in disparte. Per te ho la cura".
Nove al vichingo Rasmus, con gli occhi di ghiaccio e lo scatto bruciante. Un meraviglioso ossimoro accompagna i primi passi (veloci) di Hojlund in maglia Napoli, col gol che è un bugiardo delle sue caratteristiche: velocità, difesa del pallone col corpo e tecnica per baciare il palo e pure sei milioni di tifosi sparsi nel mondo. In alcune aperture, mi si perdoni il paragone azzardato, mi ha ricordato Gonzalo Higuain quando stoppava palla sulla trequarti e poi la smistava come un maglione lavato in lavatrice con dieci litri di ammorbidente ‘Coccolino’. Volete saperla la notizia migliore? Questo ha convinto uno come Conte (lo dice il tecnico) a metterlo titolare dopo un paio di allenamenti: da restare senza fiato come dinanzi alle Cascate di Iguazú, un muro d’acqua che ruggisce come un leone.
Dieci ai nuovi, tutti a segno: Kevin, Rasmus e Sam. Il sigillo alla vittoria arriva proprio da Beukema, che non conosce timidezza all’esordio, anzi. Perfetto l’olandese, che giganteggia col fisico e con la tecnica, confermando immediatamente la bontà dell’investimento. Dieci anche ai cambi, non per come hanno giocato, ma perché Conte li ha fatti anche anticipandoli rispetto alle abitudini. È il più grande investimento che si possa fare in questo momento: non importa come, non importa chi e freghiamoci pure di quel pizzico di sofferenza finale. Col doppio impegno in Champions, il Napoli deve cambiare le proprie abitudini, perché ‘Un gatto che sogna di diventare un leone deve perdere l'appetito per i topi’.
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