Da Zero a Dieci: l’imbarazzante cronaca Sky, CR7 come Zalayeta, il labiale choc e l’espulsione con undici mesi di ritardo

Da Zero a Dieci: l’imbarazzante cronaca Sky, CR7 come Zalayeta, il labiale choc e l’espulsione con undici mesi di ritardo TuttoNapoli.net
© foto di Antonello Sammarco/Image Sport
lunedì 4 marzo 2019, 11:12Zoom
di Arturo Minervini

(di Arturo Minervini) - Zero dubbi. È questo l’aspetto che lascia più interdetti, esterrefatti, malpensanti. Da ore, milioni di persone si interrogano sul rosso a Meret, che spacca in due opinionisti e moviolisti. Un caso limite, roba da affidare ai ricercatori di Harvard, viene archiviato da Rocchi in due secondi, senza nemmeno andare a rivederlo al Var. Una certezza maliziosa, arcaica, che racconta alla perfezione di come funziona il nostro calcio. Ricordate Fiorentina-Juve dello scorso anno o Juve-Samp di quest’anno? Ricordate le maratone in stile Mentana davanti allo schermo? Poi non vi lamentate che la gente, a casa, quello schermo lo spegna. O decida di guardare altro.

Uno al black-out di Malcuit. Prima di tutte le analisi, sacrosante, c’è da bacchettare il laterale che con quello sciagurato retropassaggio innesca una serie incredibili di sfortunati (?!) eventi. L’abitudine mentale a giocare certe gare, la capacità di restare lucidi anche quando la pressione rischia di annebbiarti la vista è uno step ancora da compiere per un ragazzo che, in ogni caso, resta tra le sorprese più liete di questa stagione. Le ferite insegnano. Le cicatrici ricordano. Sono lezioni che ti restano sulla pelle e che, quindi, non puoi più dimenticare. 

Due cartellini gialli a Pjanic nella stessa gara, giusto con undici mesi di ritardo. La catarsi fasulla del calcio italiano, si identifica nelle sanzioni combinate al centrocampista, che godeva dell’immunità nella partita che davvero contava, a San Siro contro l’Inter con Orsato direttore di gara. Compensazione tardiva, quasi offensiva, che Rocchi probabilmente avrebbe gestito diversamente se non avesse già cacciato Meret nel primo tempo. Ccà nisciuno è fess!

Tre ai momenti di imbarazzo puro in cronaca a Sky. Si parte dall’esaltazione dello sportività di Chiellini, che già qui ci sarebbe da abbassare il volume ed usare in sottofondo una diretta radiofonica di Gennario D’Auria. La meraviglia si compie commentando il rosso a Meret. ”Lo tocca col ginocchio'. ‘Anzi no’. ‘Col ginocchio sicuramente no’. Immagine ingrandita, Meret nemmeno sfiora Ronaldo. CALA IL SILENZIO. EHM. FORSE. ANZI. PERÓ. Come si può prendere una posizione netta, quando ancora nessuno aveva un’idea chiara di quello che era accaduto? Se il non fallo fosse stato di Szczesny ed il TUFFO fosse stato di Insigne, avrebbero detto le stesse cose? La risposta, la conoscete già.

Quattro salti in padella. Dovevamo aspettare l’avvento di Ronaldo in Italia per stravolgere tutte le nostre convinzioni. Per scoprire che ora non esiste più la SIMULAZIONE, ma la PREVENZIONE ad un ipotetico contatto (Zalayeta fu massacrato qualche anno fa per una cosa identica, proprio in Napoli-Juve). Da oggi sognare di mangiare una pizza sarà come assumerne le calorie ed ogni avvocato divorzista potrà dunque addebitare separazioni per i tradimenti che si consumano dinanzi alle foto postate sui social da Diletta Leotta. Serviva CR7 per portare la metafisica applicata al pallone. “Ci avete presi per dei coglioni? (Cit.) 

Cinque alla nuova invenzione di Rocchi. Perché sfiancarsi a ricercare col microscopio contatti tra bianconeri ed avversari? L’arbitro va oltre, sconfina nell’assurdo che diventa reale, fischiando un fallo di Bernardeschi su Bonucci. Si, nessun errore, Rocchi ha fischiato un fallo di Bernardeschi su Bonucci. Così decidono loro, che ci evitiamo tutti il fastidio. Un abuso di posizione dominante che viene sancito dal labiale choc di Bernardeschi, che quasi minaccia Rocchi dopo il tocco in area di Alex Sandro: “Non puoi dare un rigore così”. Rocchi in quel caso contraddice la volontà della Vecchia Signora, ma in quel momento l’opera era già stata completata. 

Sei ruoli. Koulibaly a tratti riesce a supplire all’inferiorità numerica, per la quantità di campo che riesce a coprire nelle due fasi del campo. Estemporaneo trattato che ribalta le regole della fisica, impressionante dimostrazione di controllo della partita. Nel finale si innervosisce, dopo un fallo inesistente fischiatogli sull’ennesima giocata da assoluto tiranno. Straripante come lava, personificazione della forza di un vulcano. Lo guardi ed è come ascoltare una canzone di Enzo Avitabile: “Mò è terr mò è acqua, mò so braccia apert”. Tutto quello che un uomo può fare su un campo da calcio.

Sette rigori calciati in A, due errori. Sempre contro la Juve. Il personale sortilegio di Insigne dal dischetto vanifica le speranze di aggancio che si frantumano sul palo come uno Swarovski sotto al piede di un elefante. Troppo facile evocare De Gregori e la paura di sbagliare un calcio di rigore, che non fa il giudizio su un calciatore. Restano alcuni passaggi a vuoto, lampi ancora troppo sporadici del vero Insigne, resta soprattutto aperta la questione tattica: le cose migliori arrivano ancora una volta quando si sposta sulla sinistra (come l’assist per Josè) e non può essere solo frutto del caso. 

Otto ad alcune conferme. Zielinski che carica a testa bassa, Callejon che non risparmia nemmeno un grammo della sua anima, sempre sacrificata per la causa azzurra. Piotr è a tratti devastante, immarcabile per la capacità di usare destro e sinistro e leggere in anticipo certe situazioni. Josè è poetico nella sua esaltazione di concetti abbandonati come sacrificio, abnegazione, sudore. Il tutto accompagnato da un’intelligenza calcistica che andrebbe studiata in laboratorio. 

Nove alla favola tutta italica. Come il Leicester in Premier League qualche anno fa, in Italia c’è una provinciale a dominare il campionato. Una squadra che se ne frega dei fronzoli, del bel gioco, delle regole. Una squadra che non ha vergogna nel difendersi anche con l’uomo in più, spazzare palloni in tribuna, incapace di fare due passaggi di fila. Dove non contano i soldi, i fatturati, i top player. Quando una squadra di provincia… Ah, mi segnalano dalla regia che quella era la Juve? Ma siete sicuri? Il campionato italiano non è allenante per chi non ha nessuna intenzione di praticare un gioco, speculando esclusivamente sugli episodi.

Dieci contro dieci è stato un massacro. Nemmeno nel ‘Drama in Bahama’ dell’ultimo Muhammad Ali, si era visto un avversario essere preso a cazzotti in faccia così come al San Paolo. La rabbia, la ferocia, l’ardore di una squadra che ha saputo mettere in campo tutta la sua qualità, abbinata alla volontà ferrea di ribaltare quella che sentiva come un’ingiustizia. È quello il punto da cui ripartire, la pietra dove pensare di fondare l’impero Ancelottiano. Le chiavi sono affidate a Carlo, custode di un gruppo che ha confermato ancora una volta di poter mettere alle corde chiunque. L’ultimo passo, quello definitivo, resta esclusivamente legato alla cura dei particolari. Quei piccoli particolari, maledetti particolari, che possono cambiare la storia.