Di Suarez non sanno nulla, della vita di Maradona conoscono tutto

Eccolo qua. Il bivio, come selezione naturale, o almeno morale. Nell’Italia dei bigotti, degli intellettuali finti o presunti, che vai a conoscerlo qualcuno che abbia letto un loro libro, a volte i nodi arrivano al pettine. Il suono è sgradevole, come certi giudizi vomitati con un cadavere, quello di Diego Armando Maradona, ancora caldissimo.
Loro, benpensanti, sanno come si fa. E Diego ai loro occhi, di gente con la schiena dritta e senza scheletri nell’armadio, semplicemente perchè, dei loro armadi e dei loro scheletri non frega una mazza a nessuno, hanno issato il dito verso l’alto, arrivando fino al cielo per la loro morale spiccola. Da quattro soldi. Quasi barbara per il modo in cui è stata espressa, teorizzando presunte colpe, miserie figurate e un corredo di infamie ed insulti partorite da un sentimento, che sia invidia o altro, quasi malsano.
Di Maradona, insomma, si conosceva tutto. Ogni dettaglio della vita privata, dei vizi, delle dannazioni, degli sperperi, degli sprechi, delle malvagità. Ogni passo della vita di Diego è stata oggetto di approfondito studio da parte di questi tuttologi, che in ossequio alla regola dell’armonia dei contrari dicono di sapere tutto e, dunque, non sanno proprio nulla.
Si fanno garantisti, invece, quando cambiano i personaggi. Quando non c’è da profanare un tempio quasi sacro, involabile, del pallone. Quando c’è da strizzare l’occhio all’opportunità, alla propria bandiera. In quel caso tutti si fanno prudenti, camminano a tentoni, rigorosamente con la testa china al pavimento. In quel caso l’onniscienza muta in ignoranza, in silenzio, in deviazione. Del discorso e delle colpe. Basta così poco per cambiare atteggiamento. Un soffio di vento. Una bandiera, che cede alla volontà del solito vento.
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