Da 0 a 10: la legge per stroncare il Napoli, la trappola dei media, Meret col cazziatone a Mario Rui e la setta dei Kvaraisti anonimi

Il Napoli asfalta anche il Sassuolo: tripletta di Osimhen e gol di Kvaratskhelia. Ancora super Kim, ma Spalletti avverte contro le trappole dei media
30.10.2022 20:04 di  Arturo Minervini  Twitter:    vedi letture
Da 0 a 10: la legge per stroncare il Napoli, la trappola dei media, Meret col cazziatone a Mario Rui e la setta dei Kvaraisti anonimi
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Zero speranze. Nelle facce devastate dei giocatori del Sassuolo dopo il 3-0 di Kvara tutta l’impotenza di chi si trova ad affrontare una forza sovrannaturale, la rassegnazione di chi deve opporre il palmo della mano ad un uragano. Dovessimo raccontare ai posteri l’inizio di stagione di questa squadra, servirebbe scolpire sulla pietra quegli occhi svuotati da ogni spirito agonistico. Nemmeno in Django c’era stato un abuso così spietato del prossimo: “Se permettete, con ciò che è di mia proprietà faccio quello che mi pare!”.

Uno il messaggio di De Laurentiis: “Ho goduto per una partita spettacolare!”. Tutto al suo posto, senza eccessi, con la capacità di restare al proprio posto senza pericolose esondazioni nelle competenze di altri. Nella ricetta di questo Napoli vincente c’è questo passo indietro sul piano della comunicazione del patron. “Ogni cosa è illuminata”, talvolta anche un giusto silenzio.

Due polmoni, ma pure due cuori e due cervelli. Di Lorenzo è scisso, capace di gestire sforzo fisico ed imprevisti emotivi con la lucidità di un androide. Un capitano che sa gioire dei successi degli altri, di vivere la collettività come un piacere intimo. Un passo indietro quando serve, un passo avanti quando è necessario. Il tutto giocando un calcio di un’intelligenza da far invidia al Q.I. di  Stephen Hawking. La teoria del Tutto, in tutti i sensi. 

Tre punti senza apparente fatica. La grande trappola mediatica, la mistificazione di un momento magico che va vissuto fino in fondo. Banalizzare questa striscia è la solita operazione dei sapientoni che in estate presagivano sventura, che provano adesso a darsi una nuova forma come quei trasformisti che cambiano più abiti di Brachetti. Il Sassuolo andava battuto giocando una grande gara e così è stato. 

Quattro gol che fanno cinquanta in stagione tra Serie A e Champions. Una produzione da paese col PIl più alto al mondo, la fertilità di un albero che ha così tante ramificazioni da inerpicarsi fino al cielo per accarezzare le stelle. La fase offensiva del Napoli ha il problem solving delle madri, che trovano sempre la strada più breve per risolvere i problemi. “Non trovo i calzini…” “Eccoli”.  Le madri possono. Le madri sanno. Come l’attacco azzurro. Pronto il disegno di legge per bloccare il Napoli: Osi e Kvara insieme non sono legali.

Cinque dita per una porta che resta inviolata, ma non solo. Meret fa una cosa che raramente lo si è visto fare: si incazza. E non con uno a caso: Mario Rui è uno che potrebbe entrare nei peggiori bar di Caracas senza mai essere sfiorato dalla paura. Alza la voce Alex per un retro-passaggio azzardato del compagno, sintomo di un’accresciuta confidenza in quello che il nuovo status da titolare. “Il modo migliore per scoprire se ci si può fidare di qualcuno è di dargli fiducia”. Tuteliamo.

Sei Kim sparsi per il campo come semi di una pianta così robusta da sradicare con le radici l’asfalto circostante. Entusiasmante la maniacale cura di ogni giocata di questo totem che, ad ogni gara, aggiunge una porzione ad un orizzonte che appariva già sconfinato. La cavalcata in stile Koulibaly fino all’area avversaria sembra essere un omaggio rispettoso al passato glorioso di KK, il definitivo passaggio di consegne. Sembrava dover raccogliere un’eredità gravosa, come Carlo con la Regina Elisabetta. SI è ritrovato, sin da subito, maledettamente a suo agio con la corona in testa. Ronin con nuova dimora napoletana. 

Sette a Spalletti, che gode in silenzio come Lino Banfi nel Bar dello Sport che mangerebbe pure il sapone mentre urla: “Ho fatto 13”. Tante le vittorie consecutive dei suoi ragazzi, che sono suoi più di quanto l’aggettivo possessivo possa palesare. Si è infilato al centro del cervello di questo gruppo, ha innestato un’idea come Di Caprio in Inception, architettando un mondo fatto di così tanti livelli che gli avversari ci si perdono come in un labirinto. E le idee, si sa, sono i parassiti più resistenti in natura. Chissà dove ci porterà questa follia, ma una cosa è certa: questa follia è tutto ciò di cui avevamo bisogno. 

Otto gol in stagione per l’errore di sistema con la maglia 77. È un errore di laboratorio Kvaratskhelia, anomalia come il gatto nero di Matrix che manda in tilt il mondo sin qui conosciuto. È un uomo un missione, un nuovo profeta che ha lasciato il tempio e cammina scalzo sulle acque. Ha unito due popoli, soffia il vento di una nazione intera alle spalle di questo diamante con la faccia cattiva. Sa far tutto e tutto ciò che fa risulta decisivo, efficace ed esteticamente assuefacente. In ogni scala di giudizio, è al primo posto. Un desiderio puro, primitivo, la necessità fisica di osservarlo in mezzo ad un campo da gioco. Khvicha è un capolavoro itinerante, l’arte che si fa gesto, che si concretizza in un pensiero che credevi impossibile è che viene catapultato nel reale. Io sto male al pensiero di dover aspettare martedì sera per rivederlo. Ci soffro. Mi manca l’aria. Ne ho bisogno. Se anche tu vivi questa condizioni, vieni al Centro di recupero dei Kvaraisti anonimi. “Ciao, sono Arturo, sono 31 secondi che non penso a Kvara…”. È il mio record.

Nove al centravanti, che fa il regista, poi l’ala, ma sarebbe un terzino. Prestazione totale del Venerabile Maestro, che ormai vanta adepti in ogni zona del mondo. Un Mario Rui globale, che rischia pure di segnar era trenta metri col destro e che pennella l’assist per la rete di Kvara con la serenità di chi ha ormai guadato le acque della natura umana e si accascia sulle rive di uno status di controllo assoluto del proprio Io. Una conoscenza riscoperta, come un simbolo perduto che ora brilla più che mai: “Così erano sempre andate le cose: più l'uomo imparava, più si rendeva conto di non sapere”. Scusaci Mario, se non avevamo capito. Non eravamo ancora pronti. Oggi lo siamo.

Dieci a Victor, che mette tutta la merce in bella mostra. La spaccata volante, il movimento da bomber pure per l’assist di Khvicha, infine lo scavetto di cashmere per portarsi il pallone a casa e pure qualche pezzo del Maradona. Travolgente, come Tazmania che si bevuto un lago di caffeina: Osimhen ha dentro un diavolo che gli impone di provare a far gol in ogni modo. Non esiste pallone che consideri irraggiungibile, scruta ogni azione con la curiosità di un bimbo che scopre il mondo passo dopo passo. C’è la benzina dello stupore ad orientare i suoi passi, l’incrollabile fede che anche il destino più infame possa essere ribaltato attraverso il lavoro ed il sacrificio. Victor ci racconta la sua vita, ogni volta che allaccia gli scarpini. E ci viene un pizzico da piangere.

Buon compleanno Diego. Ti Amo. Farò tutto ciò che posso per farti amare come ti amo io da chi non ti ha conosciuto.

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