Da 0 a 10: lo scandaloso dato sul tempo effettivo, la fuga di Spalletti, l’oscenità inattesa e la verità su Osimhen

Da 0 a 10: lo scandaloso dato sul tempo effettivo, la fuga di Spalletti, l’oscenità inattesa e la verità su OsimhenTuttoNapoli.net
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martedì 22 febbraio 2022, 23:02Copertina
di Arturo Minervini
Il Napoli pareggia una gara che avrebbe meritato di perdere. Si salvano in pochi, sanguinoso l'errore di Ospina. Mazzarri recrimina.

Zero al ritratto angosciato e angosciante. È un Napoli che si sdoppia, come Oscar Wilde che riflette nell’autoritratto ogni suo lato oscuro, paralizzato dinanzi alla ghiotta occasione che avevi trovato per puro caso lungo il cammino. È una volontà che non si compie, che resta sospesa, titubante, precaria, recalcitrante dinanzi ad un destino da compiere. Notte da destini deboli, di speranze dissolte all’ennesimo bivio in cui il Napoli ha scelto la strada di un’eterna e acerba adolescenza.

Uno l’errore grossolano di Ospina,  perchè non pensate che la sfiga non ci veda. La sfortuna ti legge nell’animo come nei fondi del caffè, percepisce la paura in profondità come un rabdomante con l’acqua. Se il cuore trema, tutto attorno trema, come accade quando lanci un sassolino nell’acqua: la papera di Ospina avvia quell’effetto lì. E tutto ciò che accade dopo è una conseguenza di un Napoli totalmente sbilanciato. Le parate successive non sanano un errore che ha disintegrato ogni speranza di vittoria. 

Due al rinvio dissennato di Koulibaly al 17’, col pallone regalo in area azzurra a Joao Pedro. Particolari che raccontano, che servono a interpretare un approccio alla gara ben inferiore alla soglia dell’accettabile. Se il tuo Comandante perde il comando, il resto è un’inevitabile conseguenza. Segnale di guai in arrivo, come tua moglie che ti scrive ‘dobbiamo parlare’. 

Tre centrali bloccati in difesa, occupati più a contenere le raffiche di vento che gli attaccanti (uno solo) isolani. Spalletti dal primo giorno al Napoli ha rimarcato un concetto: vogliamo avere sempre la stessa identità di gioco, non conta l’avversario. A Cagliari compie un grande atto di infedeltà contro quell’identità, perché questa squadra con quello schieramento ha perso ogni riferimento. Una fuga da se stessi, una scorciatoia che le assenze non giustificano totalmente. 

Quattro squadre che ballano la danza del gambero, nessuna delle prime sei in classifica che vince. Gli impegni europei tagliano le gambe, anche se lo stop del Milan a Salerno racconta che c’è anche dell’altro. Arriva la fase cruciale della stagione e bisogna essere pronti a dare battaglia: le big sono avvisate. E il Napoli su questo aspetto deve darsi una bella svegliata.  

Cinque a Ciro, abbandonato dai compagni ma pure da un peccato imperdonabile di indolenza. Non affronta mai seriamente la questione Cagliari, si limita a girarci intorno, cercando qua e là qualche possibile scenario da sviluppare. Autore col cervello spento, che non butta giù nemmeno una riga di quelle che spesso diventano idea brillanti. Amico poco geniale, cristallizzato in una notte di malinconica nostalgia della lucentezza che fu. Dries, questa dovevi giocartela meglio. 

Sei e mezzo a Fabiàn, iniezione endovenosa di pallone. Come morfina, ha l’effetto di prendere un Napoli in preda al caos e donargli un minimo di razionalità. Sottomette la frenesia dei compagni, la doma e la orienta senza nemmeno correre più del necessario. Fa andare veloce la testa e ci ricorda la cosa più banale del mondo: una partita si vince coi giocatori bravi. Insostituibile. 

Sette giorni, da Barcellona al Barcellona. Una triste parentesi, che sarà parentesi solo se verrà chiusa nella notte del Maradona. L’Europa come rifugio, come occasione di immediato riscatto. Testa, gambe, cuore, palle: servirà davvero tutto. Perchè al contrario di quanto raccontato dalla narrazione distorta, i blaugrana hanno una nuova pelle rispetto ad inizio stagione. Le quattro sberle a domicilio al Valencia sono un avvertimento mica da ridere. 

Otto alle altre. Perchè Torino, Salernitana, Sassuolo e Cagliari raccontano che idea e voglia possono contrastare milioni e arroganza. C’è un filo sottile che unisce queste gare, una traccia musicale che ci racconta che nello sport c’è ancora tempo per lo stupore. Se arrivi preparato a certi appuntamenti, il rischio figuraccia è sempre dietro l’angolo. Anche per chi, come il Napoli, sembrava aver finalmente imparato la lezione. E invece no. E invece siamo di nuovo in quel buco nero. 

Nove interruzioni e quattro minuti di recupero. Oltre alla prestazione oscena del Napoli, c’è un’altra oscenità da segnalare: nel 1° tempo si è giocato per 22'26  e nel 2° per 22’42. Ridicola la gestione della gara, i crolli continui dei calciatori del Cagliari, le costanti e impunite perdite di tempo. Si è giocato solo un tempo ed esportare questo prodotto all’estero significa consegnarlo alla morte immediata. Il calcio deve inserire sin dalla prossima stagione il tempo effettivo di gioco, per non mortificare uno spettacolo molto spesso già avvilente di suo.

Dieci al leone in gabbia, che poi esce dalla gabbia ancora più affamato. Osimhen acciaccato, fa più di tutti gli altri in buone condizioni: questo è il dato che emerge da Cagliari. Nessuno aveva quella faccia lì, quella fame lì. Imperioso nello stacco, dominante nella fisicità che è un raggio luminoso in futuro ancora tutto da esplorare. Drappo fiammeggiante che illumina come l’aurora boreale la notte più buia della stagione azzurra. Questa squadra non può pensare di fare a meno di Victor, praticamente mai. A lui ha legato, nel bene o nel male, il proprio destino.