Da Zero a Dieci: la rivolta contro Mazzoleni, la patetica lezione di Allegri, lo schifo in mondovisione e l'urlo di dolore di Kalidou

27.12.2018 13:56 di  Arturo Minervini  Twitter:    vedi letture
Da Zero a Dieci: la rivolta contro Mazzoleni, la patetica lezione di Allegri, lo schifo in mondovisione e l'urlo di dolore di Kalidou
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© foto di Antonello Sammarco/Image Sport

(di Arturo Minervini) - Zero significa anche niente o nullo. Con grande generosità possiamo attribuire questo valore umano a dei benpensanti vaganti a San Siro che dopo aver dispensato buonismo per il Natale, si sono rintanati come cani rabbiosi all’interno di uno stadio per mostrare la loro vera faccia, il volto sfigurato di gente che nella massa può tirare fuori tutte le loro miserie, insoddisfazioni, una povertà ben più profonda della carenza di denaro. Non si tratta di bianco, nero, giallo, viola, indaco. L’unico nero presente in quello stadio era nell’anima di queste persone che valgono ‘Il resto di niente’. Lo schifo che va in mondovisione, l’ululato razzista sotto una luna che vorrebbe mostrare il lato oscuro dalla vergogna.

Uno all’educatore Allegri, che fa già ridere così. Lui, proprio lui. Ci Viene a parlare di educare i ragazzini. Lui che gioca nello stadio dove l’illegalità si è fatta vessillo, iconografia da mostrare con orgoglio rivendicando scudetti macchiato dall’illecito. Sale sul pulpito con il vestito buono e si mette a santificare con tutti i chierichetti-giornalisti in ossequiante e miserevole silenzio.  Non possiamo accettare nessuna lezione etica da nessun tesserato della Juve fino a quanto ci sarà il 36 nel loro stadio, sulle loro maglie, nelle loro teste. Fino a quel giorno, le parole di Allegri saranno quelle di chi muove solo la bocca, blaterando per l’ira. Gli consigliamo la lettura di Seneca: “L'ira: un acido che può provocare più danni al recipiente che lo contiene che a qualsiasi cosa su cui venga versato”.

Due espulsi, come a Pechino. Ancora lui, sempre lui. Quella di De Laurentiis era prevenzione, estremo tentativo di difesa contro un virus già capace di stendere gli azzurri tante volte. L’allergia al Napoli di Mazzoleni è palese, certificata, reiterata e dopo i disastri di Milan-Juve il fatto che possa meritarsi un altro big non può che aprire la strada a cattivi pensieri. Perché questo credito? Perché un arbitro così mediocre ha il potere di incidere in maniera così profonda sul campionato? ‘Mazzoleni mai più’ è una petizione che sarebbe dovuta partire nel 2011 e che oggi è ancora tremendamente attuale. Per rispetto ai napoletani ed a Koulibaly bisogna pretendere che questo signore non si trovi mai più sullo stesso terreno di gioco del Napoli. Uno che ha chiuso occhi, orecchie, cuore. Uno che si muove solo con la cinica razionalità che ha sempre orientato le sue decisioni in campo. E fuori.

Tre punti che erano alla portata del Napoli. Che hanno ballato su quella linea di porta con Asamoah a fungere da apostrofo tra le parole ’t’amo Zielinski’ che si trasformano poco dopo in ‘potevi angolarla Zielinski’. Riassunto di una serata maledetta, nel risultato, nel contesto, nell’osceno ricordo che lascia la cornice meneghina, che sarebbe la prima per qualità della vita. Se la qualità è quella vista a San Siro: “Che vita di merda”

Quattro all’approccio di Insigne. Mai in partita, rimasto ai bordi come un ragazzo di periferia che nemmeno in ‘Adesso tu’ di Ramazzotti. Difficile spiegare il prolungato black-out nella testa di Lorenzo, da due mesi lontano e sbiadito ricordo del calciatore meraviglioso ammirato nella prima parte di stagione. Se hai ambizioni da leader, devi trascinare, non affondare insieme agli altri. E toccare per primo il fondo…

Cinque punti di vantaggio sull’Inter che resta squadra ancora confusa, priva di una vera identità. Il Napoli nella ripresa aveva assunto il controllo, probabilmente in un contesto normale l’avrebbe anche portata a casa. Resta da lavorare su un primo tempo giocato sotto alle aspettative e con qualche disattenzione di troppo. La cosa più angosciante è che, dopo tutto quello che è accaduto, parlare della partita risulta quasi marginale, fuori luogo. È questa la più grande sconfitta del sistema calcio italico. Dall’Inghilterra rubiamo solo questa cazz**a del boxing-day, mica i provvedimenti per fermare violenza e razzisti. Che paese ridicolo.

Sei vittorie e tre sconfitte in trasferta. Il ruolino di marcia del Napoli ‘on the road’ racconta un filosofia, ma evidenzia anche una debolezza. La mancanza di prudenza, quella voce nel cervello che ti suggerisce di rallentare il ritmo, quando magari ti accorgi di non riuscire a vincere.  A San Siro bastava davvero poco per portare a casa un pareggio che avrebbe reso meno amara una serata già terrificante e mortificante. La prudenza è un grande nemico, ma può essere anche un fedele consigliere. 

Sette alla serietà di Maksimovic. Entra in un momento difficile, si piazza a destra ed ogni volta che Perisic prova ad affondare sbatte sul muro Nikola. Giocatore ritrovato, nelle gambe e nella testa, in una gara che pensava magari di giocare dall’inizio. E forse non sarebbe stata una cattiva idea…

Otto a Ancelotti. Uno che ha inciso nel modo di affrontare il tema razzismo nel nostro paese. La sua presa di posizione, il suo schierarsi in maniera così decisa ha cambiato radicalmente l’approccio dei media. “La prossima volta andiamo via” dice Carlo e non si può che essere d’accordo con lui. Perdere 0-3 a tavolino non sarebbe un problema, quando di mezzo ci sono concetti come l’orgoglio, la dignità e il rispetto. Condottiero a bassa voce, capace però di farsi sentire in ogni angolo del mondo. Basta dare uno sguardo ai quotidiani in edicola per capire che, davvero, qualcosa è cambiato. Resta da compiere l’ultimo salto: passare dalle parole ai fatti. Ma il dato è tratto, il Rubicone è stato ormai attraversato. E non si torna più indietro…

Nove al gesto social di Cristiano Ronaldo. Il portoghese ha espresso la sua solidarietà a Koulibaly con un messaggio su Instagram. Ci ha messo la faccia (o l’account, che ormai è la stessa cosa) ed ha dimostrato che uno così avrebbe tanto da insegnare alla Juve. Uno che col lavoro è diventato quello che è diventato. Uno che si è guadagnato il rispetto con il sudore versato all’ossessione di essere tra i migliori al mondo. Uno che ha confermato di poter essere una grande occasione per riportare il calcio ad un livello di umanità ormai perduto. Bravo Cristiano.

Dieci, cento, mille Kalidou. Al suo orgoglio, alla sua meravigliosa debolezza. Provateci voi a non perdere la testa quando attorno accade qualcosa di inspiegabile. Quando le regole vengono stuprate, ignorate, da chi dovrebbe essere garante e che invece si trasforma in carnefice. “Quis custodiet ipsos custodes?” è una questione antica. Il Custode (Mazzoleni) in questo caso, finisce per non custodire. Offende l’uomo, la persona, la sua storia. Ignora la sofferenza, le offese, il fastidio che diventa lacrima. Smettiamola di raccontare questa perfezione che non esiste, apprezziamo il lato umano di un ragazzo che orgogliosamente porta avanti le sue battaglie contro il razzismo. Senegalese-Napoletano a testa alta. Per provare a scuotere gli animi che non hanno ancora imparato la lezione di Primo Levi: “È accaduto, quindi potrebbe accadere di nuovo…”. L’applauso è tutto per te Koulibaly. La dignità vale molto più di tre miseri punti.